E’ tornata a casa, Teresa Borsetti, 89 anni, la nonna brindisina ospite dello sceicco Hamad bin Khalifa al Thani, ex emiro del Qatar, uno degli uomini più ricchi del mondo, invitata nello Stato del Golfo a trascorrere un Capodanno da sogno. Il merito di Teresa? Aver offerto nel lontano 1997 ad uno sconosciuto turista arabo (era lo sceicco) la possibilità di utilizzare la toilette di casa. Lei è rientrata in Puglia e la grande Storia, sfiorandola in aeroporto, si è messa in moto.

Infatti in questi giorni, il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, visiterà otto Paesi arabi sunniti (c’è anche il Qatar) per rassicurarli dopo le esternazioni del presidente Donald Trump sul ritiro delle truppe a stelle e strisce dalla Siria. Dichiarazioni che hanno avviato un effetto domino dalle conseguenze imprevedibili, con una sola certezza: la destabilizzazione dei precari equilibri mediorientali.
Da sempre il mondo arabo è contraddistinto dalle tensioni tra sciiti e sunniti. Alle differenze dottrinali si sono aggiunte nel tempo anche le rivalità politiche, a partire dalla rivoluzione iraniana del 1979 che portò alla guida del paese una teocrazia islamica guidata da religiosi sciiti. E l’Iran di oggi è uno dei protagonisti del “Grande gioco”, insieme all’Arabia Saudita, impegnato a ridisegnare nuove alleanze nella turbolenta regione mediorientale. Iraniani e sauditi sono schierati su fronti opposti nella guerra in Siria e in quella dello Yemen. In questo calderone il Qatar si è mosso dando un colpo al cerchio e uno alla botte, sostenendo diversi gruppi estremisti islamici e lasciando una porta aperta con Israele; cooperando con la Turchia contro il presidente siriano Bashar al Assad ma allo stesso tempo stringendo accordi di cooperazione militare con Teheran, quest’ultima impegnata a sostenere i ribelli antigovernativi nello Yemen, contro la coalizione guidata dall’Arabia Saudita nella quale c’era anche il Qatar. Insomma, un minestrone geopolitico fatto di ambiguità e interessi economici. Al punto da costringere diversi Paesi arabi sunniti a rompere i rapporti col Qatar, di fatto isolandolo politicamente e commercialmente, con l’accusa di terrorismo.

Le autorità qatariote non considerano organizzazioni terroristiche Hezbollah, Hamas e i Fratelli musulmani, i cui leader vengono ospitati nel Paese. Cosa non mandata giù soprattutto da Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, Egitto e Baherein. L’altro giorno il premier israeliano Banjamin Netanyahu ha disposto il blocco della terza tranche di aiuti economici, pari a 15 milioni di dollari, stanziati dal Qatar per pagare i dipendenti palestinesi di Gaza. Sarebbe la risposta di Israele dopo il lancio di razzi verso Ashkelon da parte di Hamas. Eppure proprio nel paese arabo è ospitata la base aerea americana di Al-Udeidi da dove la coalizione internazionale guidata dagli Usa combatte l'Isis in Siria e in Iraq: l'80 per cento dei rifornimenti aerei parte da qui, anche verso l'Afghanistan .  
Intanto questa monarchia costituzionale araba va per la sua strada: a dicembre ha fornito 24 mezzi corazzati al Mali per contrastare il terrorismo nel Sahel. E poi il Paese ha già assorbito l’impatto economico dell’embargo. Il Qatar oggi è il più grande esportatore al mondo di gas naturale e ha annunciato di voler lasciare a gennaio l’Opec, l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio. Decisione determinata dal peggioramento dei rapporti con i suoi vicini.
E poi, dietro l’angolo (2022) ci sono in programma i contestatissimi Mondiali di calcio. Non è certo un caso. Visto che i fondi sovrani di investimento di Doha, la capitale del regno, possiedono, tra l’altro, il 7 per cento della Volkswagen, il 10 per cento della Deutsche Bank, quote di British Airways, Credit Suisse, Royal Dutch Shell, il Psg nel calcio, investimenti in Costa Smeralda, nel gruppo Valentino. La sensazione è che i soldi qatarioti puzzino solo quando fanno comodo: il nemico del mio nemico è il mio amico.
L’impegno di Doha è comunque molto attivo nel processo di islamizzazione dei Balcani, dove rischiano di cambiare gli equilibri storici (basti pensare al riarmo kossovari): l’anno scorso la Qatar Charity, solo in Kosovo, ha finanziato 373 progetti. La penetrazione jahidista, oltre al ritorno dei mujahidin da Siria e Iraq, è tra l'altro favorita dalla connessione con le mafie locali. E la famiglia Al-Thani, al potere dal 1850, fa shopping anche in Italia. In Lombardia e in Sardegna, per esempio. A Milano ha puntato sul progetto di sviluppo di Porta Nuova, in Costa Smeralda su alberghi e la marina. Senza dimenticare il completamento di un ospedale ad Olbia e la gestione della compagnia aerea Meridiana. 
E nonna Teresa? E’ tornata a casa, si è chiusa nel silenzio come le aveva chiesto lo sceicco. Niente dichiarazioni, niente interviste, niente racconti dell’avventura qatariota. Il riservo di una corte da Mille e una notte fa parte della favola da sogno che ha vissuto. La Storia difficilmente la sfiorerà di nuovo.
 

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