“Un filetto di coccodrillo, grazie”. “Anche quel pesce palla fresco laggiù, però, ha un ottimo aspetto”. “Gli insetti? No, grazie. Quelli mi fanno proprio schifo”. Chissà cosa scatta, nella nostra mente, per farci accettare i cibi più “strani” e farcene rifiutare altri. Questione culturale, ribrezzo innato, giusta precauzione o paura irrazionale? A curiosare in questa gastronomia “di confine” è stata una ricerca di Coldiretti e IPR Marketing, teso a valutare la reazione degli Italiani in occasione dell'arrivo, tra i padiglioni dell'Expo, di una gran quantità di cibi esotici.
Mr. Crocodile Zimbabwe
Fino a qualche decennio fa il dibattito riguardava cibi come le rane e le lumache. Con un fitto esercito di amanti della buona tavola che, chissà perché, accettava di buon grado le lumache di mare rifiutando quelle di terra. Oggi, invece, si pone per le numerose pietanze etniche bandite dalla nostra tradizione gastronomica, e presenti soprattutto nel Sud-Est asiatico e in alcuni Paesi africani. Al padiglione dello Zimbabwe, ad esempio, si può trovare la carne di coccodrillo, pietanza non certo sconosciuta nemmeno nell'Australia di mr. Crocodile Dundee: filetti di coda di coccodrillo sottolio, ragù di carne di coccodrillo. E, assieme al Crocoburger (panino con hamburger di cocodrillo), arriverà anche la Crocopizza, omaggio al nostro Paese. E il bello è che, secondo Coldiretti, quasi un italiano su 5 (il 19%) si dice incuriosito dall'idea di assaggiare carne di coccodrillo.
Veleni e crisantemi
Perfino più del pesce palla presente al padiglione giapponese, che interessa un misero 14% di nostri connazionali: e dire che, in Giappone, il fugu è una vera e propria istituzione. Ad Osaka c'è perfino un museo dedicato solo a lui. Il pregio di questo pesce è dovuto, oltre che al suo sapore particolare, alla preparazione particolarmente complessa, tesa ad eliminare le dosi letali di tetrodotossina presente nelle sue carni. Proprio perchè velenose, le sue carni sono vietate in Italia e in molti Paesi del mondo, e solo in circostanze eccezionali viene autorizzata la sua importazione dal Giappone, dove viene lavorato da cuochi dotati di particolari qualifiche. La più nota preparazione di pesce palla è sotto forma di sashimi, con i filetti disposti a forma di crisantemo, il simbolo della casata imperiale nipponica.
L'alimento del futuro? Non da noi
Va bene il coccodrillo, va bene pure il pesce palla, ma non parlateci di insetti: il 92% degli italiani li rifiuta a prescindere, e in particolare i ragni fritti, invisi al 93% della popolazione, sono un orrore. Saranno pure il “cibo del futuro” in nome della lotta alla fame e dell'ecosostenibilità, ma non da noi: all'Expo si possono trovare legioni di snack a base di larve, cavallette, scorpioni, termiti, scarafaggi, ma anche spiedini misti poco rassicuranti, tipici soprattutto del Sud-Est asiatico. Nonostante le autorizzazioni speciali, la vigilanza su queste “pietanze” da parte della Asl è massima: è di pochi giorni fa la notizia di massicci sequestri di grilli in barattolo e di vermi della farina essiccati offerti come snack nel corso di uno showcooking nel padiglione olandese.
Il cobra non è un serpente
In testa ai cibi ributtanti per ogni italiano c'è però un'altra pietanza: il vino di serpente vietnamita, guardato con orrore dal 97% della popolazione (nonché vietato dalle nostre leggi, anche qui è arrivata una deroga per Expo e a solo scopo espositivo). E come dar loro torto? Pare che in vietnam si prepari mettendo un serpente velenoso, vivo, nel vino di riso, all'occorrenza pure con l'aggiunta di uno scorpione. Il veleno si dissolve nell'etanolo, e pare che la bevanda abbia perfino effetti “magici” sulla virilità maschile...
Cane e gatto
Rifiutata invece, all'Expo, la carne di cane, pasto considerato immondo dalla totalità degli Italiani, ma assai consumato in Corea e in alcune regioni della Cina. Qualche ricordo dei guerra, probabilmente, rende invece leggermente meno riprovevole il consumo di carne di gatto se è vero che, secondo l'associazione Aida&a, ancora nel 2014 in Italia sono stati mangiati più di seimila gatti, nonostante il fatto costituisca reato.
Tu chiamala se vuoi cultura
“Una corretta alimentazione non può prescindere dalla realtà produttiva e culturale locale nei Paesi del terzo mondo come in quelli sviluppati”, ha affermato il Presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo. “A questo principio non possono sfuggire neanche bruchi, coleotteri, formiche o cavallette a scopo alimentare che, anche se iperproteici, sono però molto lontani dalla realtà culinaria nazionale”.