LA RIMBORSOPOLI DEL 2018 e iL CASO SARTI

Caso Sarti, cosa fanno oggi i «furbetti» M5S delle restituzioni

di Riccardo Ferrazza

Rimborsopoli, Di Maio in banca con Le Iene: ridati 370mila euro

3' di lettura

La vicenda di Giulia Sarti, l’esponente del Movimento 5 Stelle che si è autosospesa e si è dimessa da presidente della commissione Giustizia della Camera dopo che i pm hanno chiesto di archiviare le sue accuse nei confronti dell’ex fidanzato Andrea Tibusche Bogdan per l’utilizzo di circa 23mila euro destinati al Fondo per il microcredito, si arricchisce di nuovi dettagli. Come per tutta la storia “Rimborsopoli” a Cinque stelle deflagrata lo scorso anno, anche stavolta sono state “Le Iene” a svelare i nuovi dettagli.

Nella puntata di ieri è Bogdan a confermare di essere un mero esecutore delle disposizioni della sua ex fidanzata. «Io non vedo l’ora di arrivare al processo» ha affermato, aggiungendo poi di sapere come sono stati spesi quei soldi che Sarti non ha restituito: «Ha anche prestato del denaro, 7mila euro, a suo padre per l’acquisto di un’autovettura e la ristrutturazione della casa avvenuta nel 2017». Spunta un’ipotesi: parte di questi soldi potrebbero essere stati spesi per le riprese di alcuni filmini hard a casa dei due. Filmini - sostengono le Iene - in possesso di Bogdan.

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La storia ribattezzata “rimborsopoli” cominciò alla vigilia delle elezioni del 4 marzo. La trasmissione tv di Italia 1 scoprì che diversi esponenti del Movimento 5 Stelle facevano i bonifici per restituire parte del loro stipendio da parlamentare, come previsto dal regolamento interno, ma quei versamenti venivano annullati. Alcuni spiegarono e rimediarono, altri furono sospesi. A un anno di distanza, ecco cosa fanno oggi alcuni di loro.

Andrea Cecconi, nel 2018 era deputato uscente al primo mandato e già presidente del gruppo alla Camera, inserito nelle liste M5S per le politiche del 4 marzo, comparve nell’elenco dei “morosi” del Movimento 5 Stelle. Deferito al collegio dei probiviri, annunciò che avrebbe rinunciato alla sua elezione. Al collegio uninominale a Pesaro sconfisse il candidato Pd, l’allora ministro dell’Interno Marco Minniti. «Manterrò la mia parola» disse, assicurando che avrebbe dato le dimissioni dopo la proclamazione degli eletti. Quindici giorni più tardi la marcia indietro: «Ho firmato con Luigi (Di Maio, ndr) un impegno che prevedeva le mie dimissioni una volta eletto, ma poi ho anche chiamato una mia amica in Cassazione e lei mi ha detto che quel documento lo posso anche cestinare». Oggi Cecconi è iscritto al gruppo Misto-Maie. Lo scorso 21 febbraio ha annunciato il suo voto favorevole alla proposta di legge costituzionale in materia di referendum, uno delle misura-bandiera del movimento.

Carlo Martelli era nella lista di quanti avevano realizzato degli ammanchi nelle donazioni al Fondo per le Pmi (nel suo caso 81mila euro). Senatore uscente e ricandidato, cercò di rimediare («Purtroppo non posso rimettere la frittata nelle uova»): riconobbe la mancata donazione per 8.016,16 euro e fece un bonifico di 80mila euro andando oltre «a quanto effettivamente avrei dovuto donare, per un totale di 216.714,84 euro». Rieletto a Palazzo Madama, è iscritto al gruppo misto. Votò la fiducia al governo di Giuseppe Conte (che incassò 171 sì).

Anche Maurizio Buccarella fu “pizzicato” dalla trasmissione di Italia 1: cercò di spiegare l’ammanco di ben 130mila euro («i poco più di 3mila euro mensili netti che i parlamentari M5S si sono attribuiti come retribuzione effettiva, non mi avrebbero permesso, alla mia età, di tornare alla mia vita, nel mio studio professionale - dopo uno stacco di cinque anni senza alcun “paracadute” o vantaggio acquisito per i contatti professionali - con una accettabile serenità») e venne “scomunicato”. Comunque rieletto al Senato, si iscrisse al gruppo Misto e, come l’altro ex pentastellato Martelli, assicurò che avrebbe sostenuto «le scelte del governo nel corso della legislatura». Il suo apporto è stato prezioso per controbilanciare la dissidenza dei parlamentari a cinque stelle, come nel caso del decreto sicurezza dello scorso novembre.

A Silvia Benedetti, padovana, furono imputati mancati versamenti per circa 23mila euro. Eletta alla Camera come capolista al plurinominale nel collegio di Padova, è stata allontanata dal movimento. È iscritta al gruppo Misto ma ha votato la fiducia al governo giallo-verde. In seguito non ha però partecipato al voto di fiducia sul milleproroghe e non ha votato la legge di bilancio. «Il Movimento 5 Stelle - ha detto - si è subito dimostrato uguale al Pd».

Nella graduatoria delle restituzioni Ivan Della Valle, “No Tav” e pro-acqua pubblica, risultava uno dei parlamentari più generosi con 283.911 euro versati. «Taroccavo i bonifici con Photoshop» ammise però il deputato che venne espulso. Dopo le elezioni, disse: «Da una parte c’era la mia situazione personale che è stata la causa dei problemi economici», ma «dall’altra parte c’era la mia posizione divergente con quella del MoVimento». Già prima dello scandalo non risultava candidato: era arrivato al secondo mandato (uno al Comune di Torino, l'altro alla Camera). A Montecitorio è stato eletto un suo collaboratore, Luca Corbetta, ingegnere energetico esperto di nuove tecnologie.

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