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Immigrati: quanto costa allo Stato l’accoglienza?

28 Novembre 2018 | Autore:
Immigrati: quanto costa allo Stato l’accoglienza?

È vero che ogni migrante si intasca 35 euro al giorno? Come vengono gestiti quei soldi? E cosa cambierà con il decreto Salvini? C’è rischio per i lavoratori?

È uno dei chiodi fissi non solo della parte leghista dell’attuale Governo ma anche di milioni di italiani: la lotta all’immigrazione. Le statistiche dicono che cresce il numero di chi vorrebbe porre uno stop definitivo agli sbarchi di disperati sulle nostre coste. Per due motivi, sostiene chi non ne può più degli extracomunitari in fuga dall’Africa: perché in quei barconi si nascondono dei delinquenti che vengono in Italia a rubare e a violentare le nostre donne. E perché lo Stato spende troppo nell’accoglienza mentre destina delle risorse inferiori a risolvere i problemi degli italiani. Sul primo aspetto abbiamo già spiegato in questo articolo il rapporto (anche numerico) tra sbarchi e criminalità ed il ruolo che giocano le mafie nigeriana ed italiana nella gestione del traffico di delinquenti. Ma anche sul secondo punto ci sarebbe qualcosa da dire. Siamo davvero sicuri di sapere quanto costa allo Stato l’accoglienza degli immigrati? E come cambieranno le cose dopo l’entrata in vigore del decreto Sicurezza di Salvini?

Sui social network si raccontano tante cose riguardo i richiedenti asilo. Che, tanto per cominciare a «mettere i puntini sulle i», non sono la stessa cosa dei rifugiati o degli sfollati. Spesso si usano i termini in maniera generica e questo crea confusione. E dalla confusione nascono i luoghi comuni. I quali, a loro volta, generano delle notizie imprecise e delle idee sbagliate. Chiedersi quanto costa allo Stato l’accoglienza degli immigrati, dunque, significa domandarsi quanto si spende nell’accoglienza di chi è in attesa di avere lo status di rifugiato, cioè di chi ha lasciato il proprio Paese perché ha il giustificato timore di essere in pericolo in quello suo. Così recita la Convenzione di Ginevra del 1951 ratificata da 145 Stati dell’Onu, tra cui l’Italia.

E tra le cose che si raccontano sui social network c’è quella dei famosi 35 euro al giorno che finiscono nelle tasche degli immigrati. Non è così. Se continui a leggere, ti spieghiamo perché.

Immigrati: differenza tra richiedente e rifugiato

Prima di capire quanto costa allo Stato l’accoglienza degli immigrati, vediamo di chi stiamo parlando. Il richiedente asilo è una persona che ha subìto o che teme di subire, sulla base di un fondato motivo, delle persecuzioni nel suo Paese a causa della sua razza, la sua religione, le sue opinioni politiche o la sua appartenenza ad un certo gruppo etnico o sociale. Gli esempi più comuni sono quelli di chi scappa da una guerra, da una dittatura o da situazioni in cui c’è il reale rischio di una pulizia etnica.

Queste persone possono chiedere asilo in Italia presentando domanda affinché venga loro riconosciuto lo status di rifugiati politici. Diventano tali nel momento in cui la domanda viene accolta.

I richiedenti asilo non vano confusi con gli sfollati, anche se questi sono, comunque, dei cittadini che hanno dovuto abbandonare il loro Paese o che sono stati evacuati a causa di:

  • conflitto armato;
  • violenza endemica;
  • violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani.

Lo sfollato, dunque, pur non essendo individualmente perseguitato, non ha le garanzie di poter rientrare nel suo Paese in condizioni di sicurezza e di stabilità. Per questo gli viene offerto dall’Unione europea – e quindi anche dall’Italia – la protezione temporanea per non più di un anno, prorogabile per altri due periodi di sei mesi. Chi gode della protezione temporanea deve poter presentare in qualsiasi momento domanda di asilo. Significa che deve avere la possibilità di diventare richiedente asilo e, successivamente, rifugiato.

Richiedente asilo: come diventa rifugiato

Alla fine di ottenere lo status di rifugiato politico, il richiedente asilo deve presentare una domanda motivata nella quale siano esposte le persecuzioni che ha subìto ed il rischio che correrebbe nel caso di un suo eventuale rientro in patria. Meglio se tutto questo è, per quanto possibile, documentato.

La domanda va consegnata all’ufficio di Polizia di frontiera al momento del suo arrivo. Gli agenti controllano che non ci siano dei motivi ostativi all’ingresso del richiedente asilo nel nostro territorio (ad esempio se ha già ottenuto lo status di rifugiato in un altro Paese o se ha commesso dei crimini di guerra o ha avuto delle condanne in Italia per un delitto che prevede l’arresto in flagranza, se sospettato di terrorismo, ecc.). Se ce ne fossero, l’immigrato verrebbe respinto, purché non venga mandato in uno Stato in cui rischia la persecuzione.

Se, invece, non ci sono degli impedimenti al suo ingresso, il richiedente deve eleggere un domicilio in Italia e presentarsi nella questura competente per territorio per le pratiche di riconoscimento.

Accoglienza immigrati: che cos’è lo Sprar

Chi ha presentato domanda come richiedente asilo oppure ha ottenuto la protezione temporanea può accedere allo Sprar. Avrai sentito parlare di questa sigla, fondamentale per arrivare a capire quanto costa allo Stato l’accoglienza degli immigrati, ma che cos’è esattamente? Sprar significa «Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati» ed è finanziato dal Ministero dell’Interno. È formato da una rete di enti locali e di strutture private del terzo settore (per lo più associazioni o cooperative) che realizzano dei progetti di accoglienza e di integrazione entro i limiti delle risorse disponibili. Iniziative che si traducono non solo nel garantire vitto e alloggio ai richiedenti ma anche percorsi di assistenza sanitaria, di informazione, di inserimento sociale ed economico, ecc. I loro bambini frequentano la scuola ed anche agli adulti viene offerta la possibilità di imparare la lingua italiana.

Attorno a questi progetti gravitano diverse figure, tra operatori sociali e legali, responsabili della rendicontazione o delle banche dati o coordinatori.

I richiedenti abitano in case in affitto per favorire la loro integrazione sociale.

Accoglienza immigrati: che cos’è il Cas

Diverso dallo Sprar, anche se con obiettivi simili, il Cas, cioè il centro di accoglienza straordinaria. Non si tratta di una struttura gestita da enti locali ma dalle prefetture. Apre le porte agli immigrati quando negli Sprar non c’è più disponibilità. La permanenza di un migrante all’interno di un Cas è più limitata nel tempo rispetto allo Sprar: il cittadino straniero dovrebbe abbandonare il centro non appena è possibile il suo trasferimento in un centro di seconda accoglienza.

Immigrati: quando costano allo Stato?

Dunque, si dice che ogni immigrato si intasca 35 euro al giorno pagati dallo Stato. È veramente così?

Diciamo che, mediamente, l’accoglienza di ogni migrante costa allo Stato 35 euro al giorno se lo straniero è ospite di un Cas e 25 euro al giorno se ospite di uno Sprar. Il che non vuol dire che ogni migrante si metta in tasca 25 o 35 euro al giorno. Di quei soldi, all’immigrato spetta soltanto un pocket money quotidiano di 2-2,50 euro. Sempre che sia da solo. La quota per i nuclei familiari di 3-4 persone è di 1,60 euro a testa. Se il nucleo è di 5 o più persone, il pocket money quotidiano scende a 1,40 per ciascun componente della famiglia. Il resto serve per pagare servizi di pulizia, vitto, alloggio, mediazione linguistica e culturale, una tessera telefonica al loro arrivo in Italia. Insomma, beni di prima necessità, ai quali si aggiungono le spese per le strutture di accoglienza, per gli stipendi degli operatori e costi indiretti. Il tutto per 35 euro al giorno nei Cas e per 25 euro negli Sprar.

Questi soldi arrivano dal Viminale, cioè dal Ministero dell’Interno, il quale attinge dal Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi dell’asilo.

Accoglienza immigrati: cosa cambia con il decreto Salvini

Con l’entrata in vigore del decreto Sicurezza voluto da Matteo Salvini, la quota destinata all’accoglienza degli immigrati scenderà notevolmente: 20 euro al giorno per ciascun immigrato nei Cas, cioè nei centri gestiti dalle prefetture. Gli Sprar dovranno attendere ancora: la quota destinata dal Viminale a queste strutture viene decisa di anno in anno.

Viene da sé pensare ad una conseguenza abbastanza ovvia di questo taglio di risorse: decine di posti di lavoro di italiani impegnati nel settore dell’accoglienza andranno in fumo. Come abbiamo spiegato, in quei 20 euro ci sono anche i soldi che servono per i costi vivi delle associazioni e delle cooperative che gestiscono i centri. Compresi gli stipendi degli operatori. Se già oggi queste realtà fanno fatica a stare in piedi, domani dovranno chiudere. E le domande da porsi saranno almeno due: che fine faranno i lavoratori del settore? E che fine faranno gli immigrati (comprese donne e bambini) di cui non potranno più occuparsi?

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6 Commenti

  1. L’autore dell’articolo fa finta di non sapere, e quindi non dice, che la maggior parte degli immigrati dall’Africa non fuggono da nessuna guerra, violenza, pulizia etnica etc…sono semplicemente dei morti di fame che vogliono sfamarsi a nostre spese. Coloro che chiedono e ricevono lo status di rifugiato sono una minoranza trascurabile.

    1. Hai perfettamente ragione,chissà perchè queste non le dice mai nessuno.Il 90% di questi clandestina non scappa da niente.

  2. Com’é possibile che gli italiani accettano un tal sacrifio quando loro subiscono già gli effetti della crisi?
    Dov’é la solidarità europea?

  3. Qualcuno spieghi all’autore che trasuda un certo senso di superiorità morale – che non so da dove gli provenga – che nessuno pensa che i 35 euro vadano in tasca ai cosiddetti migranti ossia disoccupati in patria in cerca di lavoro (poveri illusi e qui sì che mi fanno pena, perché danno ascolto alle chimere degli accoglientisti pelosi). I 35 euro vanno nelle tasche di chi sfrutta il business dell’immigrazione e ci fa più sodi che con la droga, Carminati docet.

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