Il Grande gioco in Medio Oriente diventa sempre più rovente. E coinvolge direttamente o indirettamente una serie di protagonisti locali e stranieri, inclusi Russia e Stati Uniti. Forse, l'annunciato ritiro Usa dalla Siria ha accelerato la dinamica del conflitto e alterato i precari equilibri regionali. Le schermaglie tra Iran e Israele, per alcuni spetti senza precedenti, evidenziano come i nodi dello contro tra i due giganti regionali siano venendo al pettine. Anche perché per la seconda volta in pochi giorni le truppe americane nel Nord e nell'Est della Siria sono state colpite da attentati suicidi. Nell'ultimo sono morti cinque miliziani curdi e sono rimasti feriti due americani. Nell'attentato precedente eran stati quattro gli americani uccisi.

Per i raid aerei, invece, Israele ha ammesso subito in maniera ufficiale la paternità dei bombardamenti contro depositi iraniani di armi vicino Damasco. Diverse ore dopo missili di fabbricazione iraniane sono stati lanciati dal territorio siriano verso le alture del Golan. Israele ha esplicitamente avvisato l'Iran e il suo alleato russo, radicato nel conflitto a fianco del governo di Damasco, di essere pronto a colpire duramente e ripetutamente ogni "trinceramento " dell'Iran nella Siria occidentale. L'Iran ha dal canto suo rispetto tramite la Siria, ma non con una reazione immediata della contraerea per abbattere i missili nemici, bensì lanciando diverse ore dopo altri missili indirizzati a obiettivi israeliani. Il comandante dell'aeronautica di Teheran, generale Aziz Nasirzadeh ha dichiarato che l'Iran è "impaziente di combattere il regime sionista", cioè Israele, ed "eliminarlo dalla Terra". Le giovani generazioni iraniane si stanno addestrando per "il giorno promesso", ha aggiunto il generale, riferendosi evidentemente ad un presunto scontro aperto con Israele. "Assicuriamo il popolo iraniano - ha aggiunto Nasirzadeh - che siamo pronti a rispondere ad ogni minaccia e che i nemici non oseranno invadere il territorio dell'Iran". Poche ore prima del raid israeliano, Damasco era stata scossa da un attentato dinamitardo contro una sede dei servizi di sicurezza, apparentemente senza vittime. Ma a Damasco non escludono che ci sia un collegamento tra l'attentato e i raid di Israele. E il leader degli Hezbollah libanesi, Hasan Nasrallah, tornerà a mostrarsi in video dopo una insolita assenza mediatica di quasi tre mesi, che aveva spinto media arabi e israeliani a ipotizzare che il capo del Partito di Dio filo-iraniano fosse malato e non in grado di guidare il movimento armato.

E nell'Est del paese le forze curdo-siriane, sostenute dalla coalizione anti Isis a guida Usa, sono avanzate nell'ultima sacca di territorio ancora in mano a circa 500 irriducibili jahadisti. Questi rimangono asserragliati in un fazzoletto di terra continuamente sposto a raid aerei americani a Est dell'Eufrate. Mentre nel Nord, la Turchia continua a premere sugli Stati Uniti perché cedano loro il controllo militare dell'enclave di Manbij, tra Aleppo e l'Eufrate. Proprio lì, dove pochi giorni fa è stato compiuto un attentato contro soldati americani, ci sono la polizia militare russa a sostegno della forze governative, forze turche in appoggio a ascari arabo-siriani e milizie curdo-siriane ora più vicine a Mosca che a Washington.

Nel Nord-Ovest del Paese, infine, l'ala siriana di Al Qaida ha preso il potere di quasi tutta la regione Nord-Occidentale di Idib, dove la Turchia ha un'influenza diretta. Ma Ankara non sembra quasi interessata a fermare l'avanzata dei adisti, anche se la loro predominanza ora rischia di esporre Idib a una campagna "antiterrorismo" portata da Damasco e da Mosca.   

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