Da giorni la giovane era fuggita in Thailandia e aspettava che un Paese le concedesse asilo: "Io abusata fisicamente e psicologicamente"

Il premier canadese, Justin Trudeau, ha dichiarato che il Canada ha accettato la richiesta d'asilo della 18enne saudita Rahaf Mohammed al-Qunu, in fuga dalla famiglia e dal suo Paese. "Il Canada è stato chiaro, ci schieriamo per i diritti umani e per i diritti delle donne nel mondo. Quando le Nazioni unite ci hanno chiesto di concedere asilo ad al-Qunun, abbiano accettato", ha dichiarato Trudeau, dicendosi "felice" di accoglierla.

La 18enne era stata bloccata dalle autorità all'arrivo all'aeroporto di Bangkok dal Kuwait, dove era in viaggio con la famiglia, perché, a detta di un dirigente dell'immigrazione, le mancavano "documenti come il biglietto di ritorno e il denaro". Così, le era stato sequestrato il passaporto. Dalla Thailandia volevano rimpatriarla, ma grazie allo smartphone la giovane ha lanciato l'allarme su Twitter e trasformato la propria situazione in un caso nazionale. Si è così barricata in una stanza d'albergo e nel frattempo varie organizzazioni per i diritti umani e l'Unhcr sono intervenuti, spingendo Bangkok a cambiare posizione. Rahaf aveva detto di voler domandare asilo in Australia per cui diceva di avere un visto: ha detto di essere in fuga dagli abusi fisici e psicologici della famiglia, che ha respinto le accuse. Aveva spiegato a Human Rights Watch che a causa della volontà di rinunciare all'Islam sarebbe stata in grave pericolo di essere uccisa, nel regno strettamente conservatore e dove i diritti delle donne non sono garantiti. Venerdì la novità: il Canada le darà asilo. 

Sulla scia del brutale assassinio del giornalista saudita dissidente Jamal Khashoggi, i riflettori di media internazionali e Internet si sono accesi sulla storia. Sul web si sono moltiplicati gli appelli delle organizzazioni per i diritti umani per non dimenticare le donne che in precedenza hanno invano tentato la fuga e quelle che sono state incarcerate perché attiviste per l'uguaglianza di genere. Tra loro la 24enne Dina Ali Lasloom, rimpatriata dalla Filippine nel 2017 e il cui destino è da allora sconosciuto, e la 29enne Loujain al-Hathloul, arrestata a maggio in una repressione delle attiviste, sottoposta a tortura e minacce di morte.

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