LECCE - Riassegnata la scorta a don Antonio Coluccia. L’attesa notizia è arrivata nel corso del consiglio straordinario monotematico e aperto al pubblico convocato dall’amministrazione comunale per condannare il grave atto intimidatorio del quale il sacerdote è rimasto vittima. A comunicare il rientro del prete antimafia all’interno di un programma di protezione è stato il sindaco Rocco Pagliara, informato a sua volta dal funzionario del commissariato di Polizia di Taurisano, Rosanna Buffo.
Un applauso sincero si è levato nella sala consiliare: tutti in piedi, tra gli scranni dell’assise e nelle file di sedie riservate al pubblico per salutare il nuovo impegno preso dallo Stato per garantire l’incolumità del giovane sacerdote specchiese. Don Antonio, commosso, seduto accanto al primo cittadino, ha salutato la vicinanza della sua comunità e di quelle vicine a Specchia.

Ad aprire la riunione pubblica dell’assise gli interventi della presidente del consiglio comunale, Maria Rosaria Scarcia, e del primo cittadino. Almeno una quindicina i sindaci provenienti da ogni parte della provincia che hanno voluto dare un segnale forte con la loro presenza; molti di loro hanno preso la parola per sottolineare l’importanza dell’attività quotidiana svolta da don Antonio e la necessità mai vana di fare rete antimafia a difesa dei diritti e degli ultimi. Concetti ripetuti dal presidente della Provincia, Stefano Minerva, che ha sottolineato come l’obbligo della società sia quello di educare alla legalità le nuove generazioni. Tra i tanti interventi dal pubblico, anche quello di Brizio Montinario, fratello di Antonio, poliziotto capo della scorta di Giovanni Falcone, vittima assieme ai suoi colleghi dell’attentato di Capaci. A concludere il consiglio è stato don Antonio Coluccia: «Voglio iniziare rammentando il testo dell’articolo 21 della Costituzione, quello sulla libertà di espressione. Rispetto a quei dettami - ha incalzato il fondatore dell’Opera Don Giustino - sento sempre forte il dovere di veicolare le parole del Vangelo e quelle sulla necessità di impegnare le nostre forze a favore della legalità. In tutta Italia e nel mio amato Salento - ha detto ancora don Antonio - del quale sono figlio devoto». Sui pericoli di una terra avvezza al cono d’ombra della criminalità organizzata, don Coluccia si è poi soffermato, con le solite parole nette: «Meritorie le manifestazioni in nome e a memoria della vittime di mafia “forestiere”, ma non possiamo dimenticare che nel Salento abbiamo avuto la più piccola martire, Angelica Pirtoli».

L’affondo del prete coraggio è continuato duro: «Ci troviamo in una terra di mafia, nella quale la Sacra Corona Unita parla in dialetto quando mostra i muscoli e in italiano quando penetra nelle amministrazioni e nelle situazioni pubbliche. Non dobbiamo scordare - ha aggiunto - i Comuni sciolti per infiltrazioni mafiosa e abbiamo il dovere morale e civile di denunciare. Sempre». Dopo avere sottolineato l’importanza della scuola nella costruzione delle nuove generazioni, don Antonio ha concluso ringraziando tutti coloro i quali gli hanno manifestato solidarietà e vicinanza in questi giorni difficili.

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