IL CASO 

Rimpatrio figlia dell’ex ambasciatore della Corea del Nord, i precedenti Abu Omar e Shalabayeva

di Andrea Carli

Abu Omar e Alma Shalabayeva

3' di lettura

La vicenda - riferita dal dissidente ex numero due dell’ambasciata della Corea del Nord a Londra, rifugiatosi a Seul nel 2016 - del rimpatrio forzato dall’Italia da parte di Pyongyang della figlia di Jo Song Gilex, ex incaricato d’Affari nordcoreano in Italia, fa tornare alla mente il caso Abu Omar (2003) e quello Shalabayeva (2013).

La nota della Farnesina
Per quanto riguarda il blitz coreano, la Farnesina ha chiarito che l’ambasciata della Corea del Nord a Roma, il 5 dicembre 2018, ha informato il ministero degli Affari esteri che Jo Song Gilex e la moglie avevano lasciato l’Ambasciata il 10 novembre e che la figlia, avendo richiesto di rientrare nel suo Paese dai nonni, vi aveva fatto rientro, il 14 novembre 2018, accompagnata da personale femminile dell’Ambasciata.

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L’ex imam della moschea di viale Jenner Abu Omar sequestrato dalla Cia
Il 17 febbraio del 2003 Abu Omar, l’ex imam della moschea milanese di viale Jenner viene sequestrato e portato in un carcere in Egitto dove, secondo alcune fonti, è vittima di torture. Dietro l’operazione di “extraordinary rendition”, la Cia. Alla fine verranno emesse 33 condanne, tra cui 23 definitive a carico di agenti appartenenti all’agenzia di spionaggio civile del governo federale degli Stati Uniti, che rivolge le sue attività all'estero. Con una sentenza del febbraio 2013 la Corte d’appello di Milano sancisce che anche gli ex vertici del Sismi sono responsabili del sequestro. Qualche mese dopo, a novembre, il gup di Milano riconosce l’ex imam colpevole di aver fatto parte di un’associazione che progettava attentati terroristici in varie parti del mondo, e lo condanna a 6 anni di reclusione. Tre anni dopo, la Corte di Strasburgo condanna l’Italia per il sequestro e i maltrattamenti di Abu Omar. A febbraio 2017, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella concede la grazia parziale di un anno all’ex agente Cia, Sabrina De Sousa.

Il caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako espulsa dall’Italia
Il 28 maggio di sei anni fa Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, viene fermata da alcuni agenti della questura di Roma, insieme alla figlia di 6 anni, mentre si trova in una villa a Casalpalocco, alle porte di Roma. Le forze dell’ordine cercano il marito. A Shalabayeva è contestata l’accusa di possedere un passaporto falso. Due giorni dopo la questura firma l’espulsione della donna e della figlia. Il giorno dopo le due vengono imbarcate su un aereo diretto in Kazakistan. Il 5 luglio Ablyazov si appella al premier italiano di allora, Enrico Letta, e gli chiede di fare piena luce sulla vicenda. Il 22 luglio interviene il ministro degli Esteri, Emma Bonino. La responsabile della Farmesina parla di punti oscuri da chiarire sulla vicenda e spiega che la Farnesina sta valutando l’ipotesi di espellere l'ambasciatore kazako in Italia. A stretto giro Astana fa sapere che se l’Italia espellerà l’ambasciatore, il Kazakistan reagirà. Il 29 la procura di Roma apre un’inchiesta su presunte omissioni nell’espulsione di Alma. Intanto Ablyazov viene arrestato in Francia. Ai primi di agosto una delegazione M5S si reca dalla Shalabayeva. La donna accusa: «il mio passaporto è stato manomesso». A settembre la figlia maggiore di Alma accusa alcuni funzionari del Viminale, della questura di Roma e diplomatici kazaki di sequestro di persona e ricettazione. Il giorno dopo finiscono nel registro degli indagati l’ambasciatore del Kazakistan in Italia, il consigliere per gli affari politici e l’addetto agli affari consolari. Il 24 dicembre del 2013 Alma può lasciare il Kazakhstan. Dopo sette mesi di lavorio diplomatico, il 27 rientra in Italia con la figlia più piccola. Ablyazov è ancora in carcere in Francia. Qui la donna rimane poco più di 48 ore: prende un volo destinazione Ginevra. Con lei i suoi tre figli: Alua di 6 anni, che con la mamma ha condiviso la vicenda, il maschio Madiyar e la maggiore Madina che da tempo risiedono in Svizzera.

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