21 Dic 2018

USA-Cina: sarà tregua?

2019: Il mondo che verrà

L’incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e Donald Trump al G20 di Buenos Aires tenutosi a novembre ha comportato una sorta di sospensione di tre mesi sull’imposizione di ulteriori dazi sulle merci esportate dalla Cina verso gli Stati Uniti. Questo nonostante i timori di molti per l’introduzione di dazi su oltre 200 miliardi di beni, dazi che sarebbero saliti a oltre il 20% con l’anno nuovo.

L’accordo raggiunto al G20 tra Cina e Stati Uniti è una tregua temporanea. Le questioni di fondo restano, e non basterà una serie di riunioni a cambiare la situazione. L’economia cinese è ora pari a circa il 70% di quella statunitense in termini lordi. Al suo apice, quella giapponese negli anni Ottanta raggiungeva il 64%. Ancora prima, quando l’Unione Sovietica era la seconda potenza mondiale, il suo peso relativo era di gran lunga inferiore. Sono in molti a pensare che il periodo in cui l’economia del maggior concorrente si aggira tra l’80 e il 120% della propria sia la fase di massimo pericolo. Questo fenomeno è ben noto tra commentatori, accademici e funzionari cinesi. Sanno che la Cina sta entrando nell’era della grande sfida strategica nella concorrenza con gli Stati Uniti. Forse ciò che non si aspettavano, ma che ora è chiaro, è che il periodo difficile sarebbe arrivato così in fretta.

Una questione strutturale, che rimanda alla classica “trappola di Tucidide” in cui una potenza dominante pensa a come affrontare i suoi contendenti nel tentativo di avere la meglio – e che non ci lascerà a breve. Gli Stati Uniti di oggi guardano a una Cina che ha fatto progressi di gran lunga maggiori di quanto ci si aspettasse non solo dal punto di vista economico ma anche in campo tecnologico. In passato, i cinesi hanno parlato del periodo dal 2000 in poi come di un’opportunità strategica, in cui l’America era distratta da problemi in Medio Oriente e altrove. Ora, che piaccia o no, Pechino ha l’attenzione totale di Washington. E per molti intorno a Trump, dal suo consulente per la sicurezza Bolton al suo consulente economico Navarro, questo momento è un’opportunità strategica per affrontare la Cina prima che diventi troppo potente, troppo dominante, e che cominci a costruirsi un reale vantaggio tecnologico.

La Cina si è trovata in questa situazione difficile per due ragioni: una esogena e l’altra più interna. In primo luogo, il continuo impatto della crisi finanziaria del 2008 e le disuguaglianze e gli stress che ha posto sulle economie sviluppate hanno avuto l’effetto politico di portare al potere i populisti, che si nutrono di risentimento pubblico e cercano capri espiatori. Trump è un esempio di questo tipo di nuova politica. E da ben prima che fosse eletto, uno dei pochi aspetti coerenti della sua ideologia è stata una visione della Cina come concorrente con cui bisogna avere a che fare per ottenere risultati più equi. La seconda ragione deriva direttamente dal successo della Cina – e cioè il suo essere cresciuta molto di più, più rapidamente e con maggiore avanzamento tecnologico di quanto ci si potesse aspettare. La Cina è intrappolata tra queste due forze – la rapida scomparsa dell’appeasement e l’inizio della percezione di una Cina avversaria dell’Occidente da un lato, e la sua stessa rapida ascesa geopolitica che la rende molto più visibile ed esposta dall’altro.

Proprio come un adolescente non cresce all’improvviso, così un paese che un tempo era relativamente marginale e isolazionista non può diventare un attore internazionale a pieno titolo nel giro di pochi mesi o anni. Il compito della Cina è reso ancora più difficile dal fatto che il suo modello politico la distingue da quasi tutte le altre potenze, in particolare da quella che, al momento, è più grande e sviluppata. In fondo, a contrappore maggiormente la Cina agli Stati Uniti non è la sua peculiarità culturale ma i suoi valori e il suo sistema di governance profondamente lontani da quelli di molti. 

Questi problemi strutturali non saranno facili da affrontare. Per molti versi, lo scontro commerciale è semplicemente un segnale di problemi più profondi. Per poterli affrontare saranno necessari profondi riallineamenti e trasformazioni sia da parte cinese, sia da parte statunitense, e probabilmente da parte di entrambe. Non sarà facile, soprattutto considerate loro enormi differenze filosofiche e culturali. C’è solo da sperare che ci si riesca, per via dell’importanza delle relazioni Washington e Pechino.

Il 2019 vedrà probabilmente un’intensificazione dello scontro commerciale, a meno che la Cina non decida di scendere a compromessi e aprire i suoi settori più protetti, dalle telecomunicazioni alla finanza e alla tecnologia. Questi cambiamenti comportano un rischio sia economico che politico ed è improbabile che Pechino, sotto la leadership altamente controllata e centralizzata di Xi, abbia la volontà o la capacità di intraprenderli. La Cina rischia di diventare più isolata, perché i paesi nella sua regione e nel resto del mondo sanno di non poter mettere a repentaglio l’alleanza con gli Stati Uniti, nonostante l’importanza che Pechino ha per loro dal punto di vista economico. Il 2019 sarà probabilmente l’anno in cui il mondo si rassegnerà a relazioni travagliate e spesso conflittuali tra Stati Uniti e Cina: si può solo sperare che le tensioni tra i due paesi siano gestite nonostante la continua competizione. Per essere risolti, i problemi strutturali sopra descritti dovrebbero essere prima affrontati.

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