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Cosa rischia chi prende un nido da un albero?

16 Marzo 2023 | Autore:
Cosa rischia chi prende un nido da un albero?

Preleva dai nidi uova e uccellini appena nati può far scattare il reato di uccellagione.

Una recente sentenza della Cassazione penale risponde a un dubbio che non poche persone si pongono spesso: cosa rischia chi prende un nido da un albero? La risposta potrebbe lasciare interdetto più di un lettore. Non tutti infatti sono al corrente del fatto che esiste un’apposita disciplina legale dedicata proprio agli uccelli selvatici e alle loro “dimore”, appunto i nidi. 

Come vedremo a breve, tale disciplina prevede il reato di uccellaggione. La pronuncia della Suprema Corte [1] ha il merito di spiegare quando scatta tale illecito penale e cosa rischia chi si macchia di tale condotta. 

Per comprendere però cosa rischia chi prende un nido da un ramo dobbiamo partire dal dato normativo. In particolare la legge n. 157 del 1992, all’articolo 21, comma 1, lettera o) stabilisce il divieto di «prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna selvatica, salvo alcune eccezioni [2].

Questo significa che prendere un nido, anche vuoto, è reato.

Allo stesso modo è reato prendere soltanto le uova dal nido o anche i piccoli uccelli.

In questi casi si rischia quindi un procedimento penale per il reato di uccellagione e, in caso di condanna, l’arresto fino ad un anno o l’ammenda da 774,69 a 2.065,83 euro. 

Nel caso deciso dalla Cassazione un uomo è stato condannato per il reato di uccellagione avendo prelevato, dai nidi, oltre 300 uccellini con appena una settimana di vita. La Suprema Corte ha ricordato che la legge sulla caccia «vieta, su tutto il territorio nazionale, ogni forma di uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché il prelievo di uova, nidi e piccoli nati». 

In tale quadro generale si inserisce il dubbio sollevato dalla vicenda oggetto del processo: il prelievo di piccoli nati può integrare la condotta di uccellagione? Per rispondere a tale quesito i Magistrati di Cassazione spiegano che «in mancanza di una specifica definizione normativa del concetto di uccellagione, è opportuno privilegiare il dato testuale della norma» e, quindi, «includere del concetto di uccellagione il prelievo di uova, nidi e piccoli nati, ovvero di categorie diverse dagli uccelli adulti, sempre a condizione che tale prelievo avvenga con potenzialità offensiva indeterminata o comporti una maggiore sofferenza per gli animali». Ciò anche tenendo presente il principio secondo cui «costituisce uccellagione, e non caccia, qualsiasi atto diretto alla cattura di uccelli con mezzi diversi da armi da sparo (reti, panie ecc.), avendo il legislatore inteso sanzionare in modo specifico un sistema di cattura che ha in genere una potenzialità offensiva più indeterminata e comporta maggior sofferenza biologica per i volatili».

Per fare ancora più chiarezza, poi, i Magistrati ribadiscono il principio secondo cui «la condotta di uccellagione, punibile alla luce della legge sulla caccia, è integrata da qualsiasi atto diretto alla cattura di uccelli con mezzi diversi dalle armi da sparo e con potenzialità offensiva indeterminata, o comportante una maggiore sofferenza per gli animali, non essendo invece richiesta l’effettiva apprensione dei volatili». 

Sempre i Giudici della Cassazione hanno sancito, con una decisione del 1996, che «la cattura di uccelletti appena nati, senza uso di armi da fuoco e dopo appostamenti e ricerche fra gli alberi, integra il reato di uccellagione, in quanto l’uccellagione deve ritenersi consistere non solo nell’atto finale della apprensione di uccelli vivi e vitali, con mezzi diversi dalle armi da fuoco, ma altresì negli atti preparatori e strumentali, quali il vagare o il soffermarsi in attesa o nella ricerca dei volatili».

Tirando le somme, i Magistrati confermano la condanna dell’uomo sotto processo e sanciscono che «integra il reato di uccellagione la condotta di chi prelevi uova, nidi o piccoli nati, con mezzi diversi dalle armi da sparo, e con potenzialità offensiva indeterminata, o comportante una maggiore sofferenza per gli animali». 

note

[1] Cass. pen., sez III, ud. 8 febbraio 2023 (dep. 14 marzo 2023), n. 10737

[2] Nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica e nelle oasi di protezione per sottrarli a sicura distruzione o morte, purchè, in tale ultimo caso, se ne dia pronto avviso nelle ventiquattro ore successive alla competente amministrazione provinciale; oppure quando è permessa dalle Regioni la cattura temporanea e l’inanellamento degli uccelli; le autorizzazioni possono essere date esclusivamente agli istituti scientifici delle università e del Consiglio nazionale delle ricerche e ai musei di storia naturale ad effettuare, a scopo di studio e ricerca scientifica. Le Regioni possono autorizzare così la cattura e l’utilizzazione di mammiferi ed uccelli, nonchè il prelievo di uova, nidi e piccoli nati.

 

Autore immagine: depositphotos

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