BISCEGLIE - «Un Paese isolato. Ridotto a mendicare il supporto dell’Ungheria»: Pier Carlo Padoan fotografa l’Italia attuale in una frase, e poi fa riferimento alla fiducia. Quella che è mancata, quella che manca. E nel presentare le pagine del Il sentiero stretto…e oltre (Il Mulino, 2019), rispondendo alle domande del direttore de «La Gazzetta del Mezzogiorno», Giuseppe De Tomaso, offre una visione sullo stato e sulle prospettive dell’economia italiana, alla luce delle decisioni di politica economica assunte dal governo gialloverde: il libro dell’ex ministro dell’Economia, presentato l’altra sera sotto gli archi delle Vecchie Segherie Mastrototaro di Bisceglie insieme all’editorialista del «Sole 24ore», Dino Pesole, coautore del volume, prova a rispondere a queste e ad altre domande, sfidando l’Italia e l’Europa a ridefinirsi in un’ottica di crescita inclusiva.

Il libro presta attenzione alla compatibilità in termini economici delle misure previste dal Contratto tra Lega e Cinque Stelle, dalla flat tax al reddito di cittadinanza, passando per la revisione della riforma Fornero: Padoan spiega quali rischi corre l’economia italiana e quali errori non possiamo permetterci di commettere, racconta dell’economia italiana attraverso un’analisi dettagliata della situazione attuale, si interroga soprattutto sul futuro, su dove porteranno le decisioni di questo governo. E su quella «assenza di fiducia» che offusca l’economia e la crescita, quella «fiducia essenziale per rimettere in moto l’economia». Un’assenza di fiducia, dice Padoan, aggravata dallo stop al referendum costituzionale promosso dal governo Renzi. Se il referendum fosse stato approvato, si sarebbe verificata una ripresa di fiducia su tutti i fronti, a cominciare dagli investimenti esteri in Italia. È colpa dell’Europa? «È una frase ricorrente, una vulgata. Ma il debito pubblico non l’ha creato l’Europa. Io sono europeista, ci credo nell’Europa, non c’è nemmeno da pensarci ad uscirne perché sarebbe una tragedia per noi (una catastrofe immane tornare alla Lira) - dice Padoan - anche se ammetto che sono stati fatti parecchi errori e molte regole non mi sono mai piaciute. Per esempio ha preteso un programma di aggiustamento assai severo che ha portato a un arresto della crisi del debito sovrano, a costo di una recessione molto dura e con disoccupazione crescente. La politica europea deve esser inclusiva, ci vuole il consenso di tutti, una visione comune. Se le elezioni porteranno ad un’ Europa dei sovranisti (e spero proprio di no), questi si lamenteranno che l’Italia è un Paese che non offre fiducia».

Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia e delle Finanze dei governi Renzi e Gentiloni, è stato un protagonista della scena politica italiana, in prima linea per oltre quattro anni: «Il governo di cui facevo parte aveva già adottato misure importanti di contrasto alla povertà, come il reddito di inclusione - ricorda -. Forse in maniera un po’ tardiva, ma non certo in maniera ambigua come invece è il reddito di cittadinanza. Se non fosse triste sarebbe ironico: da questo governo vengono cancellate misure, la finanza è bloccata, non c’è fiducia fra gli investitori, non c’è crescita. Questo governo deve andare via».
Anche per il Sud il sentiero è stretto,

«Un sentiero che si snoda fra due burroni – ha sottolineato Padoan - quello del debito pubblico e quello della scarsa crescita. Come aumentare il potenziale di crescita? E come farlo percorrendo un sentiero che si promette sempre più stretto? Il futuro del Paese non è solo legato all’economia: diritto, amministrazione pubblica, politica. Bisogna trovare le soluzioni e ricostruire la fiducia. Sono convinto che si possa esprimere una domanda di partecipazione politica in grado di sostenere un nuovo scenario positivo».

Infine è stata sottolineata l’importanza della ricchezza della società civile, ed in particolare delle organizzazioni del terzo settore, «grazie alle quali – ha sottolineato Padoan - il Paese è riuscito a resistere meglio di quanto ci si aspettasse alla terribile prova della crisi economica. Si tratta, per usare un’espressione forse un po’ astratta, di un grande capitale sociale sul quale il paese Può contare per ripartire e dare concretezza allo scenario benigno».

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