Pedopornografia, l'assistente sociale pedofilo è già fuori dal carcere

L'uomo in possesso di filmini hard con bambini è stato messo ai domiciliari

Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)

Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)

Firenze, 29 giugno 2018 - LA GALERA, dove era stato rinchiuso perché inseguito da una pesante accusa di pedopornografia in una delle sue forme più gravi, lo ha custodito giusto il tempo di una notte. Ieri mattina il gip Alessandro Moneti è andato a Sollicciano per sottoporre l’assistente sociale fiorentino della Asl Firenze hinterland, all’interrogatorio di garanzia. Per quanto è stato possibile ricostruire l’arrestato ha ‘preferito’ non rispondere alle domande del giudice. «Perché era ancora turbato» avrebbe spiegato al magistrato. Giudice che aveva tutti i documenti che gli erano stati inviati dal pm Ester Nocera. Carte nelle quali gli esperti ispettori Roberto Varallo ed Alessia Zeffiri della sezione contrasto della pedopornografia della Polposta di Firenze avevano meticolosamente ricostruito le preview sequestrate e delineato con chiarezza il personaggio. Il suo modo inquietante di commettere un reato così abietto. E’ difficile girare intorno a fatti concreti: per l’accusa, che continua a lavorare su questa inchiesta con la solita solerzia e professionalità, l’assistente sociale di 43 anni che lavorava da tempo con i bambini, è un pedofilo con pochi giri di parole. La pm e gli inquirenti potrebbero anche non aprire bocca, ma semplicemente mostrare filmati, foto e commenti, centinaia e centinaia, raccolti e scambiati dall’uomo e sequestrati nella sua disponibilità. E dire che le indagini sono appena cominciate e gli inquirenti fanno nottata per raccogliere le prove prima che l’arrestato riesca in qualche modo a farle sparire.

Essendo peraltro già esperto di queste procedure perché nel 2011 era stato coinvolto in una inchiesta della Polposta di Firenze per fatti del tutto analoghi. Nel 2014 aveva deciso di chiudere la vicenda con un patteggiamento a due anni di reclusione. Recidivo specifico nei cinque anni, dunque. Eppure il giudice, dopo aver convalidato sì l’arresto, ha deciso di scarcerarlo. No, non è esatto così: il giudice lo ha fatto uscire da Sollicciano nella stessa giornata di ieri. Non aveva fatto in tempo a farsi il letto che era ancora caldo, quando il gip Moneti, accogliendo le richieste del difensore, avvocato Alberto Corsinovi, ha deciso di mandarlo agli arresti domiciliari, a casa dei genitori con un paio di divieti che nessuno, in polizia, ha gli strumenti necessari per sincerarsi che vengano rispettati. Non può avere colloqui con persone diverse da quelle che in quella casa abitano. E ancora. Ha il divieto di utilizzare computer di qualsiasi tipo, smartphone e quant’altro. Ma, ragionando per assurdo, nessuno può giurare che l’assistente sociale non si serva di un semplice cellulare di qualcuno di famiglia per accedere alle sue piattaforme preferite con account e nickname magari ancora sconosciuti agli inquirenti e quindi cancellare altri elementi di prova. Ieri mattina nella saletta colloqui di Sollicciano l’avvocato Corsinovi affiancato da un suo collaboratore, l’avvocato Nicola Castagna, ha prospettato al giudice la misura alternativa dei domiciliari in casa dei genitori che si sono impegnati a non ricevere altre persone in casa in questo periodo. L’assistente sociale è stato sospeso dall’incarico dalla Società della Salute. Imbarazzo dei responsabili della società romana di somministrazione di lavoro interinale.

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