Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato ed esponente di punta di Forza Italia, il braccio di ferro tra l’Europa e i gialloverdi non sembra destinato a risolversi nel breve periodo. Bankitalia lancia l’allarme e Mattarella invita al rispetto dei conti e delle regole. Preoccupata dallo scenario che si profila?
«Non si può non condividere la preoccupazione sulla tutela dei risparmi degli Italiani e sulla necessità di incentivare la fiducia di famiglie, imprese e operatori economici. Mettere al riparo il Paese dall’instabilità finanziaria è una necessità inderogabile e bene ha fatto il Capo dello Stato a richiamarla. Del resto, questo non può che essere l’obiettivo di una buona Legge di bilancio».

Ecco, la Manovra. Lei che ne pensa?

«Per rispondere dovrei conoscere approfonditamente il testo, che non è ancora pervenuto al Senato. In ogni caso, per formazione culturale, imboccherei con decisione la strada dell’impresa, il vero motore dell’economia. I maggiori investimenti nell'impresa creano occupazione e costituiscono il volano per maggiori consumi. A ciò aggiungerei un intervento deciso in favore delle famiglie e della competitività del lavoro. Viviamo in un Paese in cui è preoccupante la decrescita del tasso di natalità e se non interveniamo su questo punto specifico di qui a vent’anni ci troveremo di fronte a uno scenario che potrà presentare aspetti imprevedibili e di difficile risoluzione».

La convincono le rassicurazioni del governo sulla piena adesione gialloverde all’Europa e all’euro?
«Una cosa è la critica severa, che condivido pienamente, circa il funzionamento delle Istituzioni europee, una cosa ben diversa è invece discutere dell’appartenenza dell’Italia all’Europa e alla moneta unica. So bene che di qui a qualche mese vi saranno le elezioni europee e conseguentemente aumenterà la propaganda politica. Ma so bene anche, come lo sanno i partiti al Governo, che il popolo italiano, nella sua stragrande maggioranza, pur criticando l’Europa, non manifesta alcuna intenzione di vedere l’Italia fuori dall’Europa e dall’euro»

Altro tema sensibile è quello del rischio idrogeologico che attraversa il nostro Paese, Sud compreso. Su questo lei ha concentrato molte delle sue energie. In che direzione bisognerebbe muoversi?
«Da troppi anni l’Italia vive di “emergenza”. Negli ultimi 18 anni si sono verificate 36 tra alluvioni e inondazioni contro le 34 registrate nei 50 anni precedenti. Solo lo scorso anno, frane e inondazioni hanno causato 16 morti, 22 feriti e oltre 2 mila sfollati e senzatetto. I numeri ci dicono che ormai siamo davanti ad uno stato di pericolo permanente e non più ad una “emergenza”. Da qui, per prevenire e fronteggiare il rischio sismico, per combattere il dissesto idrogeologico e fare sistema della risposta dello Stato, la mia proposta di una apposita Commissione, meglio se bicamerale, cui demandare anche il compito di una nuova normativa capace di regolare la ricostruzione con gli stessi tempi e procedure dell’emergenza. Troppo spesso dimentichiamo, infatti, che il ritorno alla normalità della vita quotidiana è “il problema dei problemi” delle popolazioni colpite da disastri ambientali».

Lei è oggi a Bari per la Giornata dell'Unità Nazionale e poi andrà a Matera. Secondo molte voci meridionali autorevoli, proprio la coesione del Paese sarebbe minacciata da forme di federalismo radicale (la cosiddetta «autonomia differenziata») richiesta da alcune regioni del Nord, ad iniziare dal suo Veneto. Una paura fondata?

«Il nostro Paese conosce una “diversità” assai spesso virtuosa che è alla radice del talento italiano. Così come conosce una fragilità ed una distanza della sfera pubblica dal cittadino che è all’origine di quel richiamo federalista che ha segnato anche parte della nostra agenda politica, a partire dagli anni ’90 del secolo scorso. Sul punto io penso che una buona sussidiarietà corrisponda alle attese dei cittadini e dei territori e meglio interpreti un ruolo ed una responsabilità di governo votati all’efficienza ed al dinamismo. Non guardo quindi con preoccupazione a richieste che, nascendo dal basso, hanno a cuore la prospettiva ed il futuro dell’economia e delle giovani generazioni. E possono al contrario creare emulazione e contribuire ad una crescita complessiva della governance dei territori».

Veniamo a Forza Italia. Il partito è in difficoltà come rilevano gli ultimi sondaggi, non proprio confortanti. Quale la sua lettura della crisi azzurra?
«Se guardiamo ai risultati delle recenti provinciali, io dico che il partito c’è. Di sicuro l’“offerta politica” di Forza Italia è oscurata da una “comunicazione dei tweet e dei like” che spesso si prende tutto il palcoscenico: perché è, allo stesso tempo, di governo e di opposizione. I sondaggi risentono di questo scompenso di visibilità e di attenzione anche da parte dei media. Penso però che il partito debba tornare a puntare sui suoi valori fondativi come il sostegno alle imprese e alle famiglie».

Ritiene che il centrodestra, così come lo conosciamo, possa reggere alla prova del tempo in una fase in cui - in Italia - i populismi marciano uniti?

«Ne sono assolutamente certa. I populismi ci sono sempre stati. Nella storia rinveniamo vari esempi. Ma se devo pensare alla povertà e alla disoccupazione giovanile che normalmente suscitano e hanno suscitato ondate di protesta, ritengo che occorra attuare proposte che puntino al primato del lavoro e facciano vivere ai giovani la bellissima soddisfazione che il lavoro regala: sentirsi utili e partecipi della crescita della società».

Nel 2019 arriva la tornata europea. Qualcuno continua a insistere su un «fronte repubblicano» o «dei responsabili» che federi forze progressiste e conservatrici contro i populismi di ogni natura. È una strada percorribile secondo lei?

«Non credo. La politica è progetto di società futura ed è un bene che in ogni paese democratico del mondo vi siano forze politiche che abbiano progetti diversi. E tali forze politiche non si possono snaturare nel loro dna laddove si registri la convenienza di una politica antagonista. La politica è confronto non scontro».

Infine, complici i sondaggi, Berlusconi sembra non volersi candidare. Spera in un ripensamento del Presidente?
«Spero che nessuno tiri la giacca al Presidente. Immagino che deciderà, come sempre, nell’interesse del Partito e del Paese».

© RIPRODUZIONE RISERVATA