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Cartelloni pubblicitari su facciata condominiale

29 Maggio 2019 | Autore:
Cartelloni pubblicitari su facciata condominiale

Uso delle parti comuni dell’edificio, spazi pubblicitari sulla parete del condominio: si può?

Al piano terra dell’edificio dove vivi c’è un magazzino che vende prodotti di cartoleria. Per rendere più visibile la propria attività ai clienti – specie a settembre quando aprono le scuole – il titolare è solito appendere sulla parete del palazzo più prossima alla strada un grosso manifesto pubblicitario. Si tratta di uno striscione assai ampio: in tutto 4 metri di larghezza per 1 di lunghezza. Questo comportamento, però, è mal digerito da tutto il condominio che lamenta il deturpamento della facciata del palazzo. Così, dopo una delibera in assemblea, avete deciso di delegare l’amministratore di diffidare il responsabile e chiedergli l’immediata rimozione del cartellone. Lui però non ne vuol sapere: a suo giudizio, infatti, le parti comuni possono essere utilizzate da tutti, nel rispetto del decoro architettonico (che, in questo caso, a suo dire non viene leso) e del pari diritto di uso degli altri proprietari. Insomma, detto in parole povere, l’opinione dell’imprenditore è che vi sia sufficiente spazio, sulla parete dell’edificio, per ospitare tutta la pubblicità che si vuole e il suo striscione non dà fastidio a nessuno. Chi ha ragione? Cosa prevede la legge in merito ai cartelloni pubblicitari su facciata condominiale?

La questione è stata analizzata, proprio di recente, dal tribunale di Brescia che, con una sentenza dello scorso 22 marzo, ha affrontato il caso di un condomino che aveva affisso alla facciata condominiale un cartellone di metri 4×1 con la stampa di una pubblicità. L’uomo è stato condannato a rimuovere l’affissione. Ecco quali sono le motivazioni di tale decisione.

Non vi è dubbio che la facciata condominiale sia una delle parti comuni del condominio. Il Codice civile, a riguardo, stabilisce che ciascun condomino può servirsi delle parti comuni dello stabile a condizione che non ne alteri la destinazione d’uso e non impedisca agli altri proprietari di fare altrettanto (non intendendosi con ciò la libertà di utilizzare proprio la stessa area).

Secondo la sentenza in commento, il cartellone pubblicitario sulla facciata condominiale costituisce una violazione della norma appena citata [1] nonché turbativa del compossesso della facciata condominiale da parte degli altri abitanti dell’edificio.

Per giurisprudenza costante, la molestia o turbativa è un’aggressione all’altrui possesso che si rivolge contro il godimento del possessore, disturbandone l’esercizio [2].

Quanto al decoro architettonico, ossia l’estetica della facciata di un edificio, esso costituisce un modo di essere dell’immobile e quindi un godimento da parte del suo possessore. Risultato: la modifica della facciata, comportando un’interferenza nel godimento medesimo, può integrare una indebita turbativa». Il condominio, quindi, può agire in tribunale per veder tutelato il proprio “possesso” sulla facciata condominiale [3].

La novità della sentenza è che, secondo il giudice, la lesione dell’estetica del palazzo costituisce non solo un deturpamento economico del fabbricato – che incide sul valore dei singoli appartamenti – ma anche una forma di turbativa del possesso a danno degli altri condomini, configurandosi quale lesione o riduzione o delle utilità inerenti al godimento del bene comune, anche se di ordine estetico [4].

Il tribunale bresciano richiama il principio già sancito dalla Cassazione [5] secondo cui, in tema di condominio, è illegittimo l’uso particolare o più intenso del bene comune  – nella specie la facciata – se ciò determina un pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio condominiale. Il Codice civile non legittima pertanto qualsiasi uso particolare del bene comune da parte del condomino.

Potrebbe avvenire che il condomino interessato tolga il cartello pubblicitario una volta ricevuto l’atto di citazione. Che succede in questi casi? Il giudice dichiara cessata la materia del contendere e non decide nel merito, ma lo analizza lo stesso solo al fine di valutare l’eventuale condanna alle spese della parte convenuta. Come già chiarito dalla Cassazione quest’anno [6], «in caso di spoglio o turbativa del possesso, la reintegrazione o la cessazione della turbativa, anche se intervenute, per iniziativa spontanea del soggetto attivo, prima che il giudice gliene abbia fatto ordine, non eliminano l’interesse del soggetto passivo ad ottenere comunque una sentenza che, benché non possa contenere quell’ordine, ormai inutile, esamini la fondatezza nel merito dell’azione possessoria, sia ai fini del necessario regolamento delle spese processuali, sia per la valutazione dell’eventuale ed accessoria domanda di risarcimento».

Insomma, l’avvenuta rimozione dell’insegna non esime quindi l’autorità giudiziaria dall’analizzare nel merito la pretesa del condominio.

note

[1] Art. 1102 cod. civ.

[2] Cass. civ. n. 30 settembre 2016, n. 19586.

[3] Cass. civ. 16 novembre 1985, n. 4109.

[4] Cass. civ. 19 gennaio 2005, n. 1076.

[5] Cass. civ. n. 14607/2012.

[6] Cass. civ. 31 gennaio 2019, n. 2991.

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