È un po’ come il caffé che reclamizzava Nino Manfredi: più lo mandi giù, più ti tira su. Un mondiale non tradisce mai, è la più bella ballata sulle rive sportive. È successo nel favoloso mondo pallonaro di Russia 2018, senza i colori azzurri; figuriamoci se non accadrà nelle aristocratiche sfide tra 24 nazionali sotto il cielo di volley che di stelle azzurre ne ha eccome.
Meno uno, qui, a Bari Mondiale. Che da domani sarà osservata speciale. Ma sì, diciamolo: esaurite le bollicine romane dell’esordio dell’Italia, un 3-0 allo spuntato Giappone da brut millesimato mica da anonimo spumante dolciastro, il meglio della prima fase del Mondiale s’annuncia proprio al PalaFlorio. Perché è nel Meridiano barese che ha vita la Pool C, girone eliminatorio più muscolare di altri e quindi potenzialmente più spettacolare. Per carità, s’annunciano pure sfide alla camomilla e senza nessuna scintilla che possa segnare e sabotare le gerarchie stabilite dal ranking. Ma sono approdate sulla sponda levantina tre selezioni per le quali la pallavolo è la quintessenza dell’identità nazionale, una sorta di traslitterazione sportiva: Russia, Stati Uniti e Serbia. Il resto della griglia è completato da Australia, Camerun e Tunisia.
E domani si comincia all’ora di pranzo con il rodeo tutto africano, con un Camerun che s’alterna sulla scena internazionale alla Nigeria contro una Tunisia più europea di quanto si possa pensare. Poi, all’ora del té, l’Australia proverà a dimostrare contro la Russia tititanica di essere dello stesso mondo e di un altro passo. Curiosità massima per i ragazzoni venuti da lontanissimo e conosciuti più per l’Haka, la danza mito Maori dei cugini del rugby, che per le capacità di Paul Carroll (opposto) e Jordan Richards (schiacciatore). L’anedotto che circola e che vuole gli australiani così affamati da spazzolare a colazione 80 uova e brioche a gogò la dice lunga su questi omoni gonfi di rivoluzionaria normalità. E poi all’ora di cena, le prime scintille, tra Stati Uniti e Serbia.
In trincea e apnea, che la ballata cominci. Sarà un gran bel vedere nel quadrilatero di Japigia dove nessuno scenderà a patti. È il girone che schiera sotto gli occhi pugliesi la favorita Russia dei Polifemi: un gradino più su dopo Serbia e Stati Uniti nella scala dei pronostici per la vittoria finale. E allora sarà da raccontare chi e come farà fronte a un primo tempo di Dmitriy Muserskiy, il centrale della Russia alto 218 centimetri, capace di schiacciare a 375 centimetri: più o meno un metro sopra il tetto di un normale appartamento. Non che il resto dell’Armata Russa abbassi l’asticella, visto che l’altezza media è di 201,2 centimetri. Ma non è solo l’evoluzione dell’altezza dell’homo volley, cresciuto di 10 centimetri in quarant’anni, a illuminare la scena. Sfilerà gente nota per la rapidità digitale con la quale palleggia, per lo scatto da pantera sulla preda con il quale s’avventa in battuta o per lo schiaffo da Braccio di Ferro con il quale mette a terra la palla. Volti all’indomani del Mondiale resteranno in Italia avendo scelto i nostri club per le avventure di campionato: dalla geometrica regia americana di Micah Christenson (palleggiatore del Modena) al trittico d’attacco serbo fatto da Uros Kovacevic (Diatec Trentino), Aleksandar Atanasijevic e Marko Podrascanin (Conad Perugia). senza dimenticare le bocche di fuoco americane: Aaron Russel (ex Perugia ora Diatec) e Matthew Anderson, miglior opposto della finale di Champions League vinta dal suo Zenit Kazan, finale che ebbe come miglior giocatoreMaxim Mikhaylov, anche lui della Premiata Ditta delle Alpi Russe sbarcate a Bari.
Non c’è l’azzurro, è vero. Ma ci sono tanti profeti del Nuovo Testamento del volley.

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