Oggi, 9 Maggio «festa dell'Europa», si ricorda quanto avvenne nel 1950 con la dichiarazione Schuman rilasciata dall'allora ministro degli Esteri francese.
Da quel momento iniziò il processo d'integrazione. La Gazzetta ha intervistato Antonio Tajani presidente Parlamento europeo.
Presidente Tajani la festa dell'Europa è un momento centrale per alimentare il processo di costruzione del sogno europeo. Quanto è importante questo appuntamento?
«Noi europei dobbiamo essere molto fieri di quanto abbiamo realizzato negli ultimi settant’anni. L’Ue è, prima di tutto, una grande storia di libertà che ha permesso al nostro continente di risorgere dal buio delle dittature e della guerra. Ci ha garantito una pace duratura, democrazie radicate nello stato di diritto e nella libertà d’espressione, la caduta di muri e, frontiere aperte per persone, merci e capitali. Con la crisi economica degli ultimi dieci anni è però venuto meno quello spirito di solidarietà tra Paesi, che è stato il vero motore del processo d’integrazione. Sono stati fatti errori: troppa austerità, eccessi burocratici e regolamentari, poca attenzione all’industria, e difesa insufficiente dei nostri interessi nel mondo. Sull’immigrazione, gli Stati non hanno saputo dimostrare quella solidarietà ed efficacia che chiedevano i cittadini. Siamo stati poco incisivi in molti teatri di crisi, a cominciare dalla Libia. Ma questi errori non giustificano i proclami di chi vorrebbero farci tornare alle frontiere nazionali e alle piccole patrie. L’Europa va cambiata, resa più democratica ed efficace, non distrutta. Il 9 maggio deve essere un’occasione, non tanto per compiacerci dei successi ottenuti, quanto per agire con determinazione per un’Europa migliore».

I giovani sono il futuro dell'Europa. Quale messaggio vuole lanciare affinché si avvicinino sempre maggiormente all'Europa?
«L’Europa è un progetto che da sempre guarda al futuro. Ha dato alle nuove generazioni la possibilità di viaggiare, studiare, lavorare, fare ricerca, creare imprese in un grande spazio di libertà. Grazie a programmi come Erasmus Plus, Erasmus per Giovani Imprenditori, la Garanzia Giovani, Orizzonte 2020, Cosme, il Fondo Sociale, i Fondi regionali e quelli per lo Sviluppo Rurale o il portale europeo per la mobilità professionale EURES, stiamo dando a milioni di giovani l’opportunità di far valere i loro talenti e costruirsi il futuro. Ma dobbiamo fare di più. Sono particolarmente preoccupato per il Sud Italia . Il tasso di occupazione è sceso al 41,8%, 20 punti in meno della media nazionale. Per i giovani tra i 15 e i 34 anni la situazione è drammatica: quasi due su tre, non studiano né lavorano. Secondo Eurostat, le nostre regioni del Sud chiudono la classifica sull’occupazione giovanile delle 276 regioni europee: la Puglia è al 264° posto, la Basilicata al 269°, la Calabria al 273°, la Campania al 274° e la Sicilia al 275°. La prima priorità dell’Unione europea deve essere la lotta alla disoccupazione giovanile. Moneta e mercato europei, non sono fini a sé stessi. Il loro successo non può che misurarsi dalle opportunità offerte alle nuove generazioni. Dobbiamo concentrare più risorse per aiutare i giovani, specie nel Sud. Propongo un’azione straordinaria europea contro la disoccupazione giovanile: un Programma Giovani a Tasse Zero. L’obiettivo è azzerare le tasse per tutti i neo-assunti per il periodo di almeno 5 anni necessario al loro inserimento nel mercato, in tutte le regioni europee dove la disoccupazione giovanile supera il 25%. I cofinanziamenti nazionali per questo programma devono restare fuori dal Patto di Stabilità. La quota di finanziamenti Ue necessaria deve venire in parte dal bilancio europeo (Fondo Sociale) e, in parte dal Meccanismo Europeo di Stabilità, che attualmente ha una dotazione di 376 miliardi ancora utilizzabili».
Sul sito dell'Ufficio di Roma del PE è stato reso noto che «la Puglia è considerata la regione più dinamica del Sud Italia e la volontà di coniugare tradizioni e innovazione le ha permesso di raggiungere buoni risultati in vari comparti» destinando «oltre 3,5 miliardi di euro di fondi UE destinati alla Puglia nel 2014-2020». Come commenta questi risultati?
“La Puglia per certi aspetti fa meglio di altre regioni del Sud. Ma c’è ancora tanto da fare. Paragonata all’insieme delle regioni europee, la Puglia continua ad essere tra quelle meno sviluppate, con un PIL pro-capite che resta di poco superiore al 60% della media Ue. La disoccupazione sfiora il 20%, con quasi un giovane su due che non trova lavoro. Bisogna fare molto di più. Sebbene la Puglia per certi aspetti fa meglio di altre regioni del Sud, c’è ancora tanto da fare per sfruttare appieno le sue grandi potenzialità. Paragonata all’insieme delle regioni europee, la Puglia continua ad essere tra quelle meno sviluppate, con un PIL pro-capite che resta di poco superiore al 60% della media Ue. La disoccupazione sfiora il 20%, con quasi un giovane su due che non trova lavoro. Se la Puglia e il resto del Meridione non ripartono, l’Italia intera resterà al palo. Da mesi propongo un Piano d’Investimento per il Sud che utilizzi i fondi Ue non spesi per mobilizzare 200 miliardi per infrastrutture strategiche, a cominciare dalla banda larga, alta velocità ferroviaria, strade, autostrade, aeroporti, reti elettriche, porti. Questo fondo deve anche aiutare le imprese ad avere un accesso al credito facilitato dà garanzie pubbliche per far ripartire gli investimenti privati e sostenere le PMI. Propongo, anche, un prestito fino a 50.000 euro, garantito al 100% dallo Stato, per chi vuole completare la formazione o intraprendere un’attività. Tutte queste misure costerebbero meno del reddito di cittadinanza e darebbero ai cittadini meridionali, non elemosine, ma la dignità di un vero lavoro».
Matera 2019, capitale europea della cultura, è nel vivo delle attività. Un appuntamento rilevante anche per l’Ue?
«Il riconoscimento meritato per la straordinaria valenza culturale di Matera rappresenta un motivo di grande orgoglio per il Sud e per l’Italia intera. Ma ha anche una valenza economica importante. Si stima che ogni posto di lavoro nel settore culturale ne generi 27 indiretti, molti di più dell’industria dell’auto. Il successo degli eventi e delle manifestazioni che si susseguono quest’anno deve però ricordarci come sia importante puntare su una politica sostenibile delle infrastrutture, dell’offerta turistica e dell’innovazione. Sono convinto che la nuova amministrazione di centro-destra saprà capitalizzare questa opportunità unica anche dopo che i riflettori della ribalta saranno spenti per rilanciare la città e l’intera area geografica».

Il 26 maggio si vota per le Europee. Perché è importante recarsi alle urne?
«Il voto è sempre fondamentali, ma queste elezioni sono particolarmente importanti. L’Europa è a un bivio: possiamo cambiarla insieme, rafforzandola e rendendola più democratica ed efficace; oppure, rischiare un processo di disgregazione, ritornando alle barriere e alle contrapposizioni nazionali, perdendo i benefici delle libertà conquistate. È col voto che la voce di ogni cittadino in Europa diventa più forte. Comunque la si pensi, chi non vota ha sempre torto».
Quali i successi principali della legislatura che si sta concludendo? Dove l'Europa dovrebbe concentrare gli sforzi per farsi apprezzare maggiormente dai cittadini?
«Durante questa legislatura sono stati raggiunti importanti traguardi. Penso ad esempio, all’abolizione delle tariffe per il roaming, alle leggi per difendere il copyright, alla riduzione delle emissioni, all’incremento delle energie rinnovabili, al divieto dell’utilizzo della plastica mono uso, a maggiori investimenti per l’innovazione, la competitività e le infrastrutture. Ma l’Europa deve diventare più efficace nel dare risposte ai problemi che stanno più a cuore ai cittadini: disoccupazione, immigrazione, sicurezza, tutela dell’ambiente».
Quale deve essere il ruolo dell'Europa nello scenario mondiale?
«Solo un’Europa forte ed unita può tenere testa a giganti come Usa, Cina, Russia o India. Per questo voglio un’Europa che non si perda in dettagli o burocrazia, capace di concentrarsi su ciò che serve davvero, come realizzare finalmente una vera politica estera, di sicurezza e di difesa. Solo così potremo contribuire alla stabilità del mondo e difendere i nostri valori ed interessi».
Il capitolo migranti continua ad essere un dossier Ue che scotta.
«Purtroppo è mancata la solidarietà tra gli Stati membri. Dal novembre 2017, a tutti i vertici europei, chiedo ai capi di Stato e di Governo di approvare il testo di ridorma del Regolamento di Dublino votata dal Parlamento Ue, che prevede un sistema equo ed efficace di distribuzione dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati europei. Non si può volere la solidarietà a senso unico, solo quando si ricevono i fondi Ue e, dimenticarsene quando si devono accogliere anche poche centinaia di rifugiati dall’Italia o dalla Grecia. L’immagine di un’Europa chiusa negli egoismi nazionali e incapace di risolvere i problemi, alimenta i populismi, rendendo ancora più difficile la soluzione dei problemi. È un peccato, perché quando l’Unione ha saputo agire, con accordi e investimenti in Turchia e Niger, siamo riusciti a ridurre dell’80% i flussi di migranti verso l’Italia, come ho potuto constatare di persona un anno fa nel corso della mia missione in questo Paese. Nel 2050 in Africa ci saranno 2.5 miliardi di persone. Solo uniti possiamo affrontare il problema dell’immigrazione alla radice. Per questo ho proposto un Piano Marshall per l’Africa che dia prospettive alle nuove generazioni nella loro terra e favorisca accordi di rimpatrio».

Cosa si sente di dire a chi in questo momento di crisi addossa tutte le colpe al “sistema Europa?
«Populisti e sovranisti sono molto bravi a indicare nemici esterni e capri espiatori, ma non altrettanto a trovare soluzioni concrete per migliorare le cose. Potremmo fare un lungo elenco di tutto quello che in Europa non va. E sono il primo a battermi per un’Europa più politica e democratica, dove a decidere siano i rappresentati eletti dal popolo e non dei burocrati. Ma il punto è che l’Europa ci serve. Uscire dall’euro, dal mercato interno, dove l’Italia esporta 250 miliardi di beni, chiudere le frontiere, come vorrebbero anche molti candidati sovranisti, sarebbe un suicido. Credo che solo con un sovranismo europeo possiamo tutelare davvero la sovranità nazionale. Sfide come la stabilità e la pace, la sicurezza, la disoccupazione giovanile, la rivoluzione tecnologica, la lotta all’immigrazione illegale o la tutela dell’ambiente, non possono essere affrontate dai singoli Stati europei in ordine sparso. Solo con una forte unità europea possiamo far valere la nostra identità e i nostri valori, centrati sulla libertà e la dignità della persona, ovunque nel mondo».

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