Gli incendi forestali sono cresciuti del 24% e le emissioni di gas serra del Paese sudamericano sono aumentate del 9,5%

 “Da quando Jair Bolsonaro è diventato presidente del Brasile, nel 2019, la deforestazione amazzonica è aumentata del 75,6%, gli allarmi per gli incendi forestali sono cresciuti del 24% e le emissioni di gas serra del Paese sudamericano sono aumentate del 9,5%”. Lo rivela il rapporto ‘Dangerous man, dangerous deals’ pubblicato oggi da Greenpeace, in cui si evidenziano “i crescenti impatti negativi causati dal sistematico smantellamento della protezione dell’ambiente e dei diritti umani da parte del governo Bolsonaro negli ultimi tre anni”. “L’agenda politica del presidente brasiliano ha peggiorato le condizioni di ecosistemi preziosi per la salute del Pianeta e di numerosissimi popoli indigeni che lottano per proteggerli – afferma Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia – nonostante ciò, l’Unione europea non solo ha continuato a fare affari con il Brasile, ma ha anche rispolverato l’accordo commerciale Ue-Mercosur, che rischia di inondare il mercato europeo di prodotti legati alla deforestazione e alla violazione dei diritti umani, come la carne, favorendo settori che aggravano la crisi climatica”.

 Secondo quanto emerge dal rapporto dell’associazione ambientalista – che si basa sui dati raccolti dall’Istituto brasiliano di ricerche spaziali (Inpe), nel 2019, anno in cui Bolsonaro entrò in carica – “il tasso annuo di deforestazione in Amazzonia era di 7.536 km quadrati. Tre anni dopo, l’Inpe ha annunciato che, tra agosto 2020 e luglio 2021, sono stati distrutti 13.235 kmq di Amazzonia: un aumento del tasso di deforestazione di oltre il 75% rispetto al 2018”. Per Greenpeace si tratta di “un inesorabile peggioramento che si presagiva già durante il primo anno di governo, in cui la deforestazione in Amazzonia era aumentata del 34% rispetto al 2018, passando da 7.536 kmq a 10.129 kmq di foresta distrutta. L’impunità che ha accompagnato l’aumento della deforestazione si è tradotta anche in un drammatico aumento degli incendi, spesso appiccati illegalmente per favorire l’espansione dell’agricoltura industriale e del settore estrattivo attraverso il cosiddetto ‘cambio di uso del suolo’, cioè l’eliminazione della vegetazione autoctona per fare spazio principalmente a piantagioni e pascoli, ma anche a infrastrutture e miniere”.

 “Se l’Unione europea vuole davvero proteggere foreste e biodiversità – rileva Borghi – deve fermare l’accordo Ue-Mercosur una volta per tutte e adottare politiche che portino alla diminuzione dei consumi ed evitino l’immissione sul mercato comunitario di prodotti e materie prime legati alla distruzione di ecosistemi preziosi per la salute del Pianeta e alla violazione dei diritti umani”.

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