La condanna delle moderne eresie

Nessuno si salva con le proprie forze e nessuno si salva da solo. A 18 anni dalla pubblicazione della dichiarazione “Dominus Iesus“, documento della Congregazione per la dottrina della fede allora guidata dal cardinale Ratzinger, esce un nuovo documento dell'ex S. Uffizio, “Placuit Deo” su “alcuni aspetti della salvezza cristiana” che in sostanza condanna gli “aggiornamenti” due antiche eresie, il pelagianesimo e lo gnosticismo. Forme nuove, come ha sottolineato il prefetto della “Suprema”, l'arcivescovo Ladaria Ferrer, perché c'è “differenza tra il contenuto storico odierno secolarizzato e quello dei primi secoli cristiani”.

In cosa consistono queste due eresie? “Nei nostri tempi prolifera un neo-pelagianesimo per cui l’individuo, radicalmente autonomo, pretende di salvare sé stesso, senza riconoscere che egli dipende, nel più profondo del suo essere, da Dio e dagli altri” ha spiegato mons. Ladaria; dall’altra parte, “un certo neo-gnosticismo presenta una salvezza meramente interiore, rinchiusa nel soggettivismo. Si pretende così di liberare la persona dal corpo e dal cosmo materiale, nei quali non si scoprono più le tracce della mano provvidente del Creatore, ma si vede solo una realtà priva di senso, manipolabile secondo gli interessi dell’uomo”. L'arcivescovo ha ricordato che “la presente lettera vuole affrontare queste tendenze riduzioniste che minacciano il Cristianesimo odierno e ribadire che la salvezza, secondo il disegno d’Alleanza del Padre, consiste nella nostra unione con Cristo”.

“Non solo l’anima, ma anche il corpo brama la salvezza” ha sottolineato Ladaria. L'obiettivo ultimo della Lettera, perciò, è “aiutare i fedeli perché prendano ulteriore coscienza della loro dignità di 'figli di Dio'. La salvezza non può ridursi semplicemente a un messaggio, a una prassi, a una gnosi oppure a un sentimento interiore. Come ha scritto Benedetto XVI (nell'enciclica “Deus Caritas est”, ndr): 'All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva'”.

Dal canto suo, mons. Giacomo Morandi, segretario della Congregazione, ha sottolineato gli aspetti ecclesiologici della Lettera, nata dopo la richiesta di chiarimenti di diversi teologi rispetto ai contenuti della “Dominus Iesus”. Una genesi lunga, terminata con la sessione plenaria della Congregazione, svoltasi dal 23 al 26 gennaio scorsi che ha portato all'approvazione il 16 febbraio da parte del Santo Padre, che aveva dato impulso, con il suo magistero, alla redazione di questo documento. Mons. Morandi ha messo in evidenza la parte della “Placuit Deo” in cui si ribadisce che “il luogo dove riceviamo la salvezza portata da Gesù è la Chiesa“.

E proprio su questo aspetto si sono soffermate le domande durante la presentazione nella sala stampa, perché già la “Dominus Iesus” aveva creato non poche polemiche e incomprensioni nel dialogo ecumenico. “La Chiesa si sforza di annunciare il Vangelo, la vera Buona Novella della Salvezza, a tutti gli uomini. Collega questo annuncio con la disponibilità a stabilire un dialogo sincero e costruttivo con i credenti di altre religioni” ha detto mons. Morandi nel suo intervento. “Questo documento – ha spiegato mons. Ladaria – non intende rispondere a questioni in campo ecumenico” mentre “insiste di più su ciò che è la salvezza cristiana. Questo è lo scopo, come si evince fin dall'introduzione in cui è scritto che 'l’insegnamento sulla salvezza in Cristo esige di essere sempre nuovamente approfondito”. “Occorre riscoprire – ha aggiunto il segretario – il fascino di appartenere a Cristo e alla Chiesa. Nessuno è al riparo dal rischio di riduzioni dell'esperienza di fede”. Il prefetto ha poi spiegato, rispondendo a una domanda, che “parlare di 'superiorità' della Chiesa cattolica è inappropriato”. Citando la Lumen Gentium, mons. Ladaria ha ribadito che la salvezza sussiste nella Chiesa cattolica ma “si trovanotanti elementi di salvezza in altre confessioni” che la Chiesa “riconosce volentieri, senza alcuna costrizione”.