Se l’Europa diventa uno dei maggiori ostacoli alla pace

La pretesa che il governo israeliano ignori una sentenza dell'Alta Corte di Giustizia è un'insolente interferenza negli affari interni del paese e un palese tentativo di minare le fondamenta della democrazia israeliana

Di Eldad Beck

Eldad Beck, autore di questo articolo

Paesi membri dell’Unione Europea, compresi alcuni di quelli che affermano di essere i più grandi amici di Israele, hanno deciso di schierarsi con il rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, e hanno rilasciato una dichiarazione che contraddice completamente i presunti principi della stessa Unione Europea. Sollecitando il governo israeliano a non rispettare una sentenza dell’Alta Corte di Giustizia, che autorizza la demolizione delle baracche abusive del villaggio beduino di Khan al-Ahmar, Germania Francia Italia Spagna e Gran Bretagna hanno violato la politica estera della stessa Unione Europea, che riconosce Israele come stato sovrano e sostiene il raggiungimento della pace sulla base degli accordi di Oslo del 1993-95.

Secondo gli Accordi di Oslo del 1993-95, Israele è pienamente responsabile dell’Area C fino a quando non saranno raggiunti nuovi accordi diplomatici in merito. Ma l’Unione Europea ha agito sistematicamente in violazione del diritto internazionale e degli accordi di Oslo quando ha creato e incoraggiato insediamenti illegali beduini nell’Area C senza coordinarsi con Israele.

Come è noto, l’Unione Europea si precipita abitualmente a condannare qualsiasi attività edilizia ebraica in insediamenti che reputa “illegali” per il fatto di sorgere al di là della ex linea armistiziale in vigore dal 1949 al 1967 (“linea verde”). Evidentemente per l’Unione Europea l’insediamento illegale – ma non ebraico – di Khan al-Ahmar è questione totalmente diversa. È proprio la posizione dell’Unione Europea su Khan al-Ahmar che rende le sue abituali contestazioni degli “insediamenti illegali” ebraici molto difficili da digerire.

Un’immagine della mostra dai toni antisemiti a Khan al-Ahmar, a cui hanno presenziato rappresentanti ufficiali di paesi europei

Non basta. La decisione dell’Unione Europea mette di fatto in discussione una sentenza dell’Alta Corte di Giustizia israeliana circa una questione su cui il sistema giudiziario israeliano ha investigato e deliberato per anni. La pretesa che il governo israeliano ignori una sentenza dell’Alta Corte di Giustizia non è solo un’insolente interferenza senza precedenti negli affari interni di Israele. E’ anche un palese tentativo di minare le fondamenta della democrazia israeliana, giacché costituisce di fatto una presa di posizione che misconosce e delegittima l’indipendenza del sistema giudiziario israeliano.

In un periodo in cui l’amministrazione americana, con un approccio più realistico alle questioni fondamentali al centro del conflitto arabo-israeliano, sta mostrando ai palestinesi che c’è un prezzo da pagare per chi si ostina a rifiutare il negoziato e pone continui ostacoli sulla via di un accordo di pace con Israele, l’Europa ha scelto di difendere i suoi protégés palestinesi in modo tale da convincerli del contrario, e impedire così qualsiasi possibilità realistica di arrivare a un accordo. A questo punto l’Europa si configura come uno dei maggiori ostacoli al raggiungimento di un accordo di pace regionale.

Quando poi, come è avvenuto il mese scorso, rappresentanti ufficiali di paesi dell’Unione Europea presenziano a una mostra di protesta a Khan al-Ahmar che espone propaganda dai toni schiettamente antisemiti, l’Europa non può continuare a scandalizzarsi se viene accusata di pregiudizio anti-ebraico.

(Da: Israel HaYom, 12.9.18)

Si veda anche: I veri insediamenti illegali

Come mostra la mappa, l’accusa secondo cui l’area E1 (in blu) impedirebbe la continuità del futuro stato palestinese è infondata: non solo le parti nord e sud dello stato palestinese resterebbero collegate, ma il tragitto per aggirare la zona israeliana sarebbe comunque molto più breve di quello che gli israeliani dovrebbero percorrere per aggirare la zona palestinese (clicca per ingrandire)

Il Parlamento Europeo ha approvato giovedì una risoluzione che definisce “violazione del diritto internazionale umanitario” la decisione di Israele, suffragata da una sentenza dell’Alta Corte di Giustizia, di procedere alla demolizione del villaggio beduino abusivo di Khan al-Ahmar (alle porte di Kfar Adumim, poco a est di Gerusalemme) e al trasferimento dei circa 170 occupanti abusivi in un sito una dozzina di km più a est. La risoluzione europea chiede anche un risarcimento da parte di Israele per la demolizione delle strutture (illegali) finanziate dall’Unione Europea nel villaggio.

Le strutture di Khan al-Ahmar vennero costruite senza permesso su terreni di proprietà statale. Il villaggio doveva essere sgomberato il mese scorso, ma l’operazione è stata congelata da un’ennesima petizione presentata a luglio all’Alta Corte di Giustizia, la quale ha riesaminato la questione e, la settimana scorsa, ha respinto l’appello.

Il giudice Hanan Melcer ha tuttavia specificato che, a differenza dello sgombero l’anno scorso dei residenti ebrei dall’avamposto illegale di Amona che doveva essere attuato non appena ordinato, in questo caso non è richiesto lo sgombero immediato e viene dato mandato al governo di fissare la data. La Corte ha criticato in particolare la scelta degli abitanti abusivi di respingere l’offerta dello Stato di reinsediarli in un sito nelle vicinanze, cercando di sostenere al contempo che lo Stato non era stato in grado di offrire una soluzione alternativa.

Martedì il rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Federica Mogherini, ha affermato che la demolizione del villaggio mette a rischio la prospettiva della soluzione a due stati giacché costituirebbe “un colpo contro la fattibilità dello stato di Palestina e contro la possibilità stessa di una soluzione a due stati. Il villaggio – ha argomentato Mogherini – si trova nella cosiddetta area E1, che è di importanza strategica per preservare la contiguità di un futuro stato palestinese”.
(Da: Ha’aretz, YnetNews, 5-8-12-13.9.18)