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Il Pd e la «concorrenza» M5s: economia in primo piano per le europee

di Emilia Patta

La preoccupazione di uno stallo dopo la crescita nei sondaggi post-primarie nel Pd c’è. Finchè la maggioranza di governo fa anche l’opposizione è chiaro che per la vera opposizione ci sono meno margini (foto Ansa)

3' di lettura

Mettere in evidenza le contraddizioni del governo (leggasi mozione di sfiducia contro il sottosegretario della Lega Armando Siri indagato per corruzione e sotto il tiro del M5s) e puntare il dito sulla stagnazione economica (crescita quasi a zero, spread alto, probabile aumento dell’Iva causa clausole di salvaguardia per oltre 50 miliardi solo per il biennio 2020-21).

Economia al centro: la campagna Pd
Il Pd prepara così la campagna elettorale per le europee del 26 maggio, con l’economia al centro. Non è un caso che nelle ultime ore sui canali internet del Pd campeggia la questione dell’aumento della benzina: «In campagna elettorale Salvini aveva promesso di abbassare le accise sulla benzina e intanto la benzina aumenta: 2 euro al litro». E non è un caso se una delle prossime iniziative del segretario Nicola Zingaretti, a inizio maggio, sarà quella di presentare un pacchetto di proposte alternative per la crescita e lo sviluppo. «Il Pd intensificherà la pressione sul governo - conferma il responsabile economico in pectore Antonio Misiani -. Siamo convinti che la situazione economica peggiorerà nelle prossime settimane, e che nubi nere stanno nuovamente addensandosi nel nostro orizzonte come testimonia lo spread a 270 senza che sia accaduto nulla di nuovo. È una crisi di fiducia, certificata d’altra parte nel Def: una dichiarazione di impotenza quando per il prossimo triennio si prevede un Pil sotto l’1%, una dichiarazione di impotenza quando si conferma di fatto che l’Iva aumenterà».

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Il timore di uno stallo nei sondaggi
Il tempo è galantuomo, insomma, come usava ripetere l’ex leader Matteo Renzi. E Zingaretti, d’altra parte, ha il passo lento e costante del maratoneta piuttosto che lo sprint del velocista. Ma la preoccupazione di uno stallo dopo la crescita nei sondaggi post-primarie a Largo del Nazareno c’è: secondo l’ultimo sondaggio Swg per La 7 del 23 aprile il Pd è al 22% (più 0,5% rispetto alla settimana precedente) mentre il M5s è al 22,3% (-0,2%). Il dato Swg è tra i più buoni per il Pd, ma il sospirato sorpasso comunque non c’è. E altri istituti, come quello di Nicola Piepoli, registrano un divario anche maggiore con il M5s: Pd tra il 20 e il 21 e i pentastellati tra il 22 e il 23.

La concorrenza del M5s “di sinistra”
Non c’è dubbio che non ha giovato al Pd il cambio di strategia del leader pentastellato Luigi Di Maio, che dal congresso delle famiglie di Verona a inizio aprile si è distinto quasi giornalmente dall’alleato Matteo Salvini “marcando” l’ala sinistra del movimento fino alla inedita difesa del significato antifascista 25 aprile. Anche per mancanza di visibilità: finchè la maggioranza di governo fa anche l’opposizione è chiaro che per la vera opposizione ci sono meno margini.

Zingaretti sconta la scarsa unità interna
Ma secondo Piepoli le ragioni dello stallo del Pd e della fine della frenata del M5s sono altrove. «Il M5s è tenuto in piedi principalmente dall’illusione, ancora fortissima, del reddito di cittadinanza - argomenta il sondaggista -. Mentre lo stallo del Pd, che non ci aspettavamo, è dovuto principalmente a motivi interni, ossia alla “non risposta” sul fronte del consenso attorno al capo. Persiste il problema storico della fiducia interna nei confronti del leader, insomma, nonostante le indubbie capacità di aggregazione di Zingaretti. Se il Pd fosse più unito e si affidasse davvero al capo avrebbe risolto metà dei suoi problemi e potrebbe ricominciare a crescere». A Zingaretti resta comunque il passo da maratoneta, e il tempo galantuomo che farà scontrare il governo giallo-verde con i nodi economici. Intanto l’obiettivo per le europee è il 22%: con 4 punti in più rispetto alle politiche di un anno fa nessuno, neanche il renziano più ostile, potrà negare il successo.

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