Lotta alla pedofilia nella Chiesa, diffusione dell’omosessualità fra il clero, presenza di una lobby gay in Vaticano, liberalizzazione della sessualità dei chierici, abusi sulle suore da parte di sacerdoti e vescovi, figli dei preti, resa dei conti in Vaticano.

Ogni giorno, per merito di una stampa internazionale sempre più attenta, si aggiunge un nuovo capitolo a questa saga infinita. Ma per onestà intellettuale dobbiamo dire che questo corto circuito pansessualista pone sullo stesso piano questioni tanto differenti fra loro e non può far bene alla causa sollevata da Papa Francesco: prevenire gli abusi sui minori nella Chiesa che tanto scandalo hanno suscitato nell’opinione pubblica internazionale e nelle coscienze dei credenti.
Le conseguenze di queste condotte criminali non sono state indolori per tanti uomini di Chiesa, già condannati e allontanati dal sacerdozio. E se cardinali (vedi il chiacchieratissimo americano Theodore Edgar McCarrick ) o vescovi, spogliati del loro ministero. In molti casi, alla condanna ecclesiastica è seguita, per questi predatori sessuali, anche la dura sanzione della giustizia penale dei diversi Stati. Per non parlare delle azioni giudiziarie sollevate giustamente dalle vittime e dai loro parenti che hanno causato il dissesto economico di tante diocesi, soprattutto negli Stati Uniti e in Irlanda.
Ma il danno più grave – guai a dimenticarlo – lo hanno subito le vittime. Papa Francesco lo sa così bene che, durante i suoi viaggi apostolici, non manca mai di accettare l’invito delle vittime, oramai a migliaia, che gli chiedono di essere ascoltate. E noi ricordiamo le sue lacrime e le sue richieste accorate di perdono a nome della Chiesa.
Il summit che comincia oggi in Vaticano è uno dei più attesi. Anche dal mondo laico che aspetta gesti definitivi e una svolta nei comportamenti della Chiesa a livello internazionale. Ecco perché, ben sapendo che le altre questioni attinenti la sfera sessuale dei sacerdoti restano all’ordine del giorno, è ben difficile che esse possano trovare spazio in questi quattro giorni di lavoro dei presidenti di tutte le conferenze episcopali del mondo. Ci sarà tempo e modo, siamo sicuri, per affrontare anche tutte le altre questioni sollevate e in alcuni casi riconosciute, nella loro drammaticità, anche dallo stesso Francesco. Vedi la sua recentissima condanna degli abusi sulle suore. Ma se non dovesse bastare l’attenzione del Papa, ci penserà l’opinione pubblica internazionale a incalzare il Vaticano.

Da oggi a domenica, dunque, in Vaticano si svolgerà un confronto franco e sereno sulla pedofilia nella Chiesa. Speriamo raggiunga gli obiettivi indicati: definire la responsabilità dei vescovi, individuare a chi i vescovi e i responsabili degli Ordini religiosi dovranno rendere conto e soprattutto garantire la trasparenza. Un atteggiamento, una predisposizione, un comportamento che spesso sono mancati nelle dinamiche ecclesiali. Al punto da far sentire le vittime degli abusi isolate e inascoltate. Il tema dell’ascolto è infatti centrale e il Papa ne ha dato testimonianza personalmente. Ma accanto all’ascolto doveroso c’è tanto altro da fare e su diversi fronti: dalla prevenzione degli abusi sui minori all’accoglienza delle vittime, dal risarcimento del danno all’accompagnamento spirituale, dai percorsi ecclesiali di denuncia da parte delle vittime e delle loro famiglie alle forme di coinvolgimento della giustizia civile e penale, sino all’obbligatorietà della denuncia all’autorità giudiziaria da parte dei vescovi di quanti siano ritenuti responsabili di questi atti infamanti.
C’è tanta strada da fare ma, come suggeriscono molti osservatori, va percorsa insieme: vittime, genitori, sacerdoti, religiosi, vescovi, educatori e comunità cattoliche. All’interno di un’alleanza educativa che va sempre rinnovata e fecondata. Senza aver paura della tolleranza zero che va messa in campo. Come dice coraggiosamente il presidente dei vescovi italiani, cardinale Gualtiero Bassetti: «Meglio avere meno preti e religiosi, che rischiare la vita di un minore».

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