La vita media si allunga, ma le leadership politiche si accorciano. Nel giro di pochi anni si consumano stagioni e carriere che parevano destinate a una longevità vittoriana. Matteo Salvini dovrebbe toccare ferro e, soprattutto, fare attenzione a non sbagliare una mossa. Altrimenti correrà il rischio di andare a infoltire la lista di quanti hanno ballato una sola estate.
Se sono fugaci e instabili le leadership, sono altrettanto fugaci e instabili le alleanze inter-partitiche. Ogni giorno, quando va bene, ha la sua pena. Ma può andare peggio, dal momento che le pene si susseguono di ora in ora come i temporali del mese che sta per finire.

Il sistema elettorale proporzionale, poi, contribuisce ad acuire le difformità e le rivalità negli schieramenti. E meno male che lo spirito del modello maggioritario non si è del tutto dissolto, altrimenti la conflittualità dentro e fra i gruppi politici toccherebbe punte da Libano anni Settanta.
A proposito di legge proporzionale. Finora, la reintroduzione di un ordinamento elettorale che richiama, in larga parte, le regole del voto della Prima Repubblica non ha sortito, non foss’altro che per ragioni di sbarramento, l’effetto frammentazione che si poteva prevedere o temere.


Ma i modelli elettorali non sono mai neutri. Prima o poi incidono sia sulla domanda che sull’offerta di soluzioni e combinazioni politiche. Per capirci. I sistemi proporzionali favoriscono la nascita e il radicamento di formazioni centriste, in grado di allargarsi e allearsi ora a destra ora a sinistra. Viceversa i sistemi maggioritari agevolano la costituzione di poli o partiti antagonistici, destinati a non avvicinarsi mai. A volte queste leggi tendenziali, come avviene negli stati d’eccezione, vengono smentite dai fatti, ma in linea di massima, a lungo termine, prima o poi trovano un’inevitabile conferma.
In breve. È difficile che il criterio prevalentemente proporzionale reintrodotto in Italia non debba determinare il parto di una creatura di centro. È vero che, a differenza di ieri, oggi la Rete contribuisce a esasperare il linguaggio e, di conseguenza, a radicalizzare la risposta politica, ma ci sarà sempre uno zoccolo duro di moderati che non vorrà riconoscersi in leadership muscolari e che vorrà affidarsi a rappresentanze più tranquille. Ecco. Questa domanda di moderazione centrista, un giorno o l’altro, sfocerà nel battesimo di un nuovo contenitore politico.


Non sappiamo se sarà Carlo Calenda l’ingegnere o il costruttore di una nuova casa centrista, né sappiamo se Matteo Renzi vorrà unirsi a lui o vorrà contenderli l’idea e l’iniziativa. Sappiamo solo che qualcuno di sicuro ci sta pensando, anche perché, come già detto, le fasi politiche, nell’era post-ideologica, non hanno il dono dell’immortalità.
Sosteneva Aldo Moro (1916-1978) che il segreto della duratura esperienza democristiana si fondava su tre pilastri: il voto di preferenza, la legge elettorale proporzionale, la rinuncia a mortificare gli avversari interni sconfitti (che anzi vanno recuperati e coinvolti). Oggi non coesistono tutte e tre le condizioni indicate da Moro. Soprattutto la terza condizione (non umiliare i perdenti) è disattesa persino in una corrente rionale di tre persone, figuriamoci in un partito di proporzioni nazionali. Ma la presenza della proporzionale c’è e da sola potrebbe ridare slancio e fiducia ai sostenitori di una linea di centro, basata su un rapporto solido con l’Europa. Ovviamente nessuno potrà/dovrà essere così ambizioso da immaginare traguardi democristiani per una forza centrista. Ma qualcosa di più abbordabile, in termini numerici, potrebbe risultare a portata di mano.
Poteva arrivare da Renzi il primo scatto verso un progetto centrista, dato che l’ex premier sta nel Pd come il suo corregionale Masimiliano Allegri stava nella Juve: mal sopportato. Ma Renzi non ha mai avuto un buon rapporto con i tempi della politica. Alcune sue pur giuste intuizioni potevano incontrare una sorte migliore se l’autore non avesse rovinato tutto sbagliando data e tono delle proprie iniziative.


È partito, prima di tutti, nella corsa al centro, l’ex ministro Carlo Calenda, forte anche del suo successo personale (è stato il più suffragato nel Pd) alle europee di domenica scorsa. Ma indipendentemente dal nome di chi si piazzerà al centro con una proposta forte e facilmente assimilabile (altrimenti ogni tentativo è condannato al fallimento), è inverosimile che in un sistema proporzionale non spunti una proposta centrista, moderata, in grado di affiancarsi o apparentarsi alle sigle più affini di destra e sinistra.
Anche per questa ragione a Salvini converrebbe accelerare il ritorno al voto anticipato. In politica, come nella vita, ogni spazio vuoto non rimane tale a tempo indeterminato. Un giorno o l’altro piomba qualcuno che lo occupa, vi pianta la tenda e non se ne va fino a quando non arriva un altro signore con una tenda più grande, in grado di attirare più gente.

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