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Visioni e ricordi di Pablo Picasso tra le vie della sua Málaga

L’8 aprile ricorrono i 50 anni dalla morte dell’artista, evento che sarà celebrato nei tanti luoghi del mondo dove ha lasciato un segno indelebile. Come la città andalusa dove nacque nel 1881

di Mariateresa Montaruli

Il Centre Pompidou di Malaga

4' di lettura

Destinato a diventare il camaleonte che influenzerà tutta l’arte dopo di lui, Pablo Picasso nasce il 25 ottobre 1881 in una Málaga agricola, ritualistica e religiosa. Il mare Mediterraneo lambiva l’irregolare Catedral, le barche raggiungevano a remi il mercato del pesce di Atarazanas e le “gelosie” in ferro dei balconi oscuravano i salotti della nuova borghesia. Tra mura che furono arabe, Málaga recitava poesia nei cafés cantantes. Picasso, il cognome di origine ligure delle madre, che l’artista assunse rifiutando l’accademismo della pittura del padre, nasce in un palazzotto ottocentesco fuori quelle mura, con tre camere e un salottino affacciati sull’ariosa Plaza de la Merced. In quella piazza cominciò, bambino, a incidere segni nella terra battuta.

La ricostruzione del salotto di casa Picasso nella casa natale dell’artista (foto: M. Montaruli)

Mostrando una vocazione precocissima, iniziò con l’osservare il padre nello studio-colombaia di calle S. Augustin, dove oggi sta nascendo la nuova Biblioteca Comunale. «Il mio primo ricordo di Malaga è la luce», avrebbe poi riferito all’anarchica femminista Mercedes Guillén. Ma dalla città della Costa del Sol il pittore delle continue incursioni in tanti mezzi espressivi se ne andò presto, a 9 anni, per tornarci poche volte in vacanza in una finca di collina.

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La storia lo ritrova nel 1891 adolescente a La Coruña, studente a Madrid, contestatore bohémien a Barcellona, poi pittore affermato a Parigi, già brutale distruttore della bellezza classica. Con il Franchismo cui era ostile, si autoesiliò nel sud della Francia cercando la stessa trasparenza di luce dell’Andalusia affacciata sull’Africa. Guernica, opera commissionata dal Governo Repubblicano per il padiglione spagnolo dell’Expo di Parigi del 1937, ispirata al bombardamento tedesco della città basca, diventa il suo manifesto politico.

Se Picasso poi lascerà la Spagna per non più tornarci, il suo Paese inizierà a riabilitarlo solo dopo il 1975, quando Guernica, morto il dittatore, fa ritorno a Madrid, prima al Museo del Prado, poi al Reina Sofia. Ed è nuovamente la Spagna, con la creazione della Commissione Nazionale per la Commemorazione del 50esimo anniversario della morte dell’artista, (avvenuta l’8 aprile 1973 a Mougins) e in accordo con il Ministero della Cultura francese, a lanciare per il 2023 un programma di 42 mostre ed eventi, 16 tra Málaga, Madrid, Barcellona,La Coruña e Bilbao; 12 in Francia, le altre negli Stati Uniti, in Germania, Belgio, Svizzera, Monaco e Romania.

La statua di Picasso di fronte alla sua casa natale

Evoluta grazie alla siderurgia e all’industria tessile, Málaga oggi è all’avanguardia per il numero di musei, la presenza del Centro de Arte Contemporanea nel quartiere una volta malfamato di Soho, il nuovo teatro e i ristoranti aperti dal malagueño Antonio Banderas. E rivendica le radici dell’arte di Pablo: è nel sud andaluso che prendono forza il tema dei pesci e delle colombe, le chitarre flamenche e la tauromachia. C’è il sud nella disgregazione delle forme, nell’assenza di gravità e di prospettiva, e nella trasparenza di chi da bambino ha visto e toccato il mare.

L’ingresso del nuovo teatro Soho

In questa città di bei palazzotti ottocenteschi, churros e cioccolata, bar à tapas e vino dolce, una ruta picassiana segnalata da nuove targhe non può che cominciare dalla casa natale dell’artista. Una visita in realtà priva di particolare pathos, poiché di originale restano solo i quadri nel riallestito salottino, un calco di gesso trasformato in una Vergine Barocca e l’abito battesimale del piccolo Pablo. Nato nel 1988 come centro di documentazione, il museo ha acquisito nel tempo 800 opere grafiche, tra cui alcuni disegni preparatori delle Demoiselles d’Avignon, oltre a 35 ceramiche e 300 fotografie. In occasione dell’Anno Picassiano, ospiterà la mostra Las Etades de Pablo, che farà dialogare pezzi del museo con opere dell’autore provenienti da altre collezioni.

“Les Demoiselles d’Avignon” in versione arazzo al Museo Picasso di Malaga

Davanti alla casa è collocata la statua di bronzo di Francisco Lopez che ritrae Picasso seduto su una panchina, con un quaderno in mano. Poco lontano, in calle Granada, si trova la chiesa dove fu battezzato e l’asilo, il parvulario che lo vide niño. Il focus della ruta picassiana è però il Museo Picasso di calle S. Agustin, aperto nel 2003 con una cospicua donazione di Christine, moglie dello scomparso figlio Paul. In stile rinascimentale-mudéjar, quello che un tempo era Palazzo Buenavista raccoglie intorno al chiostro 12 sale con 233 opere realizzate dall’artista nell’arco di 80 anni, e con 200mila biglietti l’anno è il museo più visitato dell’Andalusia. «In 20 anni abbiamo mostrato più di 1550 opere - afferma il direttore José Lebrero - . L’allestimento cronologico pensato per tutto il corso di quest’anno parla più facilmente al grande pubblico, mostrando le continue metamorfosi del pittore»: gli anni di formazione, la rottura con i volumi e la prospettiva, il ritorno al classicismo, i passaggi dal Cubismo al Surrealismo, l’ossessione per il Minotauro, l’influenza delle donne-musa come Marie Thérèse Walter, Dora Maar, Jacqueline Roque. All’Anno Picassiano sono consacrate anche le mostre Picasso: materia y cuerpo, destinata poi al Guggenheim di Bilbao, ed El eco de Picasso. A dimostrare che la sua influenza sull’intera arte contemporanea non si spegne. Né la ricerca, nelle sue 20mila opere, del suo Sud.

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