Inchiodato da un sms: dal cellulare di Guerrina, già sparita, al prete amico di Graziano

L'interrogatorio come testimone si conclude con l'iscrizione nel registro degli indagati: gli altri due messaggini dello stesso tenore dal solito cellulare

Guerrina e padre Gratien

Guerrina e padre Gratien

Arezzo, 22 febbraio 2019 - Setembre 2014, giorno 5. Il giorno in cui si compie il destino di Padre Graziano per colpa di un sms. Ormai da settimane la procura indaga sulla scomparsa di Guerrini Piscaglia, l’insoddisfatta casalinga cinquantenne di Ca’ Raffaello. E’ sparita da quattro mesi, dal primo maggio, nello spazio di poche decine di metri e in un intervallo di tempo lungo una manciata di minuti. Gli inquirenti già fiatano sul collo del sacerdote arrivato dal Congo e da qualche giorno hanno ricevuto i tabulati telefonici: 4 mila contatti (sms e chiamate) tra Guerrina e Graziano.

E poi il giallo degli sms inviati nei giorni successivi alla scomparsa. Chi li aveva spediti davvero, visto che il telefonino non è mai stato agganciato da altre celle che non fossero quelle di Cà Raffaello e Sestino? In Procura, davanti al pm Marco Dioni, siede quel 5 settembre Padre Graziano Alabi come testimone.

L’interrogatorio è drammatico, sette ore filate. Il prete tiene botta, almeno fino al colpo di scena che indirizzerà tutta la vicenda. Al vaglio c’è un sms partito dal cellulare di Guerrina alle 17,26 del primo maggio, «non cercatemi - vi sta scritto in un italiano sgrammaticato - vado a Gubio col mio amorozo marochino». Francesismi evidenti e Alabi viene dal Congo, paese francofono.

Ma a chi è stato inviato il messaggio? Graziano è condotto da un carabiniere nel terrazzo prospiciente la stanza del pm, il numero viene composto, il sacerdote pare sicuro di sé forse perché convinto che ad averlo ricevuto sia stata la catechista di Ca’ Raffaello. Ma al cellulare non risponde una donna, risponde un altro sacerdote in servizio a Roma, Hilary Okeke, amico di Graziano, l’unico a conoscerne il numero, del tutto ignoto a Guerrina.

Com’è possibile dunque che la donna abbia inviato a Okeke lo sgrammaticato sms? Possibile solo, la tesi della procura, se Graziano ha sbagliato a selezionare il numero dalla sua rubrica, componendolo poi con il cellulare di Guerrina; che quindi, alle 17,26, doveva essere nelle sue mani. Il sacerdote sbanda, scoppia in lacrime, ma si riprende, tira fuori la fantomatica figura di zio Francesco. Non gli vale: entrato come testimone, esce di procura da indagato.

C’è poi la questione dei tempi: l’ultimo sms del sacerdote alla donna è delle 13,29 del primo maggio, «vieni, la porta è aperta». Segue alle 13,43 un contatto telefonico di appena sette secondi, giusto per dire eccomi, sono qui. Da allora il buio. Guerina scompare nel nulla.

Alle 14,15 Graziano incontra per strada una parrocchiana e si ferma a parlare, Guerrina sostengono le sentenze a quell’ora è già stata uccisa. Più tardi, col marito della donna, il religioso va a Sestino per un funerale e durante il tragitto ricorda a Mirco ciò che era avvenuto il giorno precedente, quando c’era stata bisboccia a base di birra in casa Alessandrini in compagnia di un venditore ambulante marocchino.

Riferirà Mirco che il sacerdote gli suggerisce l’idea della fuga della moglie, «hai visto come l’ambulante guardava Guerrina?». Lo stesso giorno la casalinga si era confidata con un’amica, sfogandosi per «un amore infelice, ma non c’è stato niente». In paese già si intrecciavano le voci su una supposta relazione tra la cinquantenne e il viceparroco, mai dimostrata e anzi smentita con forza da Graziano. Restano però i contatti telefonici a migliaia anche se alla fine, a pesare di più sulla condanna a 25 anni, sarà quel messaggio inviato per sbaglio a un indirizzo conosciuto solo da Graziano.