Non toccate i bambini

L'editoriale

Firenze, 5 agosto 2018 - Non toccate i bambini. E’ il monito severo di Gesù. L’avrà ovviamente letto il Vangelo e meditato don Paolo Glaentzer, che svolgeva la funzione di amministratore nella parrocchia di San Rufignano a Sommaia di Calenzano, il prete che ha fatto inorridire stando ai gravissimi fatti che gli sono stati contestati. Il pedofilo è di per se stesso una sciagura, figuriamoci quando lo è un prete. Il fattaccio è noto. La giustizia dovrà fare il suo corso, fare chiarezza fino in fondo per dare una risposta adeguata, ma davvero adeguata, a chi si è macchiato di tale scempio. L’ultimo caso, in ordine di tempo, di un lungo elenco, purtroppo. Ma il caso non può essere liquidato solo come un fatto di giustizia: quella degli uomini intendiamo, perché poi c’è quella di Dio che pesa, ancor di più, su una coscienza di un sacerdote. E’ un caso che chiama la società non solo a riflettere ma a vigilare di più e ad agire. Forti devono essere i segnali e le azioni, innanzitutto della comunità ecclesiale nel segno di quanto fortemente voluto da Papa Francesco contro i preti pedofili.

La Chiesa deve mobilitare tutte le sue forze e attivare tutti i controlli possibili attraverso i suoi organi perché la piaga va combattuta, emarginata, eliminata e soprattutto prevenuta. La Chiesa deve essere capace e avere la forza, non solo di recepire segnalazioni e denunce, ma anche di essere più sensibile e attenta ai malesseri delle comunità dei fedeli. E deve essere nella condizione di rompere eventuali resistenze che poi hanno un solo nome: omertà. Ma prevenire significa andare più a monte, all’origine. Il calo di vocazioni non può indurre ad abbassare la guardia nella selezione di coloro che entrano in seminario. E comunque chi dal seminario esce per esercitare il ministero deve possedere tutti i requisiti per essere quello che si dice un buon pastore per tutti i suoi fedeli. Il ministero sacerdotale non è un mestiere, è e deve restare una vocazione. E se ce l’hai devi essere alla sua altezza, possedere tutti i requisiti e le virtù opportune e necessarie. La severità si impone anche ai preti che non appartengono alla Diocesi ma che vengono da altrove. Il cardinale e arcivescovo Giuseppe Betori ha espressso concetti forti e condivisibili: «Deprecati questi ripugnanti comportamenti la diocesi ribadisce il dovere della ricerca della verità, l’attenzione e la cura per la vittime, l’impegno a evitare ogni reiterazione dei reati, la salvaguardia delle comunità, la fiducia nel clero». Si poteva evitare che accadesse? Si può evitare che possa accadere ancora? Ecco perché non bisogna fermarsi a riflettere ma mobilitarsi.