EUROPEE 2019/ Viste dagli Usa: “Salvini deciderà con noi le sorti del governo”

- int. Andrew Spannaus

“Salvini non andrà negli Usa per staccare la spina al governo. Dall’anno prossimo però tutto può succedere”

iran trump coronavirus Donald Trump (LaPresse)

Salvini pensa già al prossimo consiglio dei ministri; Di Maio affronta la conferenza stampa con il volto terreo di chi ha perso 6 milioni di voti. Sono due i fronti aperti secondo Andrew Spannaus, giornalista, fondatore di transatlantico.info e consigliere delegato dell’Associazione stampa estera di Milano. Il primo è quello interno del governo, dove M5s, dietro la pressione di Salvini, dovrà cambiare in “sì” molti dei suoi “no”. Il secondo è quello estero: in Europa l’Italia è isolata, ma può trovare alleanze. Consolidando, innanzitutto, quella con gli Stati Uniti. “Salvini non va a a Washington per avere il via libera a far cadere il governo” dice Spannaus al Sussidiario, perché prima occorre affrontare la battaglia d’autunno. “Nel 2020, invece, tutto può succedere”.

Lei aveva previsto che la Lega sarebbe arrivata al 32%, nonostante la campagna politica e mediatica contraria. Su quali basi?

Salvini è stato abile nella comunicazione, è riuscito a calibrare il messaggio, trasmettendo stabilità e continuità, e concentrandosi sui punti programmatici del suo partito. Di Maio invece, nonostante l’aiuto delle inchieste, ha comunicato un’immagine di assedio finale e dunque di disperazione.

Quanto hanno pesato le inchieste della magistratura?

Hanno investito diversi partiti, da Forza Italia alla Lega, lambendo il Pd e risparmiando di fatto M5s. Però in una fase anti-establishment come quella che c’è adesso in Italia, non hanno avuto lo stesso effetto che ci si poteva aspettare o che qualcuno si aspettava.

Perché gli italiani hanno dato il 34,3% delle preferenze alla Lega di Salvini?

Chiedono un cambiamento deciso rispetto all’Europa. Se sommiamo tutti i partiti eurocritici arriviamo al 59,6%. Lega 34,33%, M5s 17,07%, FdI 6,46%, Sinistra italiana 1,74%.

È sicuro di poter mettere nella somma anche i 5 Stelle?

I loro elettori sono certamente eurocritici, non dimentichiamoci che nel marzo 2017 Di Maio aveva lanciato l’idea di un referendum consultivo sull’euro. Difficile pensare che ora siano tutti pro-Ue, mentre questo non è affatto chiaro per quanto riguarda la leadership del partito. Potrebbe essere una delle ragioni della sconfitta.

“Vince bene da noi Salvini dove è primo. Ma si votava per il Parlamento europeo e la sua alleanza sovranista lì (…) arriva sesta. Coi suoi alleati rappresenta il 7% in Europa”. Lo ha scritto l’ex premier Enrico Letta.

Mi pare l’espressione di uno wishful thinking. I dati non dicono questo. In tre (Regno Unito, Francia, Italia) dei quattro più importanti paesi europei gli euroscettici sono il primo partito, in Germania la Cdu-Csu perde 8 punti, l’Spd perde 12 punti, i Verdi non sono sovranisti ma criticano l’austerity. Dunque la protesta non viene da una parte sola e usare il termine “sovranismo” per ricacciare a destra gli oppositori dell’Ue non ha più senso. Se l’Europa degli Stati fondatori esprime ancora una forte volontà di cambiamento rispetto all’establishment che la governa, per quanto questo possa reinventarsi, vuol dire che per sopravvivere l’Europa deve voltare pagina.

Intanto la Commissione sta prendendo decisioni importanti, politiche, come dimostra la lettera sul debito attesa venerdì. Non solo. Inizierà presto il risiko delle nomine. Il governo italiano è isolato?

In questo momento sì. Le forze emergenti non possono pretendere di vincere tutto, d’altra parte le élites europee non possono nemmeno pretendere che i cosiddetti populisti abbassino la testa, perché oggi sono più forti che in passato. La domanda che resta aperta è: ci sarà un dialogo vero oppure l’eurocrazia tenterà ancora di imporsi?

Lei cosa risponde?

Sarebbe un grave errore se gli eurocrati decidessero di soprassedere, senza rivedere le politiche recenti e gli errori compiuti.

Salvini l’8 giugno sarà negli Stati Uniti. Qualcuno ha già ipotizzato che il viaggio serva unicamente per avere il via libera a far cadere il governo. È così?

Non immediatamente. Salvini, come ha dichiarato, insisterà per trasformare alcuni “no” di M5s in “sì”, dimostrando che il governo può funzionare. Di certo il tema della premiership di Salvini non si porrà al suo rientro dagli Usa. Non il giorno dopo.

Dunque è a questo che si sta lavorando.

La mia personale previsione è di due anni di governo gialloverde. Ripeto, ora l’intento di Salvini è far pesare il suo successo. Poiché i numeri in Parlamento non sono cambiati, non sarà facile. Si tratterà per M5s di decidere che cosa concedere alla Lega per far funzionare il governo senza provocare una rottura.

“Sarà un periodo economico complicato” ha detto lunedì notte Salvini in conferenza stampa.

L’Italia è in una situazione difficile perché con la manovra dell’anno scorso il governo ha barattato una politica moderatamente espansiva con l’innesco delle clausole di salvaguardia. Anche quest’anno ci sarà una sfida con l’Ue e sarà molto dura. Il governo dovrà trovare soluzioni non restrittive e finalizzate a fare più investimenti. Una sfida che si pone anche agli altri partiti italiani.

In che senso?

Dovranno scegliere se collaborare al cambiamento oppure se stare con l’austerity solo per andar contro Lega e 5 Stelle. Nuocerebbe a tutti perché se l’Italia non cresce, non cresce per nessuno.

Secondo lei l’Iva aumenterà?

Tendo a pensare di no, ma non si può escludere.

Con la sospensione da parte di Google delle forniture di software a Huawei lo scontro Usa-Cina è diventato molto duro. Come dovrebbe collocarsi l’Europa?

Dovrebbe prendere una posizione chiara e ferma sui suoi rapporti con la Cina. Ma l’Europa è divisa, dovrebbero esprimersi i governi. L’America dal canto suo ha capito benissimo che Francia e Germania non sembrano avere alcuna intenzione di autolimitarsi nelle relazioni con Pechino. Questo aumenta la diffidenza e le frizioni.

E per quanto riguarda l’Italia?

Al governo italiano converrebbe riposizionarsi, in modo da risultare alleato stretto degli Usa pur intrattenendo rapporti con la Cina.

(Federico Ferraù)





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