RITRATTO

Chi è Geraci, il sottosegretario in prima linea nella partita per la Via della seta cinese

di Andrea Carli

Michele Geraci è sottosegretario alllo Sviluppo economico (Imagoeconomica)

3' di lettura

In prima linea nella partita che potrebbe sfociare a fine mese nell’adesione dell’Italia, prima tra i paesi del G7 e quinta in Europa, alla nuova via della Seta, il mastodontico progetto infrastrutturale (e geopolitico) da 900 miliardi di dollari di investimenti targato Xi Jinping malvisto dagli Usa di Trump e dalla Ue, c’è un sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico con deleghe al commercio estero che, nonostante sia stato scelto dalla Lega, ad oggi è più vicino a quei Cinque Stelle che spingono per far salire l’Italia sul treno della Belt & Road Initiative.

Palermitano, 51 anni di cui dieci trascorsi in Cina dove ha insegnato finanza presso la New York University a Shanghai e la Zhejiang University ad Hangzhou (parla il mandarino), una laurea in ingegneria elettronica, ex banchiere di investimento, Michele Geraci considera la Cina un interlocutore imprescindibile, tanto da aver accompagnato il ministro Di Maio a visitare il gigante asiatico per due volte in pochi mesi.

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Vero e proprio “fan” del gigante asiatico, tanto da mettere in piedi ad agosto una “Task Force Cina” che avrebbe dovuto consolidare i rapporti con l’Italia in materia di commercio, finanza, investimenti e R&D e cooperazione in Paesi terzi, ha annunciato che il 22 e 23 marzo, in occasione della visita di Stato a Roma del presidente Xi Jinping, l’Italia dovrebbe firmare un Memorandum of Understanding di supporto al piano infrastrutturale cinese. Parole che a stretto giro hanno provocato la dura reazione degli americani, tanto che Geraci ha preferito chiarire: «Sarà, se non ci sono contrattempi, un accordo cornice - ha spiegato al Sole 24 Ore -: solo l’indicazione di alcuni settori strategici in cui favorire investimenti congiunti e accelerare l’acquisizione di commesse da parte delle imprese italiane».

La partita che si gioca sulla Via della Seta cinese registra posizioni distinte, in primo luogo all’interno della maggioranza. Il Mise, guidato dal leader politico pentastellato Di Maio, sembra determinato ad accelerare per un’intesa con Pechino. La Lega è invece più vicina alle posizioni degli Usa, che non vedono di buon occhio il progetto in quanto lo leggono come un tentativo del concorrente cinese di estendere la propria influenza in Europa. Su posizioni prudenti anche il Quirinale e la Farnesina.

L’apertura alla Cina, anche attraverso l’adesione alla Bri, secondo Geraci potrebbe avere degli effetti c he vanno al di là dell’afflusso di ingenti capitali dall’estero. I 340 miliardi di dollari investiti dalla Cina in Africa, è il ragionamento, nel lungo periodo dovrebbero gradualmente contribuire a far diminuire i flussi migratori verso l’Europa. Secondo Geraci, dunque, il coinvolgimento della Cina in Africa offrirebbe all’Italia un’opportunità storica di cooperazione internazionale per la stabilizzazione socioeconomica del continente, cruciale non solo per una soluzione sostenibile e solidale del problema dell'immigrazione ma anche per le opportunità economiche che sorgeranno nel continente per le imprese italiane.

La tesi di Geraci non ha però convinto il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Parlando della forte presenza cinese in Africa, il leader della Lega è ricorso all’espressione “neocolonialismo”. Con la conseguenza che il sottosegretario con la passione per la Cina si trova ancora una volta distante dal Carroccio. Il paradosso è che la distanza è nei confronti proprio di quella forza politica che lo ha voluto su quella sedia al ministero di Via Veneto.

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