la battaglia contro i “lupi atroci”

La «guerra totale» di Francesco alla pedofilia

di Carlo Marroni

Vaticano, Cei: nuove misure contro la pedofilia

4' di lettura

Li chiama “lupi atroci”, un'espressione del tutto inusuale per il lessico papale. Che esprime tutto il disagio, il dolore e anche il senso dell'emergenza che rappresenta la piaga della pedofilia nella chiesa. Francesco parla nel discorso di Natale alla Curia, al suo “governo”, una delle occasione più importanti e ufficiali dell'anno. È sempre un discorso-manifesto (lo fu quattro anni fa nel celebre discorso sulle 15 “malattie” della Chiesa, tra cui la pedofilia) e quest'anno lo centra ancora di più sul tema degli abusi, che ha segnato questo 2018 orribile che lui stesso riconosce, quando dice che “la barca della Chiesa quest'anno ha vissuto e vive momenti difficili, ed è stata investita da tempeste e uragani”. Le parole del lungo discorso davanti a cardinali, arcivescovi e monsignori – tra loro per la prima volta c'è anche un laico del rango di “ministro”, Paolo Ruffini, prefetto della Comunicazione – sono di condanna di quelli che sentendosi “unti dal Signore” approfittano del loro potere e compiono atti abnormi, non temono il giudizio di Dio ma solo di essere scoperti.

È una dichiarazione di guerra alla pedofilia che dentro la Chiesa trova ancora complicità e silenzi, e che forse sarà uno degli impegni più duri di questa fase del suo pontificato, che tra poco compirà sei anni. Per Bergoglio l'uso disinvolto del potere (e il clericalismo) rappresenta in qualche modo il passo che, talvolta, precede l'abuso sessuale sui deboli: “Convertitevi e consegnatevi alla giustizia umana, e preparatevi alla giustizia divina”. È la prima volta che parla così, anche se ha affrontato questo tema decine e decine di volte: parla di giustizia umana, quindi di tribunali civili, di pene da scontare se viene riconosciuta la colpa.

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Lo scoppio del caso del Cile e le dimissioni in massa
Il 2018 si è aperto con il viaggio in Cile, segnato dagli strascichi di vecchi abusi mai puniti, di contestazioni del Papa stesso, di reazione dura una volta rientrato a Roma e, dopo un'ispezione di un inviato pontificio, l'assunzione di decisioni molto dure. Un intero episcopato, quello cileno, dimissionato di botto, vicenda che ha viaggiato in parallelo con altre, come quella in Usa e in particolare del rapporto dalla Pennsylvania scoppiato d'estate su abusi indicibili. Una vicenda enorme che ha portato Francesco a convocare a febbraio 2019 a Roma i capi di tutte le conferenze episcopali del mondo per rinforzare le iniziative da prendere e portare avanti (la Cei sta riscrivendo le proprie linee guida) perchè “ciò no n deve accadere mai più” ha detto oggi. In questa impresa il Papa chiama l'aiuto dei mezzi di comunicazione.

Ribalta così il pensiero di «alcuni, anche all'interno della Chiesa», che «si infervorano contro certi operatori della comunicazione, accusandoli di ignorare i casi di abusi, che non sono commessi dai chierici della Chiesa - le statistiche parlando del 95% -, e di voler intenzionalmente dare una falsa immagine, come se questo male avesse colpito solo la Chiesa Cattolica». E ringrazia i giornalisti “che sono stati onesti e oggettivi e che hanno cercato di smascherare questi lupi e di dar voce alle vittime: “Anche se si trattasse di un solo caso di abuso – che rappresenta già di per sé una mostruosità – la Chiesa chiede di non tacere e di portarlo oggettivamente alla luce, perché lo scandalo più grande in questa materia è quello di coprire la verità».

Il richiamo al dossier-patacca di Viganò
Il richiamo ai mezzi di informazione in qualche modo si connette ai fatti relativi al cosiddetto dossier-Viganò che ha attirato l'attenzione mediatica in autunno. Il caso è noto: l'ex nunzio apostolico Carlo Viganò, ormai in pensione, ha consegnato ad un gruppo ristretto di giornali e siti web un dossier relativo agli abusi del vecchio e ormai pensionato cardinale americano Edgar Mc Carrick – a cui Francesco ha tolto la porpora, caso unico nella storia – accusando lo stesso Papa di fatto di aver coperto queste nefandezze e chiedendone addirittura le dimissioni. Un dossier-patacca in tutto e per tutto, ma che ha avuto vasta eco e un seguito sconvolgente di consensi tra l'episcopato Usa ultra-conservatore e oppositore di Bergoglio (per motive politici legati alle dinamiche economiche e politiche americane, perlopiù). Il Papa non ha mai risposto (“giudicate voi” disse in volo aereo) ma ha fatto rispondere all'autorevole, e per nulla bergogliano, cardinale Marc Ouellet, e tutto è finito in un bolla mediatica, ma che ha rappresentato una brutta pagina.

“Chi semina zizzania tradisce la vocazione”
Che si lega all'altro tema, quello dell'«infedeltà di coloro che tradiscono la loro vocazione, il loro giuramento, la loro missione, la loro consacrazione a Dio e alla Chiesa». Il riferimento è a «coloro che si nascondono dietro buone intenzioni per pugnalare i loro fratelli e seminare zizzania, divisione e sconcerto; persone che trovano sempre giustificazioni, perfino logiche e spirituali, per continuare a percorre indisturbati la strada della perdizione». Dietro questi «seminatori di zizzania» (zizzania di cui non sono immuni le «cattedre episcopali») «si trovano quasi sempre le trenta monete d'argento», rimarca Francesco alludendo appunto al ritorno economico ricavato da certe operazioni politico-mediatiche.

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