L’AGENZIA ONU PER I RIFUGIATI

Migranti, l’Unhcr boccia il modello australiano a cui punta Salvini

di Andrea Carli

Migranti regolari producono 9% del Pil

2' di lettura

«Questo è il modello a cui voglio arrivare! Evviva la civile e seria Australia». A fine agosto il ministro dell’Interno Matteo Salvini commentava così su twitter la notizia dell’arresto di alcuni migranti che, partiti dal Vietnam a bordo di un’imbarcazione, erano riusciti a raggiungere l’Australia. Erano i giorni del caso della Nave Diciotti. E proprio l’Australia, e i suo sistema d gestione dei flussi migratori, la sua politica di detenzione offshore di chi raggiunge illegalmente il suo territorio, è caduto sotto la lente dell’Unhcr.

L’Unhcr: situazione sanitaria peggiorata, evacuare centri offshore
L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha chiesto al governo australiano di intervenire immediatamente per fronteggiare una situazione sanitaria ormai al collasso nelle strutture di detenzione offshore per rifugiati e richiedenti asilo in Papua Nuova Guinea e Nauru. L’Unhcr ha pertanto rinnovato la richiesta al governo di Canberra di procedere all’immediato trasferimento di rifugiati e richiedenti asilo in Australia, dove queste persone possono ricevere supporto e cure adeguati.

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Gli accordi con Papa Nuova Guinea e Nauru
La politica di gestione dei migranti da parte dell’Australia si basa su un principio, che è quello di trattenere chi arriva illegalmente via mare in centri di detenzione “offshore”. Quattro anni fa Camberra ha infatti sottoscritto due accordi, uno con le isole di Papua Nuova Guinea e uno con Nauru. Nel primo caso, il centro di detenzione è a Manus. In cambio, l’Australia offre aiuti economici a questi Paesi e ne acquista i servizi.

L’accusa: Camberra ha tagliato il budget per i rifugiati
Secondo quanto riportato dal Guardian, i centri costano ai contribuenti australiani circa 1,2 miliardi di dollari all’anno. Secondo l’Unhcr, dal 2013 l’Australia ha ridotto di circa la metà il budget disponibile per la cura dei rifugiati e dei richiedenti asilo “offshore”, nonostante il fatto che durante lo stesso periodo questa popolazione sia diminuita solo del 7% e che le esigenze mediche continuino ad aumentare.

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