ultra maratone

Ritorno al Sahara: 100 chilometri a piedi nel deserto dopo 4 anni di stop

di Silvana Lattanzio

7' di lettura

Dopo 4 anni di assenza dalla Tunisia, torna la 100 km del Sahara, una classica nel panorama delle ultra che ha “compiuto” 18 anni. Le note vicissitudini della Primavera araba, che con le sue ondate di proteste causate da malcontento e povertà negli anni 2010 e 2011 ha invaso i regimi arabi e, più specificamente in Tunisia, la Rivoluzione dei Gelsomini, hanno tenuto lontano questa bellissima gara, al tempo agli apici del successo e con numeri notevoli di partecipanti che l'organizzazione doveva stoppare a 160-170 per problemi logistici. Bene, tutto questo si è fermato dopo gli attentati terroristici del 2015 al Museo del Bardo, dove persero la vita molti turisti, tra i quali 4 italiani, e il mese successivo a Susa, località turistica, con 39 morti. Crollo del settore turismo: oltre alle presenze americane e tedesche già calate da dopo l'11 settembre, ecco che spariscono anche gli italiani e i francesi. Parlo con l'autista che ci porta da Djerba all'Oasi di Ksar Ghilane, la sua voce aspra colpisce come un graffio: «Tutto finito, niente lavoro. Ora sta riprendendo un po'. Speriamo». Eh sì, perché comunque la Tunisia è «nota per le sue spiagge dorate, il tempo soleggiato e i lussi a prezzi accessibili», così recita Wikipedia, e questo di certo attira il turismo, che sta tornando a essere la principale fonte di valuta estera nel Paese e rappresenta oggi il 6,5% del Pil. Dunque, tanti i posti di lavoro, che si elevano in stagione vacanziera, con boccate d'ossigeno per l'economia nazionale, e 47 i nostri impavidi podisti. Un buon numero per ricominciare.

E veniamo dunque alla gara, quest'anno più estrema in quanto i 100 km vanno corsi in sole tre tappe invece che 5 come era nelle precedenti edizioni:

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8 km in notturna da Ksar Ghilane al fortino romano abbandonato dalla Legione straniera e ritorno (tutta sabbia);

50 km da Ksar Ghilane a Bir Hash Ibrahim attraversando un deserto che passa da roccioso a sabbioso (60% ca.), per tornare a essere roccioso, coperto di piccole/grandi dune e arrivare nel nulla, dove ci siamo noi e il nostro campo con tende berbere;

42 km da Bir Hash Ibrahim a Douz (oltre il 60% di sabbia). Insomma, l'edizione più sabbiosa di sempre.

1^ tappa
Trascorso il primo giorno a Djerba, che col suo mare dai toni rosa/dorati fa capire perché la chiamano “la doux”, la dolce, torniamo sulla terraferma e ci trasferiamo dopo ore di pullman nell'Oasi di Ksar Ghilane. Prendiamo possesso delle tende da condividere con altre 2 o 3 persone, si sbrigano le formalità di pettorali, certificati medici, verifica materiali e poi relax ai bordi della “piscina” termale a bere tè verde. Alle 18 il via ai camminatori, alle 18.30 ai runners, direzione fortino e ritorno. Dunque, si parte col crepuscolo e si arriva al buio. Un buio pesto senza luna. Parto tranquilla, arranco alle prime dune ma poi spezzo il fiato, i muscoli si attivano e il passo diventa un po' più fluido. La lampada frontale che ho piazzata sulla testa è fievole, non vedo bene, tutto è piatto e così incespico nelle salite e sento il vuoto nelle discese. Tutte e solo dune. Altra storia per i campioni, che subito si definiscono nelle figure di Gianluca Giuttari ed Enrica Carrara, due forti atleti che marcano ben presto le distanze. Tornati tutti all'Oasi, dopo la cena e poche chiacchiere, presto si va a dormire. Domani 50 km!

2^ tappa
Tanti i km e molto variabile il clima: dal caldo sole africano in un cielo azzurro a un forte temporale con violente folate di vento e sabbia che ha “inseguito” i concorrenti. D'altronde siamo immersi in una natura incontaminata, forte, prepotente e noi non possiamo far altro che adeguarci. Anche al campo, un acquazzone torrenziale che però fortunatamente è durato poco. Qui il tracciato si dipana tra grandi dune alternate a lunghissimi drittoni, di quelli che sembrano non finire mai, di quelli che normalmente esasperano ma che io adoro, perché permettono di non pensare a niente, di liberare la mente. Tutto è semplice, devi “solo” far andare le gambe, senza pensieri, senza ansie. O almeno così è per le retrovie. Parlando dopo l'arrivo con un concorrente mi racconta: “Ero lì in mezzo al niente, con un gran silenzio e nessuno intorno a me. Solo ogni tanto una folata di vento. Così ho pensato alla canzone The sound of silence e mi sono commosso”. Sì perché in così tanti km, i concorrenti si sgranano di parecchio e capita di correre completamente soli per km, ma non c'è da avere paura, tutto si svolge in estrema sicurezza grazie al tracciato ben segnato da bandiere e fiocchi rossi legati agli sterpi, oltre ai quod che setacciano il percorso avanti e indietro. Anche questa 2^ tappa vede la nettissima vittoria di Giuseppe Giuttari, 4:25'22” il suo crono. Al 2° posto arriva la fortissima Enrica Carrara, con 5:22'09”, seguita a soli 11' da Cristiana Lo Nigro. Al 4° posto Manuela Dalla Valle con 5:54'14”. Quinto post ex aequo di Monica Sartore e Angelo Bertoletto, 2° tra gli uomini. Quelli che soffrono di più sono le retrovie, quelli che arrivano molte ore dopo i primi, eppure non mollano, la tempra è forte, la tenacia ancor di più. Al campo, nonostante la seppur breve bufera di sabbia e i tanti km nelle gambe, l'umore è alto e l'amicizia pure. Un'ottima cucina dello chef Pepe Salardi (quale nome più adatto?) aumenta l'allegria.

3^ tappa
Ed eccoci alla maratona, alla distanza regina. Sveglia al campo all'alba, con la canzone Aisha di Cheb Khaled che si diffonde dagli altoparlanti e riempie l'aria di struggimento e gioia. Nelle tende c'è un brulichio di attività, un fermento di preparativi: piedi da incerottare, borracce da riempire, creme da spalmare. Si corre/cammina una maratona fatta di piste infinite con cieli azzurri alternate a dune rossiccie di pioggia nella prima parte, ma che diventano bianco borotalco nell'ultima, alle porte di Douz, alla Porta del Deserto. Sforzo muscolare notevole per gli atleti, che pure trovano la grinta e lo sprint nelle ultime falcate prima dell'arrivo sotto l'arco della finish line, tra applausi, medaglia e piccolo ristoro prima di quello vero, quello dopo la doccia dell'hotel che ci ospiterà fino all'indomani, con tanto di piscina e festa finale di cena e premiazioni. Gianluca Giuttari giunge in 4:02'14”, un tempo veramente eccellente dato il tracciato e il clima. È allenato dal bravo coach Giuseppe Ferrara e ha per spinta le sue due figlie, Paola e Jolanda, “il mio sole e il mio vento, e qui c'è sole e vento e io con loro volo!”, queste le sue parole commosse all'arrivo. Ottima la prestazione anche di Enrica Carrara, giunta di nuovo 2^ con 4:24'01”; la segue, con 4:39'18”, Manuela Dalla Valle e a brevissimo Cristiana Lo Nigro. Il giorno dopo si parte, destinazione: aeroporto di Tezeur.

Tutto è andato bene, grazie anche alla efficiente collaborazione e ospitalità delle persone del luogo; pronti dunque per la 19^ edizione. Di nuovo Tunisia, di nuovo 100 km nel Sahara. Perché il deserto è di una bellezza scintillante, che ti costringe a tornare.

Una bella storia di solidarietà
Veramente sono tante le belle storie che ho sentito all'interno del gruppo, come quella di Nicolò, 22 anni, che ha deciso all'ultimo di seguire la mamma podista per fare questa 100 km camminando e per dimenticare un amore finito male. “Tre giorni senza connessione, per un ragazzo della mia età, è una cosa stranissima. Ma scopro anche che è estremamente salutare. Un viaggio speciale, un viaggio che non dimenticherò per le belle persone che ho conosciuto”. Ma quella di cui vi voglio parlare è della 2^ donna classificata: Cristiana Lo Nigro, medico che ogni anno “sacrifica” le sue ferie per recarsi in Sud Sudan per salvare vite, vaccinare, curare. Fa parte di CCM, acronimo di Comitato Collaborazione Medica di Torino, una ong che, nell'occasione di questo crowdfunding, si è appoggiata alla Rete del dono e, insieme a Daniela Rubini e a Monica Sartore, ha corso questi 100 km per raccogliere soldi per i bimbi di quelle terre sfortunate. “In realtà per me non è un sacrificio: è più quel che ricevo di quello che do”, queste le sue parole. “Nel dicembre del 2013 è scoppiato un conflitto etnico tra le forze governative del presidente Kiir, di etnia dinka, e quelle fedeli all'ex vicepresidente Machar, di etnia nuer. È una guerra feroce, che non lascia scampo a povertà e malattie, ma della quale non si occupa quasi nessuno”. Per info: CCM-italia.org

Il mestiere del tracciatore
È un mestiere che sta dietro le quinte, a cui nessuno pensa: quando si è in un bel posto selvaggio nel quale correre non si pensa al lavoro che c'è dietro. Eppure è tanto e impegnativo. Ne parlo col tracciatore della 100 km del Sahara Carlos Prieto, spagnolo di origine ma cittadino del mondo di natura. “Credo di essere l'unico professionista di questo lavoro, cioè di viverci”. Da architetto nella sua Madrid, si sposta in Italia nel 2008, anni di crisi economica italiana abbastanza forte e alla mia domanda Come mai questo mestiere?, mi risponde candidamente che è perché non ne ha trovati altri. “Anche se ora ne sono felicissimo perché è proprio il mio lavoro”. Lui è un esperto del wild in quanto ne ha corse molte di gare off road prima di diventare tracciatore. “Ho fatto la Marathon des Sables, questa 100 km diversi anni fa, la 100 miglia della Namibia, le gare nei deserti della Race in the Planet, la Lavaredo Ultra Trail e molte altre”. Poi da cliente è diventato tracciatore di alcune gare di queste organizzazioni. Qual è la cosa importante per fare bene questo lavoro? “Stabilito il luogo della gara, l'organizzatore deve dirmi la distanza in km e la difficoltà che vuole mettere nella sua manifestazione. Poi devo pensare alla logistica: dove poter mettere i ristori (posti da poter raggiungere con i fuoristrada), dove i segnali per essere ben visibili. Inoltre, cerco di scegliere non solo posti belli ma che abbiano anche un certo interesse culturale, come per esempio il vecchio fortino a Ksar Ghilane o vecchi bar abbandonati che erano ristori per le carovane del sale”. La cosa che ti piace di più del tuo lavoro? “Guardare i podisti che corrono in un posto che ho scelto io e vederli felici”. La più brutta? “Non so, forse quando si cancella un evento sul quale ho lavorato tanto”. Doti necessarie al tracciatore? “Tanta, tantissima curiosità, aver voglia di scoprire, di andare fuori dai soliti percorsi turistici per scoprire del nuovo. E poi essere tecnologici, saperci fare con Gps, cartine, tracciati, mappe, e in questo il mio pregresso di architetto mi è stato utile”.

Classifica

Uomini
1. Giuttari Gianluca 9:09'17”
2. Bertoletti Angelo 12:13'44”
3. Puzzolo Pier Paolo12:40'14”

Donne
1. Carrara Enrica 10:29'33”
2. Lo Nigro Cristiana 11:11'09”
3. Dalla Valle Manuela 11:26'10”

Riproduzione riservata ©
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