NON SOLO LA VIA DELLA SETA  

L’avvicinamento di Papa Francesco alla Cina di Xi Jinping

di Carlo Marroni

Sia la Chiesa ma soprattutto la Cina vogliono procedere per gradi nel disgelo dei rapporti, anche se l’accordo sulle nomine dei vescovi raggiunto lo scorso settembre dopo anni di negoziati rappresenta un enorme passo avanti

4' di lettura

Non c’è ufficialmente nessun incontro in agenda. Tra il Papa e il presidente cinese Xi Jinping – in Italia dal 21 al 24 marzo nella sua prima visita ufficiale – i tempi per un colloquio faccia a faccia non sembrano essere ancora maturi. Sia la Chiesa ma soprattutto la Cina vogliono procedere per gradi nel disgelo dei rapporti, anche se l’accordo sulle nomine dei vescovi raggiunto lo scorso settembre dopo anni di negoziati rappresenta un enorme passo avanti.

Già un’altra volta, esattamente 10 anni fa, le diplomazie cercarono un incontro tra Benedetto XVI e l’allora presidente Hu Jintao (in Italia per il G-8 dell’Aquila), ma poi non se ne fece nulla, complice anche il rientro improvviso del leader cinese a causa delle rivolte scoppiate nello Xinjiang. Quindi per ora – salvo sorprese – niente summit, e del tempo passerà sia per un viaggio di Francesco a Pechino sia per il ristabilimento delle relazioni diplomatiche, troncate da Mao nel 1951, poco dopo la conquista del potere.

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Ma le diplomazie stanno certamente lavorando per entrambi i nuovi obiettivi, specie il viaggio: più volte Francesco ha espresso pubblicamente questo desiderio, soprattutto da gesuita sulle orme di Francesco Saverio (che non entrò mai in Cina) e Matteo Ricci (che lì fu sepolto dopo essere stato nominato mandarino).

L’accordo provvisorio raggiunto dopo anni di negoziati
Resta comunque una pietra miliare di questo pontificato l’accordo (provvisorio, è stato specificato) firmato dopo anni di tira e molla fra Cina e Vaticano sulla nomina dei vescovi, tema centrale nelle relazioni per la delicatezza delle sfere di competenza. L’intesa «crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale. È auspicio condiviso che tale intesa favorisca un fecondo e lungimirante percorso di dialogo istituzionale e contribuisca positivamente alla vita della Chiesa cattolica in Cina, al bene del Popolo cinese e alla pace nel mondo». Insomma l’obiettivo è che da ora in poi la nomina dei vescovi avvenga con l’approvazione di ambo le parti, senza più le divisioni che hanno portato in questi anni all’esistenza di due Chiese, una cosiddetta clandestina e una “patriottica”, cioè legata al governo, anche se questa suddivisione da tempo era considerata ampiamente superata già dalla storica lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi del 2007. Protagonista dell’operazione di allora come quella di oggi è il cardinale Pietro Parolin, dal 2013 Segretario di stato, in pratica il “primo ministro”.

Riconoscimento pubblico di un vescovo “clandestino”
Dentro la Chiesa cinese non mancano le opposizioni all’accordo – in particolare da parte dell’anziano ma sempre battagliero cardinale Zen – e anche in molti ambienti cattolici americani conservatori l’accordo è stato osteggiato e poi aspramente criticato. Ma le cose vanno avanti, e arrivano notizie rassicuranti. Due mesi fa – ha scritto Gianni Valente, uno dei massimi esperti dei rapporti tra Santa Sede e Cina su Vatican Insider - nella diocesi cattolica cinese di Nangyang il vescovo coadiutore, Pietro Jin Lugang, non è più un vescovo «clandestino»: la mattina del 30 gennaio una concelebrazione liturgica insieme ad altri tre vescovi cinesi ha coronato il processo di riconoscimento pubblico del suo titolo episcopale anche da parte del governo e degli apparati civili. La cerimonia di Nanyang è un altro episodio emblematico dei processi in atto nella Chiesa cattolica in Cina dopo l’accordo: prima di oggi, la situazione canonica della diocesi di Nangyang rappresentava un esempio delle complicazioni e delle anomalie che i condizionamenti posti dalla politica religiosa governativa e la mancanza di dialogo tra apparati politici e Santa Sede hanno provocato per la vita ordinaria di tante comunità cattoliche cinesi. In quella diocesi, Giuseppe Zhu Baoyu era stato ordinato vescovo nel 1995, con la lettera di nomina arrivata dalla Santa Sede ma senza il riconoscimento del governo.

La missione del cardinale dei “missionari” a Macao e Hong Kong
Nei giorni scorsi poi c’è stata una sorta di missione diplomatica del prefetto di Propaganda Fide - il dicastero dei missionari- cardinale Fernando Filoni, che si è recato a Macao nel contesto dell’inaugurazione di nuove strutture della Università Saint Joseph. Filoni, che in passato non era considerato uno dei maggiori sostenitori di un accordo, in terra cinese ha ripetuto che il cuore dell’accordo «non è politico, non è diplomatico, è pastorale». Interpellato dai media locali, il prefetto del Dicastero missionario ha aggiunto che esso rappresenta «una speranza per tutti», e «sarà una cosa molto buona per la Chiesa nel futuro, e anche per la Cina». Ad Hong Kong, il cardinale ha risposto anche a perplessità e riserve sull’accordo Cina-Vaticano nell’intervista concessa al sacerdote-blogger Dominique Mukonda Kananga, dei missionari di Scheut. Chi legge tale accordo come una “sconfitta” delle comunità cattoliche cosiddette “clandestine” e come una “vittoria” della cosiddetta “Chiesa patriottica” esprime a giudizio di Filoni una «visione ristretta», e applica categorie inappropriate alle vicende ecclesiali cinesi.

Nel 2018 oltre 48mila battezzati nelle chiese cinesi
Sono stati almeno 48.365 i battesimi celebrati nelle chiese e nelle comunità cattoliche della Repubblica Popolare cinese nell’anno 2018, che in tutto rappresentano poco più di 10 milioni di fedeli, una goccia nell’immenso mare cinese. La cifra accorpa dati provenienti da 104 diocesi cattoliche riconosciute dalle autorità cinesi, sparse nelle più di 30 divisioni provinciali nazionali. Tali dati appaiono in sostanziale continuità con quelli dell’anno precedente, quando l’Istituto “Faith” aveva attestato l’avvenuta celebrazione di 48.556 battesimi nelle comunità cattoliche cinesi. Anche nel 2018, come negli anni precedenti, il numero più consistente di nuovi battezzati cattolici riportato da “Faith” (quasi 13mila) risulta concentrato nella provincia cinese di Hebei con altre rimarchevoli quote di nuovi battesimi celebrati nelle comunità cattoliche delle province di Shanxi (4124), Sichuan (3707) e Shandong (2914). Faith informa anche sui battesimi celebrati nelle comunità cattoliche presenti nelle regioni dove sono concentrate le popolazioni musulmane e i gruppi etnici minoritari, come il Tibet (8 battesimi), l’Hainan (35), il Qinghai (43) e lo Xinjiang (57).

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