Le forze curdo-siriane e l'Isis stanno negoziando la resa finale degli ultimi 300 jihadisti rimasti a difendere una sacca di territorio di quattro chilometri quadrati nell'est della Siria. Lo riferisce l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), secondo cui i dirigenti curdo-siriani, alleati degli Stati Uniti, stanno negoziando con i capi dello "Stato islamico", per lo più stranieri, i termini della resa nella zona tra l'Eufrate e il confine iracheno.

Intanto, secondo l'Ondus, oltre 6mila condanne a morte, per impiccagione, decapitazione e defenestrazione - senza risparmiare i bambini - sono state eseguite dallo 'Stato islamico' in Siria in quattro anni e mezzo di dominio di ampi territori del Paese.    Dall'annuncio del "Califfato" a guida del "califfo" Abu Bakr al Baghdadi, nel giugno del 2014, a oggi, l'Ondus ha documentato 6.209 esecuzioni capitali inflitte dall'Isis in Siria a civili, miliziani rivali, soldati governativi. Dei 6.209 uccisi dalla "giustizia jihadista" in 55 mesi, 3.691 erano civili. E di questi 128 erano minori tra cui bambini, e 180 donne. Le regioni coinvolte sono quelle investite dal 2013 a oggi dalla presenza dell'Isis: Dayr az Zor, Raqqa, Hasake, Aleppo, Homs, Hama, Damasco, e la zona rurale di Damasco.

La fulminea avanzata di al Qaida nella Siria nord-occidentale mette a rischio centinaia di migliaia di civili sostenuti da cure mediche e aiuti umanitari da organizzazioni internazionali, agenzie dell'Onu e locali finanziate da Paesi europei, tra cui l'Italia. La zona è da circa due anni sotto la diretta influenza politica e militare turca. La Turchia ha inviato trippe a Nord di Idlib e mantiene diverse torri di osservazione dentro la zona controllata dai qaidisti, guidati anche da combattenti stranieri. Da settembre scorso, le violenze nella zona si erano drasticamente ridotte grazie alla tregua negoziata da Turchia e Russia e applicata sul terreno dalle forze rivali. Da una parte le truppe governative siriane, i Pasdaran iraniani e le milizie lealiste alleate, tra cui gli Hezbollah libanesi. Dall'altra combattenti cooptati dalla Turchia: ma nelle prime due settimane del 2019 queste milizie anti regime siriano sono state sconfitte e costrette prima alla resa e poi alla fuga verso Nord dall'avanzata indisturbata dei adisti. La Turchia non è intervenuta e ha invece preso contatti con l'ala politica di Al Qaida in Siria, il cosiddetto "Governo di salvezza nazionale" basato a Idlib. Inoltre la Turchia continua a bombardare obiettivi del Pkk curdo nel Nord dell'Iraq. Lo scorso fine settimana un gruppo di manifestanti aveva attaccato una base dell'esercito di Ankara nel Nord dell'Iraq per protestare contro l'uccisione di almeno sei persone nei bombardamenti della regione e la distruzione di boschi e raccolti. 

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