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La condanna di Rixi accelera il rimpasto nel Governo

di Barbara Fiammeri

2' di lettura

La condanna di Edoardo Rixi non è stata certo un fulmine a ciel sereno. Il viceministro alle infrastrutture era preparato e con lui anche Matteo Salvini, a cui ha consegnato le proprie dimissioni dall’Esecutivo «per non mettere in difficoltà il Governo». Il leader della Lega le ha immediatamente accettate nominando contemporanemente Rixi responsabile Trasporti del partito. Al contrario di quanto avvenne con Armando Siri, anche lui sottosegretario nel dicastero guidato dal pentastellato Danilo Toninelli, che venne allontanato dal premier Giuseppe Conte nonostante la palese contrarietà del leader del Carroccio, non ci sarà dunque nessun braccio di ferro. Non almeno su Rixi.

Conte ha convocato per questo pomeriggio il Consiglio dei ministri. Essendosi dimesso non c’è la necessità di un provvedimento ad hoc del presidente del Consiglio (come invece avvenne con Siri). Ma la riunione di Palazzo Chigi è l’occasione del primo confronto tra Salvini e Luigi Di Maio, che finora ha interloquito con il premier solo separatamente.

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Salvini non potrà sottolineare quanto a tutti è già chiaro: al ministero delle Infrastrutture da oggi non c’è più alcun rappresentante della Lega. Un ministero per il numero uno del Carroccio strategico perchè collegato a una partita ritenuta essenziale da Salvini quale lo sblocco delle grandi opere. E il rapporto tormentato con Toninelli, sulla Tav ma non solo, certo non aiuta. Non è da escludere a questo punto che su quel dicastero si concentrino ora le attenzioni della Lega, che potrebbe rivendicarne la guida aprendo così la strada al rimpasto di Governo. Le stesse parole pronunciate da Salvini sono un segnale inequivocabile. Alla domanda «i ministri Toninelli, Costa e Trenta
devono lasciare?», il leader leghista ha risposto: «Non chiedo niente a nessuno: è chiaro che su alcuni settori ci sono problemi perché per difendere l’ambiente
non puoi bloccare un intero Paese. I militari meritano copertura politica totale: ho come avuto l’impressione che non tutti si siano sentiti protetti e tagliare gli investimenti sulla difesa è suicida».

Nel mirino del Carroccio c’è anche il ministero della Difesa della pentastellata Elisabetta Trenta. I rapporti con Salvini sono pessimi e in più occasioni sono stati protagonisti di duri e pubblici botta e risposta. Anche sul tecnico Sergio Costa, ministro dell’Ambiente voluto da M5s, si sono concentrate le ostilitàviste le resistenze su trivelle, inceneritori e anche sulle competenze da trasferire a Veneto e Lombardia nella partita sull’Autonomia regionale. Si vedrà, ma oggi quel 34% conquistato domenica peserà e tanto sul tavolo di Palazzo Chigi.

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