Chi ha incontrato nelle ultime ore Luigi Di Maio lo ha trovato tonico, sorridente e per niente preoccupato delle reazioni dell’Unione europea e dei mercati alle decisioni economiche del governo, anche se tiene lo spread costantemente sotto controllo. Di Maio è convinto che per troppo tempo la politica sia stata paralizzata dai vincoli di bilancio e insieme con Salvini ha deciso di invertire la direzione di marcia, nella convinzione che i risultati porteranno a una maggiore giustizia sociale e alla crescita che finora è mancata. Se il capo della Lega ha fatto della modifica della legge Fornero (7 miliardi) la sua battaglia simbolo, il Movimento 5 Stelle ha alzato il vessillo del reddito di cittadinanza (9 miliardi) , il provvedimento che ha più diviso l’opinione pubblica e messo in difficoltà la Lega che ha fatto stanziare solo due miliardi per avviare la Flat Tax sui redditi di lavoro autonomo più bassi.

Questa serenità non è stata scalfita dall’allarme esposto da Draghi a Mattarella sulla tenuta dei conti dello Stato. “Stiamo facendo una manovra espansiva – sostiene Di Maio – perché l’Europa, i mercati e le agenzie di rating dovrebbero bocciarci?”. Il governo in questo momento ha due avversari. Il primo, l’Europa, ha perso credibilità sia per i risultati delle politiche di austerity, sia perché i commissari in carica sono gli avversari più accaniti nei nostri populisti che giocano per ribaltare alle elezioni europee dell’anno prossimo l’attuale intesa tra popolari e socialisti. Il secondo avversario è il Mercato con la maiuscola e lì si nasconde il rischio più grosso. Il rating dell’Italia è probabilmente più basso di quanto meriteremmo, per le dimensioni della nostra economia e la gigantesca quantità (4000 miliardi) di risparmio privato. Ma se a fine mese scendessimo ancora di un gradino saremmo davvero in una situazione molto critica.

Il governo è uno, nella buona e nella cattiva sorte. Ma chi gioca la posta più alta è il M5s. Sul reddito di cittadinanza non può fallire. Nel giro di sei mesi il ministro del Lavoro deve mettere in piedi un meccanismo talmente efficiente da tacitare fin dall’inizio le voci – oggi maggioritarie nell’opinione pubblica – che si tratti di pura assistenza. Salvini rischia meno. Ha dalla sua lo scudo formidabile dell’immigrazione e della sicurezza. La riforma pensionistica è popolarissima, anche se terribilmente costosa.

L’ha condiviso fin dall’inizio col Movimento 5 Stelle, ma mediaticamente il merito se l’è attribuito lui. Personalmente Salvini e Di Maio vanno perfettamente d’accordo e nessuno dei due ha interesse a far cadere il governo. Ma l’equilibrio della coppia può essere garantito soltanto dall’ equilibrio nei consensi. Il governo è nato dal contratto tra un partito del 32 per cento e uno del 17. Se il 17 della Lega superasse il 30 , il 32 dei 5 Stelle scendesse di qualche punto sotto il 30 e il reddito di cittadinanza non fosse decollato, il terremoto potrebbe seriamente lesionare l’edificio governativo, anche senza farlo crollare. Ci aspettano perciò sette mesi decisivi.

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