30 settembre 2017 12:44

L’incontro, che si è tenuto oggi al Teatro Nuovo, parte da una riflessione sul linguaggio, spesso scorretto e impreciso, utilizzato dai media per parlare dell’universo trans e sui contesti stereotipati in cui viene inserito, come quelli relativi alla cronaca nera, la violenza o la prostituzione. Cassandro chiede alle ospiti come la scrittura le abbia aiutate a trovare nuovi termini e nuovi riferimenti. Juliet Jacques, trans britannica, ha scelto di raccontare la sua esperienza con uno stile particolare, che alterna descrizioni molto private e autoironiche a riflessioni politiche e sociali più generali. Trans: A Memoir, edito da Verso Books nel 2016 ma ancora non disponibile in italiano, racconta del suo intervento di riassegnazione sessuale da uomo a donna e della successiva convalescenza. L’AntoloGaia di Porpora Marcasciano, di recente ripubblicazione, è invece un’autobiografia sugli anni Settanta e le battaglie del movimento gay, lesbico e trans. Ma si tratta soprattutto di una biografia corale e politica.

Secondo Porpora, “scrivere è riprendere una narrazione che a noi è stata negata e che si è svolta solo in questi ultimi quarant’anni. L’esperienza trans è stata sempre vista dagli altri, che ci hanno battezzati e reso avulsi dagli specifici contesti. Le storie di tutte le trans del mondo erano identiche: come se fossimo osservate in laboratorio”. Pur appartenendo a un diverso momento storico, quello della Gran Bretagna degli anni ’90, anche nella percezione di Juliet Jacques “le persone trans venivano analizzate con termini stabiliti da altri: diversità, isolamento, interventi chirurgici, cure ormonali, ecc. Non che non fosse vero, ma era un cliché, non ci dava l’idea del quotidiano. Ed è questo che io invece ho voluto catturare”. Per la scrittrice britannica è stato poi importante fornire una sfumatura politica, perché quando ha iniziato nel 2010 il suo blog per il Guardian (“A transgender journey”, da cui ha tratto il Memoire) “questa tematica, pur essendo considerata di sinistra, riceveva in realtà scarsissima attenzione”.

L’interesse per le domande poste dal dibattito tra le persone trans ci fa interrogare su cosa significa essere maschio o femmina e su come aderire ad un certo stereotipo ci influenzi per tutta la vita. Secondo Porpora “dobbiamo smantellare il binarismo tra femminile e maschile, tra il rosa e il celeste: vedetela più come il filo di un equilibrista, teso tra questi due colori. Con tutte le sfumature che si trovano in mezzo. Si tratta di percorsi complessi e il comune denominatore è sentirsi non conforme a quella casellina sulla carta d’identità.” Ed per tutti importante ripercorrere allora quei momenti in cui costruiamo la nostra identità di genere, cosa da bambini ci è stato detto di non fare, di non dire, di non essere. Perché è così che impariamo ad agire in un certo modo e a giudicare gli altri di conseguenza. “Smantellare questo, prima che si radichi profondamente in una persona”, sottolinea Juliet, “rappresenta l’importanza del lavoro di Lisa con i giovani”.

Il suo romanzo L’arte di essere normale, uscito il 20 Aprile 2017 per le edizioni Hot Spot – Il Castoro, parla di un adolescente trans e delle difficoltà di questo periodo per tutti così delicato e problematico. Lisa Williamson per molti anni ha lavorato a contatto con adolescenti LGBTQ per il “Gender Identity Development Service” in Gran Bretagna, un servizio sanitario per i minori che faticano a riconoscere la propria identità di genere. Ma come hanno cambiato i media digitali, in particolare i social network, le esperienze dei giovani trans contemporanei, rispetto a quelle delle generazioni precedenti? “Sicuramente ho riscontrato un maggiore livello di consapevolezza nelle scuole sul fenomeno del bullismo, proprio perché se ne parla di più e questo è un bene”, ritiene Lisa. “Abbiamo anche bisogno di più libri nei quali i ragazzi si possano riconoscere: tante storie diverse per una migliore capacità di contrastare le reazioni negative.”

Un’evidente conseguenza dell’eccessiva disponibilità di informazioni su internet è che anche persone molto giovani hanno una conoscenza, magari molto minuziosa, ma solo degli aspetti superficiali della questione; conoscono quindi nel dettaglio l’intervento chirurgico o i trattamenti farmacologici, ma non comprendono altrettanto bene i contesti e i risvolti che accompagnano la riflessione sull’essere trans. E se le maggiori possibilità di interagire con persone che stanno affrontando esperienze simili contribuisce sicuramente a ridurre il senso di isolamento ed emarginazione, il rovescio della medaglia è il cyber-bullismo. “Credo che la lettura dei libri sia fondamentale”, sostiene Porpora Marcasciano; “se non c’è una formazione dietro, il social diventa unicamente un’arma letale in mano a un bambino”.

Più in generale, l’impennata attuale di omicidi ed episodi violenti sulle persone trans nel nostro paese, significa, secondo la presidente del MIT, “che le vittorie ottenute finora dal movimento LGBT, per quanto evanescente esso sia oggi in realtà, non devono mai essere date per scontate. E questo riguarda anche gli episodi di violenza sulle donne. Parte del femminismo potrà non condividere questo parallelismo, ma è una lettura che invito a fare”.

Quello che emerge inoltre dal confronto tra le ospiti è che la maggiore visibilità nei media del mondo trans, secondo Daniele Cassandro grazie soprattutto alla pubblicità e a serie TV come Sense8, non ha necessariamente implicato un approfondimento del dibattito nell’opinione pubblica. Così come non ha ancora fornito alle stesse persone trans strumenti sufficienti per un nuovo sviluppo della riflessione sulla propria identità. “A mio avviso abbiamo perso le coordinate”, conclude Porpora Marcasciano, “e per questo non so davvero dire in che direzione stiano cambiando le cose: decido giorno per giorno se in meglio o in peggio”.

Alice Pelucchi, studentessa del Master di Giornalismo e Comunicazione scientifica dell’Università di Ferrara, volontaria all’ufficio stampa del festival

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