12 anni fa il sisma di magnitudo 6.3

Terremoto 2009, L’Aquila ricorda il sisma con 309 rintocchi di campane e fasci di luce in cielo

Niente fiaccolata per le misure anti-Covid in atto. Ricostruzione fra lentezze ed errori

di Nicoletta Cottone

5' di lettura

L'Aquila ricorda le 309 vittime del sisma che la notte tra il 5 e 6 aprile 2009 colpì il capoluogo d'Abruzzo e altri 56 comuni. Niente fiaccolata per le misure anti-Covid in atto, ma 309 rintocchi di campane e l’accensione di un braciere nei pressi della chiesa, acceso da un vigile del fuoco, Francesca Di Nino. Un vigile del fuoco a testimoniare il grande impegno del corpo nella tragedia, a partire dai salvataggi che in quelle ore si susseguirono. Alle 21 da Piazza Duomo è partito un fascio di luce azzurra verso il cielo: un gesto simbolico, con il dispositivo acceso fino alle ore 3.32, ora della devastante scossa di terremoto che fu registrata nella notte del 6 aprile 2009. Alle 18 si è tenuta, nella chiesa di Santa Maria del Suffragio, una celebrazione liturgica officiata dall’arcivescovo della città dell'Aquila, cardinale Giuseppe Petrocchi, nel corso della quale è stata data lettura dei nomi delle vittime del sisma. Poi il discorso del primo cittadino Pierluigi Biondi. Il prefetto Cinzia Torraco e il cardinale Petrocchi hanno reso omaggio alle lapidi delle vittime del terremoto nella Cappella della memoria situata all’interno della chiesa.

La scossa devastante alle 3.32 del 6 aprile

Dodici anni fa il terremoto dell’Aquila causò 309 vittime, oltre 1.600 feriti, 100mila sfollati e danni stimati per oltre 10 miliardi di euro. Il 6 aprile 2009, la terra trema e coglie gli abitanti nel sonno. Violentissima la serie di scosse: la più forte alle 3.32, di magnitudo di 6.3, devasta la città, distrugge 56 comuni nelle province dell'Aquila, Teramo e Pescara, seminando distruzione e morte. Onna, frazione a est della città, viene rasa al suolo. Solo all’Aquila risultano danneggiati 16mila edifici, di cui 8.700 classificati E, che significa fortemente lesionati. Dunque non agibili. Le 309 vittime sono state ricordate con migliaia di fiammelle accese alle finestre. L’Aquila vive una doppia emergenza, quella creata dal terremoto e quella imposta dalla pandemia. Per questo il rito del dolore si svolge per la seconda volta senza la tradizionale fiaccolata in ricordo delle vittime.

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Quinto sisma più distruttivo in Italia

Da mesi la popolazione era allarmata da continue scosse. Dal 6 aprile in poi si susseguono oltre 35mila scosse, una ogni due minuti e mezzo. L’epicentro tra le frazioni di Roio Colle, Genzano di Sassa e Collefracido (località Colle Miruci a Roio), anche se il sisma si sentì in buona parte dell'Italia centrale. Quello dell’Aquila viene registrato come il quinto terremoto più distruttivo in Italia in epoca contemporanea, dopo il terremoto di Messina del 1908, quello di Avezzano del 1915, del Friuli del 1976 e dell'Irpinia del 1980.

Il sindaco Biondi: «Reimparare a vivere nella normalità»

“Ancora una volta, dopo il 6 aprile di 12 anni fa, oggi dobbiamo fare ricorso alla nostra forza interiore di gente di montagna. Dobbiamo reimparare a vivere nella normalità. Il dolore non ferisce soltanto, ma stimola le nostre risorse più profonde per affrontarlo e viverlo all'altezza di una dignità umana che la storia continua a riscattare tra le pieghe di avvenimenti carichi di orrori ma anche che successi e rinascita», ha detto il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi, intervenendo al termine della Santa Messa nella chiesa del Suffragio, in occasione del 12esimo anniversario del terremoto dell'Aquila. «I nostri cari, sacrificati sotto le macerie, sono diventati parte di noi, testimoni in un dialogo tra anime, di una visione della vita che attraverso la forza del lutto, dell'emozione che scaturisce dal dolore, produce la speranza di apertura al futuro».

Pezzopane: «Soffro le lentezze, le pigrizie, gli errori»

«Lo scorrere dei nomi delle 309 vittime ci riporta inevitabilmente a quel dolore delle terribili prime ore, quando, ignari della dimensione della tragedia, ci adoperavamo per dare sollievo ai nostri cari, se li trovavamo ancora vivi», racconta Stefania Pezzopane, deputata Pd, che il 6 aprile 2009 era presidente della provincia dell'Aquila. «Ora sono in Parlamento - sottolinea Pezzopane - per fare le leggi che mancavano e a modificare quelle sbagliate. Soffro le lentezze, le pigrizie, gli errori. Poi è arrivata anche la pandemia, che non ha rallentato la ricostruzione, ma ha bloccato quelle attività economiche che a L'Aquila erano appena ripartite». Pezzopane ricorda che con «Italia Sicura e il Superbonus 110% è finalmente partito un vero programma di prevenzione antisismica».

I familiare delle vittime: colpiti nel sonno perchè rassicurati

«Quella notte del 6 aprile credo che sia stata identica per tutti: restare a casa nonostante le scosse perché siamo stati rassicurati, molti sono stati colpiti nel sonno, proprio perché si sentivano tranquilli. Ci avevano detto che la terra più ballava e più buttava fuori energia, che non sarebbe mai accaduto un evento catastrofico. Poi invece alle 3.32 è accaduto». Antonietta Centofanti, del Comitato Vittime della Casa dello studente, ricorda così la notte del 6 aprile del 2009. Notte nella quale ha perso il nipote Davide, che frequentava l'Università del capoluogo abruzzese. «Io ho scelto di dare un significato a questo lutto terribile, di farne un'occasione di impegno sul fronte della rivendicazione della sicurezza in tutte le sue declinazioni».

La Casa dello studente, simbolo della tragedia

La Casa dello studente, con otto giovani vittime, diventa il simbolo della tragedia. In prima linea vigili del fuoco e Protezione civile riescono a estrarre vive dalle macerie Marta Valente, 24 anni di Bisenti (Teramo), studentessa di medicina, estratta dopo 23 ore. Poi Eleonora Calesini di 21 anni, di Mondaino (Rimini), dopo 42 ore. Maria D'Antuono, 98 anni, di Tempera (L'Aquila), viene trovata viva dopo 30 ore.

La mamma di una giovane vittima: «I familiari chiedono ancora giustizia»

«É ancora 6 aprile, che come ogni anno torna a squarciarci il cuore e le menti. Per noi familiari delle 309 vittime di quella notte, una notte più buia delle altre, non ci sarà mai una vera alba», sottolinea Maria Grazia Piccinini, avvocato di Lanciano (Chieti), che nel terremoto di 12 anni fa ha perso la figlia Ilaria Rambaldi, di soli 25 anni, laurenda in Ingegneria Edile all'Università dell'Aquila. La giovane studentessa è morta nel crollo della palazzina di via Campo di Fossa, sotto cui sono rimasti sepolti in 27. Insieme alla ragazza è morto il fidanzato Paolo Verzilli. «Per noi - ha detto all’Adnkronos - che siamo stati duramente colpiti dal terremoto, per noi che in quel terremoto del 2009 a L'Aquila, ci abbiamo lasciato i figli, i padri, i mariti, le madri, le mogli, per noi, tutto si è fermato al Venerdì santo. Il nostro Venerdì santo si è prolungato e si prolungherà fino alla fine dei nostri giorni». Con amarezza l’avvocatessa ricorda che i familiari delle vittime sono «ancora nei corridoi dei tribunali a chiedere giustizia, siamo ancora a districarci tra carte, termini, pareri, e forse sentenze».

Comitato 3.32: «La città torni viva»

Accanto a palazzi restaurati convivono ancora case ingabbiate o piene di macerie. E c’è ancora chi vive nei Map, i moduli abitativi provvisori, in attesa della ricostruzione delle loro case. Alessandro Tettamanti, del Comitato 3.32, racconta la sua città. «Il dodicesimo anniversario del terremoto del 6 aprile 2009 - dichiara all'Adnkronos - si contraddistingue innanzitutto per l'istituzione del Parco della Memoria a Piazzale Paoli, luogo centrale massacrato dal terremoto, in cui si sono verificate tante morti, di cui tante morti giovani, purtroppo». Non sarà inaugurato in questi giorni in quanto, per le restrizioni speciali per il Covid, «sarebbero potute essere presenti solo poche autorità e così il Comitato parenti delle vittime ha chiesto che venga inaugurato quando le restrizioni (almeno in questa forma) cesseranno, in modo che sia presente la città». Il oominato chiede di promuovere politiche che puntino a una residenzialità accessibile del centro. «L'intervento pubblico deve garantire che questa città torni viva come era, invece di essere l'effetto di una accelerazione della “gentrification”, quale può essere inteso il sisma.Tutto questo mentre nella periferia, nata per lo più dopo il sisma, dove vive la stragrande maggioranza della popolazione, mancano i servizi più essenziali e il disagio è sempre più forte».


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