Ignazio La Russa, senatore di Fdi, era in tribuna al Via del mare. Immagina la destra di Giorgia Meloni caparbia come l’Inter che con Dumfries espugna Lecce?
«Vorrei che fosse più determinata della mia Inter e chiudesse le partite prima, non nel recupero…».
La campagna elettorale è già molto accesa. Parlare di riforme, e di presidenzialismo in particolare, genera veri corto circuiti.
«Si può e se ne deve parlare, insieme all’attualità. Ci sono tante emergenze che non bisogna dimenticare: la pandemia senza arrivare agli eccessi delle normative precedenti, le famiglie vessate dalle bollette. Bisogna avere un riguardo per lo stato di salute delle aziende, per gli aspetti fiscali e il costo del lavoro. Poi ci sono le riforme istituzionali come fisco e presidenzialismo».
Giuseppe Tatarella animava la rivista “Repubblica presidenziale” negli anni novanta.
«Io vado ancora più indietro. Ne parlava Piero Calamandrei durante l’assemblea costituente. Lì alla fine prevalse la scelta parlamentarista. È un tema antico che è ben visto dall’elettorato. Quasi 80% di tutti gli italiani è favorevole. Ma non se ne è mai fatto nulla anche se ci siamo andati vicini. Anche D’Alema era per il semipresidenzialismo. Negli ultimi anni è emersa la paura che a decidere siano davvero i cittadini. E così il Pd blocca questa riforma, un po’ per resistenze culturali. I dem sanno, come diceva Tatarella, che gli italiani sono al 60% di centrodestra e loro vincono solo quando c’è un pezzo di moderati della nostra coalizione che va con i progressisti».
Con l’elezione diretta del capo dello Stato il sistema che giovamenti avrebbe?
«L’idea che ci sia un partito che dia stabilità alle istituzioni non è mai piaciuta alla sinistra. Nella instabilità i comunisti hanno pesato molto, anche ai tempi della Dc. Non solo nell’ultimo decennio».
L’assemblea costituente metterebbe tutti d’accordo?
«Ho fatto una proposta di legge proprio in quella direzione. L’ho preso dalla fondazione Einaudi. La prossima legislatura si può fare con il voto del parlamento, con una bicamerale o in extremis anche una assemblea costituente per riformare, in un anno, la seconda parte della costituzione. Una assemblea eletta con il proporzionale. Questa è l’ultima delle tre ipotesi, piuttosto che niente…».
Che clima elettorale immagina nelle prossime settimane?
«Anomalo, in piena estate. Sarà una campagna peggiorativa nei contenuti. La sinistra criminalizza l’avversario: l’ha fatto con Berlusconi, con Salvini, ora con noi. Prima con la Dc e Fanfani. Stavolta è più virulenta. Perché sa che con noi non ci saranno mai accordi sottobanco. Rispettiamo il Pd, penso al rapporto tra Meloni e Letta, ma non vogliamo inciuci come fanno altri».
Fdi è sotto attacco per la Fiamma.
«Il simbolo resta, non è in alcun modo assimilabile a qualsiasi simbolo del regime fascista. Si denigra l’avversario e si fanno appelli del tipo: “votatemi per non far vincere loro”. Mi piacerebbe una sinistra coraggiosa sui temi, che dice come la pensa sulle frontiere da tenere aperte, sulla cittadinanza con lo ius soli, sull’adozione anche per chi sta da tre mesi insieme…».
La sua prima campagna?
«Avevo nove anni, feci anche un comizio. In Sicilia, a Paternò, paese dove ho la casa d’estate. Mio padre non andò, andò l’avvocato Mirenna che mi prese e mi diede un foglietto che studiai. Buttai il foglietto e parlai a braccio. Da allora non ho mai smesso. La prima da eletto? A Milano nel 1985 dopo 20 anni di militanza quotidiana. Non mi volevo mai candidare, fui costretto per le regionali, arrivai primo».
In Puglia i sondaggi registrano Fdi quasi al 30%.
«I miei sondaggi sono con la gente. Vedo una ondata di consensi e simpatia per Giorgia».
Anche la Meloni è in Puglia in questi giorni.
«Ho visto Giorgia poche ore fa. Ma non sta in vacanza. Fa mezz’ora di vacanza e dodici ore di riunioni…».
Tradirà la sua Sicilia anche lei per venire in estate qui?
«Ora sono nella mia amata isola, ma dai tempi dell’amicizia con Tatarella mi considero un po’ pugliese nell’animo. Sono un tatarelliano doc».

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