A ogni Natale puntuali arrivano le polemiche. Negli anni scorsi erano sul presepio nelle scuole, ritenuto da alcuni insegnanti e dirigenti «politicamente scorretto». Anche se mai nessun islamico, ortodosso, ebreo o buddhista si è lamentato. Potenza del consumismo, chissà.
Nei giorni scorsi a rinfocolare le polemiche ci ha pensato un parroco padovano, don Luca Favarin, noto per le sue attività a sostegno dei migranti.

Sulla sua pagina Facebook ha sostenuto che «quest’anno non fare il presepio credo sia il più evangelico dei segni. Non farlo per rispetto del Vangelo e dei suoi valori, non farlo per rispetto dei poveri...». L’affermazione dà l’occasione per smontare una fake news secolare e cioè che Gesù Bambino sia nato da una famiglia di disgraziati. Purtroppo, un mito radicato. Basti pensare a «Tu scendi dalle stelle», il canto composto nel 1754 da un sant’Alfonso Maria de Liguori.
A rileggere i passi evangelici e al netto delle imprecisioni di traduzione, si può dire che Gesù Bambino è figlio di quella che oggi chiameremmo piccola borghesia. San Giuseppe era un falegname, piuttosto avanti negli anni, quasi un vecchio per i parametri dell’epoca. Potrebbe aver avuto fra i 40 e i 45 anni. Aveva già lavorato abbastanza (non fino a quota 100, però...) e accumulato qualcosa, visto che era single. Maria, invece, è descritta come una donna da marito, dunque una ragazza di 15-16 anni, perché questa era l’età giusta per le nozze. Possedevano una casa-falegnameria e un asino. Oggi sarebbe come avere la prima casa, una bottega artigianale e un’automobile.
Quando vanno a Betlemme per farsi censire, come aveva imposto il governatore romano, cercano un albergo, ma non trovano posto (se avessero avuto Internet...). Significa che potevano permettersi di pagare un soggiorno e anche prolungato, viste le condizioni di Maria in dolce attesa. Allora - e qui nasce il mito della povertà - si appoggiano con ogni probabilità da qualche parente di Giuseppe.

Le case dell’epoca - qualcuna è ancora visibile - erano molto semplici, fatte di pochi mattoni d’argilla, qualche tavola e tetti in paglia intrecciata. C’era un unico ambiente per tutta la famiglia in cui si viveva di giorno e si dormiva di notte. Molto spesso c’era una piccola stalla annessa, in cui veniva ricoverato il poco bestiame: qualche pecora, capre, galline. Le mucche erano piuttosto rare: mangiavano e - soprattutto - bevevano troppo per una terra segnata dal clima arido.
Quando Maria sente i dolori del parto, tutti si rendono conto che serve un minimo di riservatezza. Ecco allora l’idea di spostare gli ospiti nella stalla, meglio - come dicono i Vangeli - dove c’è la mangiatoia. In quella notte santa Gesù si fa uomo in un posto che per l’epoca era una casa qualunque. È facile che vi fosse accanto l’asinello su cui aveva viaggiato Maria, ma è improbabile che vi fosse una mucca o un bue. Quest’animale è stato in qualche modo aggiunto da San Francesco, che è l’inventore del presepio, e che a sua volta l’ha recepito da una tradizione che forse ha fatto un po’ di confusione fra un brano del profeta Abacuc e un vangelo apocrifo. San Francesco realizza il presepio come una rappresentazione teatrale: per rendere attuale e far capire a gente analfabeta e povera che Gesù aveva scelto di farsi uno di loro. Per questo forza la mano sulla grotta e sulla povertà.

Torniamo a Betlemme in quella notte «in cui il divino si unisce all’umano», come recita l’Exultet pasquale. Se è vero che Maria partorisce di notte, o comunque quando è buio, ci sarà stata una torcia, un fuoco che ha rischiarato la stalla. E quella luce insolita potrebbe aver fatto accorrere i pastori - ben più poveri di Giuseppe - che vegliavano gli animali all’aperto.
C’è un altro elemento da considerare. Maria e Giuseppe si trattengono in quel posto per diversi giorni, almeno fino all’arrivo dei magi. Se si fossero trovati a disagio, se si fosse trattato di un antro buio e freddo come sostiene la vulgata pauperista, allora avrebbero cercato un altro posto. Invece si fermano lì, accolgono come in casa, perché di casa si tratta, gli altolocati personaggi che vanno a rendere omaggio al loro Bambino. Questo è ciò che si evince dai Vangeli, la tradizione o la traduzione hanno aggiunto molto fino a creare il mito che a Gesù «mancaron panni e fuoco».
Facciamo il presepio, facciamolo come ci piace, come più può avvicinare al mistero di Dio, ma smettiamola con gli stereotipi lamentosi che non hanno fondamento storico.

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