Il 'fascismo democratico' della Lituania europeista

Il 'fascismo democratico' della Lituania europeista

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di Fabrizio Poggi
 

Imprigionato a Vilnius dall'ottobre 2018, con l'accusa di “spionaggio ai danni della Lituania” - ovviamente al servizio di Mosca - l'ex leader del Fronte Popolare Socialista di Lituania, Algirdas Paleckis ha fatto sentire la propria voce con una lettera aperta pubblicata dal portale Ekspertai.eu.


Durante i primi mesi di reclusione, scrive Paleckis, “continuavo ad avere una speranza, ancorché piccola, che la procura conservasse almeno una porzione di buon senso. Che essa, in attuazione delle istruzioni del VSD (Dipartimento per la Sicurezza di Stato), mi trattenesse e, accertata l'assenza di prove, avrebbe chiuso il caso. Tuttavia, la procura, continua sistematicamente a muoversi al guinzaglio del VSD e questo, a sua volta, al guinzaglio di Gribauskajte”, la Presidente lituana, ex dirigente repubblicano del PCUS.


Dalija Gribauskajte, continua Paleckis “è la principale fascista della Lituania. E' lei che ha completato la costruzione del fascismo democratico nel nostro paese. E' questo un fascismo importato dagli USA. E' in America che, alla fine del XIX secolo, è comparsa questa smorfia di democrazia degenerata. L'oligarchia finanziaria, comprando i media liberi, si è insediata in modo permanente al vertice della piramide finanziaria. E finora ha avuto successo, dato che, in apparenza democraticamente, si libera di tutti coloro che la pensano diversamente, sia in America che fuori dei suoi confini. L'essenza del fascismo democratico”, afferma Algirdas Paleckis, è proprio la sua capacità di “liberarsi per tempo e con tatto “democratico” di coloro che dissentono. Comincia con l'indirizzare i media contro di loro. Se non si arrendono, allora li attacca finanziariamente, con sanzioni, pressioni sul lavoro. Se nemmeno così si arrendono, allora intenta cause e li sbatte in prigione. I fascisti democratici in America hanno perfezionato fino a livelli finissimi l'arte di disfarsi dei dissidenti. E poi l'hanno esportata da noi. Chi vuole vivere e respirare tranquillamente in Lituania, deve dire un "no" chiaro e deciso al fascismo democratico. Ieri hanno preso me. Domani voi. Io non mi arrenderò mai. E voi? Firmato: Algirdas Paleckis, 27 maggio 2019, Vilnius, prigione Lukiški?”


Gli antecedenti della lettera aperta di Paleckis sono più o meno questi: il 19 dicembre 2018 il governo di Vilnius annunciò la neutralizzazione di una "rete di spie russe". Furono arrestati un cittadino russo, lo storico e attivista politico Valerij Ivanov (rilasciato dopo due giorni), il politico Algirdas Paleckis e altre 5 o 6 persone, i cui nomi non furono resi noti. In quel momento, Paleckis era detenuto già da circa due mesi, anche se il suo arresto fu comunicato solo il 19 dicembre. Fu detto che si era ricorsi a "un arresto segreto", per smascherare l'intera "rete di spionaggio". Paleckis è accusato di aver raccolto informazioni su giudici, pubblici ministeri e tutti i funzionari impegnati nel caso degli avvenimenti del 13 gennaio 1991 a Vilnius. Dicono che, su ordine dei Servizi speciali russi, avrebbe raccolto informazioni su tutte quelle persone, con l'obiettivo di avviare poi procedimenti penali contro di loro in Russia e chiedere successivamente l'intervento dell'Interpol.


In Lituania, gli avvenimenti del 13 gennaio 1991 alla torre della televisione a Vilnius sono ufficialmente interpretati come “aggressione contro la Lituania indipendente” e si sostiene che tutte le vittime siano cadute per mano dei paracadutisti della guarnigione di Pskov, inviati a fronteggiare le azioni del “Sajudis” separatista. Gli scontri si verificarono dopo che la Lituania aveva unilateralmente proclamato l'indipendenza dall'Unione Sovietica; il Soviet Supremo dell'URSS aveva giudicato l'atto illegale e mobilitato l'esercito. Durante gli scontri, furono esplosi i primi colpi di fucile (nessuno conosceva allora il tipico scenario di majdan...) e alla fine si contarono 14 morti e oltre 60 feriti.


Qualunque tentativo di far luce sul caso - ad esempio, perché alcune delle vittime presentassero ferite da proiettili esplosi da carabine “Mosin”, in dotazione durante la Prima guerra mondiale, con cui i paracadutisti non avrebbero potuto essere armati - sono perseguiti come “negazione dell'aggressione sovietica”, accusa che prevede la galera. Nel 2011, lo stesso Paleckis era stato incriminato per la frase “i nostri hanno sparato sui nostri”, a proposito di quei fatti.


Per quei fatti, ricorda l'agenzia iarex.ru, da cinque anni è trattenuto in isolamento un cittadino russo, il colonnello della riserva Jurij Mel. Arrestato nel marzo 2014 alla frontiera Lituania, mentre stava rientrando in Russia, Mel è stato condannato a sette anni di prigione, accusato addirittura di “crimini di guerra” e “crimini contro l'umanità”, per aver preso parte, come capocarro (allora tenente ventiduenne) agli scontri nei pressi della torre televisiva, esplodendo tre colpi a salve. Condannati in contumacia altri 69 sospettati per i fatti del 13 gennaio 1991, tutti cittadini di Russia, Bielorussia e Ucraina.


Nel febbraio scorso anche il Parlamento europeo ha tenuto delle sedute sulla questione delle persecuzioni politiche nei Paesi baltici. Il politologo Alexandr Nosovic afferma su Balticnews.lt che quello di Mel rappresenta un chiaro esempio di persecuzione politica, dato le stesse autorità lituane ammettono che nessuno sia rimasto ferito in seguito alle sue azioni, "ma riversano su di lui la responsabilità collettiva per i morti" del 1991.


Ma la Lituania, potrebbe recitare oggi Marco Antonio, “è terra d'onore”, per UE e NATO; è terra di “fascismo democratico”.

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