IL GOVERNO

M5S, dopo Siri si alza lo scontro: attacco frontale a Salvini

di Manuela Perrone

Di Maio: la Lega allontani Siri o inizio a preoccuparmi

2' di lettura

Nell’epoca della politica dei social e dei selfie, la notizia rivelata dal Messaggero che Luigi Di Maio e Matteo Salvini si sono “defollowati” su Instagram ha il suo peso. Misura la temperatura dello scontro sul caso Siri, in deciso rialzo. Con i Cinque Stelle che passano direttamente all’attacco del leader della Lega, chiedendogli di chiarire i suoi rapporti con Paolo Arata, il professore e faccendiere legato a doppio filo con l’imprenditore siciliano dell’eolico Vito Nicastri, inquisito per mafia e sospettato di essere il prestanome del boss latitante Matteo Messina Denaro, per cui il Pm Gianluca De Leo della Dda di Palermo ha chiesto 12 anni di carcere.

Ad “aprire il fuoco” contro Salvini è lo stesso Di Maio nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera: «Credo che la Lega debba prendere le distanze da Arata e chiarire il suo ruolo, visto che il figlio è stato assunto da Giorgetti», incalza il leader M5S. Seguito stamane dai suoi, che rilanciano. Il vicecapogruppo alla Camera, Francesco Silvestri, mette in campo una nuova batteria di domande: «Salvini dice di aver incontrato solo una volta Arata, ma allora come spiega agli italiani che propose proprio Arata ai vertice di Arera (l’Authority per l’energia, ndr)? Come spiega ai cittadini che lasciò redigere proprio ad Arata il programma energetico della Lega? Quante volte lo ha incontrato?».

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È un pressing preventivo, in attesa degli sviluppi dell’inchiesta e delle nuove carte che dovrebbero essere depositate oggi al Tribunale del Riesame. Arata, intercettato da un giornalista di Piazzapulita, scagiona Siri: «È una persona onestissima». E alla domanda se abbia mai pagato una tangente di 30mila euro al sottosegretario leghista alle Infrastrutture indagato per corruzione, risponde secco: «No, ma si figuri».

Davanti al pressing M5S Salvini sceglie per ora di evitare le polemiche. Anche se con i suoi si sfoga: Di Maio e Bonafede pensassero alle crisi aziendali e alla riforma della giustizia, che ancora non si vede. Dentro il Carroccio si ripete che «a meno di fatti nuovi» Siri resta al suo posto. Ma sono proprio gli eventuali «fatti nuovi» che potrebbero indurre Salvini a convincere il suo sottosegretario a un passo indietro. Prima che glielo chieda il premier Giuseppe Conte, nel faccia a faccia previsto la prossima settimana. E prima che lo scontro possa deflagrare in Consiglio dei ministri, se il presidente del Consiglio dovesse imboccare la strada di una proposta formale di revoca che però dovrebbe passare per un Dpr del presidente Mattarella. Finora, al Quirinale, non ne sanno nulla.

Le tensioni piombano nel mezzo di un’attesa nervosa: quella sul giudizio di Standard&Poor’s di stasera sull’Italia. Perché lo spread veleggia di nuovo intorno ai 270 punti. Il Governo confida nel quadro più realista disegnato nel Def. Ma il verdetto dell’agenzia di rating - che a ottobre aveva mantenuto il rating a BBB ma abbassato l’outlook da stabile a negativo - potrebbe cambiare l’umore dei mercati. Il duello perpetuo tra i vicepremier, di certo in parte funzionale alla campagna elettorale per le europee del 26 maggio, rischia di acuire la percezione di incertezza.

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