È stato intitolato ad Aurelio e Luigi Luciani, le due vittime innocenti di mafia assassinate nella strage del 9 agosto 2017, il nuovo presidio cittadino di Libera costituito a San Marco in Lamis, nel Foggiano. Nell’agguato furono uccisi il boss Mario Luciano Romito e suo cognato Matteo De Palma.

«Noi di Libera abbiamo per anni puntato tutto sui coordinamenti provinciali trascurando i singoli territori - ha affermato nel corso dell’assemblea cittadina il referente di Libera Puglia Mario Dabbicco -. È importante essere presente nel territorio perché è lì che dobbiamo animare le realtà che vanno a contrastare illegalità e corruzione».

«Vogliamo partire da San Marco in Lamis - ha aggiunto Dabbicco - perché qui è presente una delle tre mafie che operano nel Foggiano. Impiegheremo quindi una dose notevole di energia. Possiamo diventare i più bravi della classe soltando unendoci, superando la logica dell’io a favore della logica del noi». «Il nostro invito è a tutte le forze positive presenti sul territorio, a riempire e sostenere questi nuovi gruppi» spiega Sasy Spinelli, referente provinciale di Libera Foggia. Quello di San Marco, in particolare, giunge a costituzione - conclude - dopo un percorso di formazione e conoscenza partito subito dopo il 9 agosto del 2017, giorno in cui furono uccisi i fratelli Luciani».

«Tante cose sono cambiate dal 9 agosto 2017 giorno in cui sono stati assassinati mio marito e mio cognato. La risposta dello Stato è stata anche dura, però evidentemente non basta». Lo ha detto Arcangela, la vedova di Luigi Luciani che questo pomeriggio ha preso parte alla costituzione del nuovo presidio cittadino di Libera a San Marco in Lamis.

«Noi chiediamo più presenza dello Stato, ma soprattutto verità e giustizia per mio marito e mio cognato e per tutte le vittime innocenti di mafia. Mi auguro che questo nuovo presidio sia un punto di incontro e confronto per nuove idee e nuove iniziative. Sia un punto fondamentale per i giovani - aggiunge la vedova - che hanno bisogno di essere sostenuti ed incoraggiati. Da soli, però - conclude - possiamo fare poco. Abbiamo bisogno della presenza dell’intera comunità e di tutte le istituzioni».

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