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Guadagni da Youtube, come sono tassati?

18 Novembre 2017 | Autore:
Guadagni da Youtube, come sono tassati?

Quali sono i costi di tasse e contributi per gli youtuber che aderiscono a un programma di affiliazione per la pubblicità?

Hai caricato qualche video su YouTube che ha avuto un discreto successo e stai pensando di mollare il tuo lavoro e di iniziare a guadagnare aderendo al programma Partner della piattaforma web? Prima che tu ti licenzi, devi sapere che per ottenere un introito regolare che ti permetta di sostituire lo stipendio devi riuscire ad avere ben più di qualche migliaio di visualizzazioni. E, cosa più importante, devi sapere che tutto ciò che guadagnerai dovrà essere dichiarato al fisco e tassato, e che sarai obbligato ad aprire la partita Iva anche se i tuoi ricavi risulteranno molto bassi. Questo comporterà dei costi fissi anche se non guadagnerai nulla: vediamo perché.

Come guadagna uno youtuber

Innanzitutto devi sapere che il principale introito, per chi carica dei video su YouTube e aderisce al programma Partner, deriva dalla pubblicità. Ciò che viene corrisposto per l’inserimento della pubblicità nei propri video (YouTube inserisce dei filmati di circa 20 secondi all’inizio del video e dei banner pubblicitari posizionati in basso) può andare da 3 a 7 euro circa ogni 1000 visualizzazioni. A questo introito si possono aggiungere i cosiddetti “Pay per click”, ossia i ricavi generati da chi clicca sui banner pubblicitari.

Possono poi essere sottoscritte delle specifiche sponsorizzazioni, direttamente con le aziende, per la promozione di determinati prodotti o servizi.

Per diventare youtuber professionista occorre la partita Iva?

La normativa italiana non disciplina specificamente come devono essere tassati i proventi derivanti dalla pubblicità su YouTube, ma questi non possono essere considerati dei proventi occasionali, dato che i video sono presenti sulla piattaforma 365 giorni l’anno: in pratica, chi ha caricato il video  può guadagnare tutti i giorni, a seconda delle visualizzazioni.

Di conseguenza, si è costretti ad aprire la partita Iva perché l’attività non può rientrare nel lavoro autonomo occasionale.

Partita Iva youtuber, costi e adempimenti

Le spese fisse, per lo youtuber che apre la partita Iva, non sono trascurabili. Non è possibile, difatti, aprire la partita Iva come libero professionista, in quanto i proventi derivanti dalla pubblicità sono considerati, dal punto di vista fiscale, proventi derivanti da un’attività commerciale.

Oltre alla partita Iva, quindi, ci si deve anche iscrivere alla Camera di Commercio, che comporta il pagamento di un importo annuo, che si attesta generalmente intorno ai 130 euro. Inoltre, si è obbligati ad iscriversi alla gestione Inps commercianti, che comporta ogni anno il pagamento di contributi previdenziali in misura fissa anche se il guadagno è basso o pari a zero. Per i commercianti, difatti, vengono calcolati i contributi con un’aliquota che attualmente è pari al 23,64%, su un minimale di reddito di 15.548 euro. Il che vuol dire che ogni anno si devono pagare quasi 3.700 euro all’Inps anche se si è guadagnato pochissimo o se le spese hanno superato gli incassi.

Se, tolti i contributi e le spese, resta un piccolo guadagno, questo viene tassato come reddito d’impresa, con le normali aliquote Irpef:

  • se il reddito complessivo va da zero a 15mila euro, si applica l’aliquota del 23%;
  • nello scaglione di reddito tra 15.001 e 28mila euro, si applica l’aliquota del 27%;
  • nello scaglione di reddito tra 28.001 e 55mila euro, si applica l’aliquota del 38%;
  • nello scaglione di reddito tra 55.001 e 75 mila euro si applica l’aliquota del 41%;
  • nello scaglione di reddito che va dai 75.001 in su, si applica l’aliquota del 43%.

Sul reddito delle imprese minori sono comunque previste delle detrazioni, che abbassano l’imposta.

Non dimentichiamo, poi, che se l’Iva (l’imposta sul valore aggiunto) sugli incassi supera l’Iva pagata sugli acquisiti, l’imposta deve essere versata, trimestralmente o mensilmente: si è poi obbligati alle comunicazioni e alle dichiarazioni periodiche Iva, oltreché alla tenuta delle scritture contabili. Gli adempimenti non finiscono qui: oltre alla dichiarazione dei redditi e alle dichiarazioni Iva, e al versamento delle relative imposte, si è assoggettati alla dichiarazione e al pagamento dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive; senza contare gli studi di settore, che dal 2018 saranno sostituiti dagli studi sintetici di affidabilità. Questi adempimenti, se gestiti da un commercialista o da un consulente, comportano ulteriori costi non trascurabili.

Regime forfettario per lo youtuber

Un modo per tagliare adempimenti e costi è aderire al regime fiscale forfettario: con questo regime, per i primi 5 anni la tassazione può essere pari al 5% (normalmente è al 15%), non si è assoggettati all’Iva, all’Irap e agli studi di settore e non si devono tenere le scritture contabili, si è solo obbligati alla dichiarazione dei redditi annuale. Tuttavia, non è possibile dedurre alcuna spesa, oltre ai contributi previdenziali, in quanto il reddito è ridotto forfettariamente di una determinata percentuale, a seconda dell’attività svolta.

Aderire a un programma di affiliazione pubblicitaria per i video caricati conviene?

A questo punto, considerate spese e adempimenti obbligatori, possiamo affermare che nella maggior parte dei casi non è conveniente aderire a un programma di affiliazione per guadagnare con la pubblicità per i video caricati.

Diventare uno youtuber professionista che guadagna dalla pubblicità è fattibile solamente se si prevede un numero di visualizzazioni molto alto, tale da consentire un’abbondante copertura delle spese fisse.

In caso contrario, purtroppo, è consigliabile lasciar perdere.

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2 Commenti

  1. Ecco infatti come lo Stato imbecille stronca ogni iniziativa imprenditoriale, inibisce ogni possibilità di guadagno. Senza contare che lo youtuber non può essere inquadrato nel commercio perché chi commercia è la piattaforma, non lui che non ha nulla a che fare con la vendita degli spazi pubblicitari. Bensì è un libero professionista perché svolge un lavoro intellettuale. Ma tanto, pur di raccattare quattrini, lo Stato sovverte pure le definizioni con il risultato di opprimere e reprimere.

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