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Storie di donne, letteratura di genere/ 247 – Di Luciana Grillo

Cristina Caboni, «La stanza della tessitrice» – Un romanzo ampio, documentato, ricco di spunti, che riflette una straordinaria capacità di vedere e di amare

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Titolo: La stanza della tessitrice
Autrice: Cristina Caboni
 
Editore: Garzanti Libri 2018
Genere: Narrativa contemporanea
 
Pagine: 304, Rilegato
Prezzo di copertina: € 18,60
 
Ho già recensito in questa rubrica un romanzo di Cristina Caboni, che ho avuto il piacere di presentare al Trentino Book Festival nel giugno 2018.
Avevo apprezzato la grazia di Cristina, la musicalità del suo linguaggio, la precisione delle sue espressioni. Ora, dopo aver letto tutto d’un fiato “La stanza della tessitrice”, ancora di più mi confermo nell’idea di trovarmi di fronte ad una scrittrice di razza.
 
Caboni guida i suoi personaggi in un reticolo complicato di vicende e passioni che si sviluppano in epoche diverse: conosciamo Camilla che vive a Bellagio e crea abiti nei nostri anni e poi ci ritroviamo in Sardegna nel 1923, dove vivono Caterina, la sua famiglia e la balia, la preziosissima Rosa.
Quindi si procede in tempi e luoghi diversi, da Como a Milano, fino a Parigi dove un misterioso incendio sembra aver posto fine alla vita di Maribelle… o di Caterina?
 
La vita di queste donne è una vita difficile, bisogna avere coraggio e – come dice Rosa – «chi ha il coraggio di superare le proprie paure è capace di tessere il filo della vita».
Insieme a Camilla, incontriamo Marianne e Daniela, Caterina, Ester, Amelia, Luisa, Sarah, Ruth… Tutte legate da un intrico di fili e accomunate dalla sofferenza e da un dolore sordo («era ciò che restava dopo il pianto che non conosce consolazione… La sofferenza scava dentro, cercando un alloggio nelle profondità dell’anima, luoghi remoti e lontani che ognuno possiede. Ma la distanza è solo un’illusione. Alla prima occasione il dolore ricompare più forte, più lacerante») pur tra soddisfazioni e successi.
 
Ad accomunarle c’è anche il non detto, qualche segreto custodito gelosamente e rivelato tardi, qualche durezza nelle reazioni; tutte, però, sono simili a Caterina che «cuciva, sognava e combatteva. Contro Rinalda… contro le decisioni della famiglia… contro quella madre, che rivolgeva il suo amore ai figli maschi, mentre per lei aveva solo rimproveri».
Caterina nel passato, Marianne, Daniela e Camilla oggi si occupano di tessuti preziosi, di tessiture tradizionali e ardite, di abiti e, come Rosa, anche loro sono convinte che «i vestiti hanno un grande significato per chi li indossa, possono cambiare il loro umore. Un abito rende sicuri, alimenta il coraggio».
 
Le storie parallelamente vanno avanti: per Caterina ci sono la guerra, il nazismo, la violenza, la morte di Ruth e Sarah, uccise perché ebree; e c’è il ricordo struggente di Adele, la bimba amata e lontana.
Per Daniela e Camilla, ci sono silenzi ostinati, pensieri malevoli, rivalità inespresse, quasi un’incapacità di parlarsi a cuore aperto.
Per tutte, la solitudine è compagna abituale, anche se gli uomini interagiscono con loro, e non sempre nella maniera giusta: i fratelli di Caterina, ad esempio, la allontanano dalla casa, dalla mamma, da Rosa; Domenico spadroneggia nella villa di Amelia e con la complicità di Luisa… Non si può dire di più, questi mondi paralleli devono essere scoperti fra le pagine tessute con rigorosa passione da Cristina.
Non mancano però gli uomini positivi come Jean, Paul, Marco e il piccolo Kemal che sanno pazientare, lottare, difendere e amare senza riserve.
 
Cristina Caboni ha raggiunto la maturità piena scrivendo un romanzo ampio, documentato, ricco di spunti, che riflette una straordinaria capacità di vedere e di amare.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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