Politica interna
Di Maio: il governo senza di noi è un insulto. Il Corriere della Sera: Il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio alza il tiro: «Un governo senza di noi sarebbe un insulto alla democrazia». Mentre il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, si augura che il nuovo esecutivo sia «al servizio della gente», tra i partiti si moltiplicano i segnali sulla presidenza delle due Camere: una andrebbe al Movimento, l’altra al centrodestra. E se non ci fossero alternative, una possibile soluzione per il governo – ventilata anche dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli – sarebbe quella di un esecutivo di transizione. La possibilità di appoggiare uno dei due vincitori delle elezioni, i 5 Stelle o il centrodestra, comunque esiste, e viene discussa sottovoce nel Pd. Ma come condizione avrebbe quella di una rimodulazione pubblica, dunque parlamentare e ufficiale, di alcuni tratti del programma. Di Maio – si può sempre leggere sul Corriere – parte da alcuni punti fermi. E cioè che il Movimento «è determinante: un governo senza di noi non si può fare, tutti dovranno parlare con noi. A meno che, e sarebbe un clamoroso insulto alla democrazia e ai cittadini, non decidano di fare un governo di tutti contro di noi. Ma in questo caso – aggiunge echeggiando una vecchia frase di Matteo Renzi – prepariamo i pop corn perché sarebbe la loro fine». L’altro punto fermo è che il premier deve essere lui. Quanto al resto, si può discutere. Sulla squadra di governo, che potrebbe essere integrata da alcuni ministri tecnici e non in posti chiave. E sul programma. Tanto che Di Maio annuncia: «Partiremo dai temi e su quelli siamo pronti a discutere. La prima occasione utile sarà il Documento di Programmazione Economica e finanziaria, da presentare entro il 10 aprile. Stiamo preparando una nostra proposta che renderemo nota nei prossimi giorni».
Sfida nel Pd/M5S. Repubblica: “Un mese per dare forma al Def. Tra Di Maio e Salvini è già braccio di ferro per infilare nel documento qualcuna delle promesse agli elettori. Dalla banca di Stato per il credito alle imprese del M5S, all’abolizione della legge Fornero della Lega. Renzi riunisce i suoi in vista della direzione del Pd di domani. Località top secret per evitare fughe di notizie, quasi certamente lontano dal Nazareno. Nel menù, le strategie per pianificare la riscossa del renzismo. E per contarsi in vista della battaglia campale sui capigruppo. Ci saranno Luca Lotti, Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi, i reggenti del capo sfregiato dalla sconfitta. Non Graziano Delrio, che è sfumatura moderata e un po’ critica di questa galassia. L’unica incognita è la presenza al summit di corrente del segretario dimissionario. Deciderà oggi stesso. E potrebbe anche rimandare l’incontro a lunedì mattina. Intanto, sempre il leader continua a far sapere di non voler partecipare alla direzione nazionale. «Mando Martina. Mi rivedranno all’assemblea di aprile». C’è però chi intorno a lui giura che all’ultimo potrebbe presentarsi”. Sempre Repubblica: “Domani la Direzione chiarirà l’iter, ratificando le dimissioni di Matteo Renzi e affidando la reggenza temporanea al vice segretario Maurizio Martina. In attesa della grande scelta. Di certo l’opzione Graziano Delrio come segretario-traghettatore da eleggere nell’Assemblea dei mille tra un mese o poco più, va forte. D’accordo è Dario Franceschini, che è stato maggiore azionista del renzismo, esperto di trattative e mediazioni. Ma anche Martina spera di restare in partita”. La Stampa sul fronte grillino: “Se vogliamo essere considerati credibili per guidare l’Italia e gestire il bilancio dello Stato non possiamo mostrare di avere paura di una Olimpiade”. La svolta – l’ultima svolta – pragmatica, governista, del Movimento 5 Stelle sta nel ragionamento con cui venerdì sera, stando alle ricostruzioni di alcuni dei presenti, Beppe Grillo ha di fatto soffocato l’ala dura e pura dei Cinquestelle torinesi che da giorni stava mettendo in croce Chiara Appendino, intenzionata a scoprire le carte del Cio e valutare una possibile candidatura ai Giochi 2026. L’ha fatto intervenendo al telefono durante l’assemblea di eletti e attivisti convocata dalla sindaca di Torino per sciogliere l’impasse che da giorni logorava il Movimento e decidere se tentare la corsa olimpica o rinunciare subito. Grillo, non Luigi Di Maio”.
Economia e finanza
Tutti contro tutti sul Def. Repubblica: “Continua il braccio di ferro sul Def, il documento cui sono affidate le sorti della politica economica del prossimo triennio. Dopo il pressing di venerdì di Cinque Stelle e Lega per condizionare i contenuti del Documento di economia e finanza, e la reazione del Tesoro che ha scelto di consegnare al Parlamento un documento “neutrale” e squisitamente “tecnico”, ieri grillini e centrodestra sono tornati alla carica facendo capire che non accetteranno un documento a scatola chiusa dal governo. Di Maio ricordando che senza M5S il Def “non si fa” in quanto “determinate” per l’approvazione in Parlamento del Documento e Brunetta (Forza Italia) proponendo di utilizzare il Def come un “incubatore di maggioranza” e un terreno di dialogo con Pd e M5S. Percorsi e ipotesi che non stanno nella linea del governo, seppure in carica per il disbrigo di affari ordinari, che invece è intenzionato a presentare un Def “tecnico”, come ha fatto sapere Padoan nei giorni scorsi, come ha avallato il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e come ha ricordato il vice ministro per l’Economia Morando ieri”. C’è tempo fino al 10 aprile e i tempi per la composizione del nuovo governo rischiano così di creare un nodo di difficile soluzione per la politica economica. Il viceministro Morando intervistato dal Mattino: «Partiamo da una premessa. Nel Def ci sono tantissime pagine ma alla fine quelle fondamentali sono due: la prima contiene la tabella di finanza pubblica a legislazione vigente per il prossimo triennio. La seconda la tabella per il triennio successivo. E’ evidente che il nostro governo non è in grado di elaborare la seconda tabella (…) non abbiamo una maggioranza che ci possa sostenere in Parlamento (…) Allora il governo Gentiloni, che pure per il lavoro svolto in questi mesi potrebbe indicare un programma completo per il Paese nel Def, dovrà limitarsi alla prima tabella (…) Il resto, il quadro del triennio successivo cioè, toccherà a chi verrà dopo di noi». Si segnala poi Tajani in una intervista a Il Messaggero. «Fi onora i patti, la Lega ha preso più voti». E ancora: «Il vincolo del 3% non è un tabù ma la flessibilità non va usata per il reddito di cittadinanza». Le alleanze? Per Tajani ci sono passaggi obbligati: «Anche il capo del Carroccio manda segnali al Pd, aspettiamo il confronto interno ai democrat».
Previdenza/Titoli di Stato/Sud. Il Sole 24 Ore: “I contratti di lavoro nazionali potranno prevedere anche misure di welfare “concordato”. L’intesa di venerdì scorso tra Confindustria e sindacati sulla contrattazione collettiva apre ampi spazi per previdenza integrativa, sanità, istruzione. L’obiettivo è rilanciare la produttività. Novità su industria 4.0: il regolamento sulla formazione estende il bonus anche a chi non ha investito in macchinari”. Sempre sul Sole oggi l’inchiesta: “Dalla crisi dello spread, a fine 2011, ad oggi il debito italiano è cresciuto di circa 350 miliardi, più del 18%. Ma gli investitori non lo percepiscono più come un pericolo, come dimostrano i tassi di interesse pagati sui BTp. Uno dei motivi determinanti di tale tranquillità, oltre all’intervento della Bce, è che gran parte del debito è in mani italiane mentre allora era soprattutto in portafogli stranieri. Inoltre la durata media è salita a 7 anni. Si riduce, così, la vulnerabilità alla speculazione”. La Stampa: “Nel Mezzogiorno si inverte la tendenza che vedeva gran parte dei giovani imprenditori trasferirsi al Settentrione. Dalla Campania alla Sicilia, sono sempre di più le persone che scelgono di ritornare, grazie agli aiuti statali o semplicemente per la voglia di cambiare”. La rete: “Le storie sfuggono ai dati che fotografano ancora un esodo dal Sud al Nord. Intanto è nato il network dei migranti di ritorno. Sono laureati che ritrovano le loro radici con idee e progetti: ‘Qui per dare un futuro alla nostra terra'”.
Politica estera
Dazi Usa, scontro con la Ue. Il Corriere della Sera: “Si accende lo scontro Washington-Bruxelles sui dazi. Trump attacca con un tweet: prima abbassate le tariffe voi, altrimenti noi tasseremo le auto. Ma intanto l’Unione Europea chiede di essere esentata: noi siamo alleati degli americani. Il presidente francese Macron cerca la mediazione”. Sempre il Corriere ma questa volta sul rapporto con la Corea. Si legge: “Prove di dialogo. II presidente americano Donald Trump scommette su Kim Jong-un. «Mi fido di lui», dice. Ma anche dopo la proposta di un incontro arrivata per lettera dal dittatore della Corea del Nord, i consiglieri della Casa Bianca restano scettici: non si farà”.
Lo sguardo degli analisti sull’Italia. L’ex ideologo di Trump, Steve Bannon, auspica l’alleanza tra Salvini e Di Maio: «Il mio sogno è di vederli governare assieme», riporta La Stampa. “La flat tax in Italia funziona, la sua applicazione incentiverebbe lavoro, risparmio e investimenti agevolando l’afflusso di capitali stranieri nel Paese. Nel frattempo evasione e corruzione sarebbero abbattute”. Alvin Rabushka è un esperto di economia e politica della Hoover Institution alla Stanford University, una vita professionale, la sua, dedicata allo studio della tassazione. E’ considerato il padre nobile della flat tax che troverebbe opportuna applicazione anche in Italia, come lui stesso ha spiegato nei suoi colloqui con Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. La Stampa lo intervista.