previdenza

Pensioni quota 100, il governo stima 360mila uscite. Nodo indicizzazione

di Marco Rogari

Pensioni «quota 100»: si stimano 360mila uscite. Ecco numeri e tagli

3' di lettura

Il pacchetto su quota 100 per il ritorno ai pensionamenti anticipati è praticamente pronto da alcuni giorni. Con una stima di 360mila uscite nel 2019, 120mila delle quali nel pubblico impiego in aggiunta alle 50mila già in “agenda” (in tutto 170mila). Che assorbirebbero per intero i 6,7 miliardi messi a disposizione per il prossimo anno dal fondo (“comunicante” con quello da 9 miliardi per il reddito di cittadinanza ) inserito nel disegno di legge di bilancio appena approdato alla Camera.

Anche se negli ambienti tecnici del Governo si considera già più che realistica un’adesione alle nuove pensioni d’anzianità inferiore di almeno il 25-30% rispetto alle previsioni ufficiali facendo fermare l’asticella degli “anticipi” a quota 230-250mila. Con il risultato di utilizzare operativamente meno di 5 miliardi il prossimo anno, lasciandone così in dote almeno 2 per altre finalità: un convogliamento, in caso di necessità, sul reddito di cittadinanza, uno spostamento delle risorse all’anno successivo per finanziare nuovi pensionamenti o una destinazione di altro tipo su indicazioni del ministero dell’Economia, come potrebbe essere quella legata a una riduzione “in progress” del deficit 2019.

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A questo punto, almeno secondo la Lega, l’operazione non andrebbe ulteriormente ritardata. Non a caso il Carroccio continua a considerare praticabile la soluzione dell’emendamento parlamentare alla manovra, a prescindere dalla soluzione che sarà trovata per il reddito di cittadinanza. Anche perché è necessario che le nuove norme entrino in vigore dal 1° gennaio 2019 per consentire a chi, da quella data, matura i requisiti (almeno 62 anni e 38 anni di contributi) di poter utilizzare da aprile la prima delle quattro finestre per i dipendenti privati, alle quali se ne aggiungeranno due per i lavoratori del pubblico impiego (a partire probabilmente da settembre, come anticipato dal Sole 24 Ore) e una annuale per la scuola.

Ma nella maggioranza la partita sul veicolo legislativo su cui far salire quota 100 per portarla all’approvazione parlamentate e sulla tempistica per il varo dell’intervento resta ancora tutta da giocare. Con il vicepremier Luigi Di Maio che ha individuato in un decreto legge natalizio lo strumento più adatto per far decollare in rigida accoppiata pensioni e reddito di cittadinanza. Una scelta che non sembra convincere del tutto il Carroccio. Tra l’altro la costruzione del dispositivo legislativo per garantire l’assegno di 780 euro a chi è sotto la soglia di povertà appare in ritardo rispetto a quella del ripristino dei pensionamenti anticipati, ormai soltanto da limare. Senza considerare che, almeno per il reddito di cittadinanza (destinato a diventare operativo non prima di aprile se non nella prossima estate), potrebbe porsi il problema della piena compatibilità con i requisiti di “necessità” e “urgenza”, indispensabili per il ricorso a un Dl. Ma i Cinquestelle, in attesa di perfezionare le norme sul “reddito”, non appaiono affascinati dall’idea di garantire una corsia preferenziale e autonoma a quota 100, più volte indicata da Matteo Salvini tra le priorità della manovra.

Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon (Lega), prova a gettare acqua sul fuoco ma senza escludere l’opzione del “ritocco” parlamentare: «La soluzione migliore tra emendamento e decreto legge la individueremo strada facendo». Ma lo stesso Durigon aggiunge che il nodo «va sciolto in tempi rapidi anche per consentire di mandare in pensione chi maturerà i requisiti dal prossimo 1° gennaio».

In ogni caso la tensione sembra destinata a salire dopo essere già emersa, sul fonte previdenziale, sul capitolo della stretta alle pensioni d’oro (cara ai pentastellati), ancora da mettere definitivamente a punto. Ed è in agguato anche sul nodo indicizzazione all’inflazione dei trattamenti. Su quest’ultimo fronte continua sottotraccia, il lavoro tecnico per giungere a un raffreddamento parziale o modulato su tutti gli assegni.

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