7 Dic 2022

Xi in Arabia Saudita: la Cina sbarca in Medio oriente

Xi Jinping arriva in Arabia Saudita per “rinsaldare le relazioni” con i paesi del Golfo. Il presidente cinese più di 30 leader della regione. Preoccupazione a Washington: ma con gli Usa sempre più lontani, il Medio Oriente non disdegna la corte di Pechino.  

Xi Jinping arriva in Arabia Saudita per “rinsaldare le relazioni” con i paesi del Golfo. Il presidente cinese più di 30 leader della regione. Preoccupazione a Washington: ma con gli Usa sempre più lontani, il Medio Oriente non disdegna la corte di Pechino.  

Xi Jinping torna prepotentemente protagonista nella scena internazionale. Dopo oltre due anni di isolamento dovuti alla pandemia, negli ultimi mesi il leader cinese ha partecipato in presenza a diversi incontri multilaterali e bilaterali per rafforzare le relazioni estere cinesi. Dopo il G20 in Indonesia e il summit APEC in Tailandia, oggi Xi è in visita in Arabia Saudita, a dimostrazione dell’impegno profuso da Pechino negli ultimi anni per diventare un attore protagonista nel Golfo. Ricca di risorse fossili, la regione svolge un ruolo cruciale per il futuro la diversificazione energetica della Cina. Inoltre, il crescente malcontento nei confronti degli Stati Uniti e dell’Occidente candida molti paesi del Golfo, tra cui proprio l’Arabia Saudita, a diventare degli utili partner nel tentativo di ridisegnare un ordine globale alternativo a quello attuale. 

Carpe diem?

Xi Jinping è atterrato a Riyadh poche ore fa. Nei tre gironi della sua permanenza, il premier cinese parteciperà a numerosi incontri, sia con i leader sauditi che in forum multilaterali con altri capi di stato del Golfo e della regione araba. Si tratta della terza visita all’estero di Xi dopo un biennio di isolamento per la pandemia. Nel corso delle ultime settimane il Presidente cinese è stato particolarmente attivo sul fronte diplomatico, incontrando leader stranieri e cercando di dare nuovo lustro all’immagine internazionale della Cina, fortemente danneggiata dalla pandemia e dalla mancata condanna della Russia per l’invasione dell’Ucraina. Le visite di Xi si sono concentrate nei luoghi prioritari della politica estera cinese: al Summit della Shanghai Cooperation Organization in Asia Centrale, dove la Russia sta perdendo trazione e la Cina potrebbe espandere la propria influenza; in occasione dei vertici del G20 e dell’Apec nel sud-est asiatico, regione vicina di forte importanza economica e strategica che sempre di più sta diventando oggetto del corteggiamento internazionale; e, infine, in Arabia Saudita, nazione ricca di risorse energetiche. Il tempismo di quest’ultima visita non è casuale: i rapporti tra Riyadh e Washington sono sempre più tesi, mentre la presenza cinese nel Golfo non fa che aumentare. E alla diplomazia di Pechino non sarà sicuramente sfuggito che, come per molti altri paesi, anche per l’Arabia Saudita sarà difficile rimanere neutrale di fronte alle crescenti tensioni tra Cina e Stati Uniti. La visita di Xi non poteva essere più puntuale. 

Partnership strategica?

La visita in Arabia Saudita, in coda al G20 di Bali e al summit dell’APEC in Tailandia, è rappresentativa dell’importanza che la Cina attribuisce a Riyadh. Riyadh è il principale fornitore di petrolio per la Cina, con 81 milioni di tonnellate esportate nel 2021. Al contrario, nell’ultimo anno, le forniture saudite verso gli Stati Uniti sono andate invece contraendosi, anche in seguito al caotico ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan. Le forniture energetiche saranno quindi al centro dell’incontro tra i leader dei due paesi, ma la partnership tra Pechino e Riyadh va oltre: la Cina è il principale partner commerciale per l’Arabia Saudita e i due paesi cooperano molto anche nell’ottica dell’iniziativa cinese Belt and Road Initiative e della strategia di sviluppo saudita Vision 2030. L’Arabia Saudita si è anche espressa favorevolmente all’utilizzo del renminbi per il pagamento delle proprie forniture energetiche a Pechino. Come altri paesi della regione, Riyadh sembra anche sempre più interessata a cercare piattaforme multilaterali di dialogo alternative a quelle occidentali. Il paese ha infatti fatto richiesta per diventare dialogue partner della Shanghai Cooperation Organization (SCO), meccanismo di cooperazione di cui fanno parte Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan oltre ad altri paesi osservatori. Infine, l’Arabia Saudita ha espresso interesse per far parte dei Paesi BRICS, organizzazione che riunisce alcune tra le maggiori economie emergenti: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. Riyadh potrebbe quindi rivelarsi un partner cruciale per Pechino nel tentativo di creare un ordine internazionale al di fuori dell’egemonia degli Stati Uniti e dell’Occidente. 

Tra due litiganti, Riyadh gode?

Nell’ultimo anno i rapporti tra Arabia Saudita e Stati Uniti sono peggiorati sensibilmente. Se da un lato il “Pivot to Asia” di Washington aveva già contribuito a ridefinire il ruolo degli Stati Uniti nella regione, e di conseguenza i rapporti con alleati storici come l’Arabia Saudita, le conseguenze della guerra in Ucraina hanno contribuito ad accelerare questo processo. In un Medio Oriente in continuo mutamento, gli Stati Uniti sono ora spesso considerati come un partner lontano e poco affidabile. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, l’Arabia Saudita ha più volte manifestato il suo interesse a mantenere buoni rapporti con la Russia, specialmente in seno all’Opec+. L’ultimo evento in tal senso è stata la decisione presa dai paesi dell’Opec+ a ottobre di tagliare la produzione di circa due milioni di barili al giorno. Tale scelta seguiva mesi di pressioni con cui gli Stati Uniti hanno provato a spingere Riyadh ad aumentare la produzione per bilanciare l’aumento dei prezzi sul mercato globale. In un momento di crisi energetica mondiale, la decisione da parte dell’Arabia Saudita e dell’Opec+ è stata letta a Washington come una scelta politica, particolarmente significativa anche per il contesto internazionale in cui è stata presa. Questa tensione lascia dunque spazio alla Cina per rinforzare la propria presenza nella regione e cercare di mettere la presenza statunitense in secondo piano. Tuttavia, per quanto l’Arabia Saudita si stia legando sempre di più alla Cina, sarà difficile che il paese rimpiazzi del tutto gli Stati Uniti: almeno per il momento, la Cina non è intenzionata a presentarsi come garante della stabilità nella regione. Inoltre, gli Stati Uniti sono tra i maggiori fornitori di armi all’esercito saudita: solo in agosto l’amministrazione Biden ha approvato una vendita del valore di 3 miliardi di dollari in equipaggiamento militare. Ma potrebbe non bastare: nonostante l’importanza degli Stati Uniti sul piano militare, un Medio Oriente politicamente “abbandonato” da Washington sarà terreno sempre più fertile per gli interessi di Pechino nella regione.  

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