Svizzera

'Carlos' resta ancora in cella.

(©Ti-Press/Gabriele Putzu)
4 ottobre 2017
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Sarebbe dovuto uscire a settembre. Invece resta in carcere 'Carlos', il pluripregiudicato 22enne che già nel 2013 aveva destato grandi polemiche a causa della sua presunta violenza e del costo elevato della sua detenzione. Lo spiega oggi la Neue Zürcher Zeitung.

Ancora una rissa

Il giovane aveva ormai scontato la sua pena per avere colpito un uomo con un pugno (18 mesi per tentate lesioni gravi). Ora il Tribunale dei provvedimenti coercitivi ha approvato il prolungamento della sua detenzione, questa volta in via preventiva. Il tutto per un acceso diverbio verificatosi a fine giugno, mentre Carlos si trovava nel penitenziario di Pöschwies (Zh), nel corso del quale Carlos avrebbe picchiato numerose guardie e costretto un collaboratore della struttura a ricorrere a cure ospedaliere. All'epoca, i media d'Oltralpe avevano parlato anche di una rissa con un altro detenuto accusato di pedofilia. Risultato: carcerazione preventiva in isolamento.

Trattato in modo umiliante

 A difenderlo il padre, che parla di una condanna pregiudiziale: "nelle prigioni, nemmeno i criminali più incalliti vengono trattati così. La carcerazione lo distrugge". Ma secondo lui Carlos "reagisce, non agisce" in prima istanza. D'altronde, la stessa Nzz nota come non tutto deponga solo a sfavore di Carlos, che secondo un'inchiesta amministrativa sarebbe davvero stato trattato in maniera umiliante e discriminante quando si trovava nella prigione di Pfäffikon. Carlos dovette in quell'occasione dormire sul pavimento senza materasso, gli era proibita l'ora d'aria all'aperto e non riceveva lenzuola, aveva le caviglie legate e non poteva fare la doccia. La ragione: aveva bloccato la toilette, allagando e distruggendo la cella. Inoltre veniva minacciato dalle guardie, che gli sputavano addosso. L'inchiesta portò alle dimissioni del direttore del carcere.

Le origini della polemica

Nel 2013, quando Carlos era ancora minorenne, un documentario di Ssr aveva portato alla luce gli enormi costi per la sua permanenza in una struttura speciale nel Canton Zurigo (quasi 30mila franchi al mese). Il giovane era colpevole di avere pugnalato un passante alla schiena, ferendolo gravemente. Ne seguì il passaggio ad altra struttura, con condizioni criticate da molti osservatori che ritenevano la scelta motivata solo dal polverone politico che il documentario aveva sollevato (la risposta delle autorità: a quel punto era l'unico modo per proteggerlo). In effetti, il tribunale federale sanzionò poi il trattamento e ordinò la liberazione di Carlos.

Ma il periodo a piede libero durò poco: già nell'autunno del 2014 Carlos fu condannato a sei mesi per minacce armato di coltello. Ma ancora una volta il tribunale distrettuale stabilì che le accuse della presunta vittima erano false, assolvendo Carlos: era stata proprio la vittima ad aggredirlo, anche se la fuga di Carlos dalla polizia e l'atteggiamento indisciplinato in cella gli fruttarono una condanna pecuniaria.

Più tardi, Carlos stesso aveva avviato un'azione penale (ancora aperta) contro la Clinica psichiatrica universitaria di Zurigo, dove si era ritrovato nel 2011 dopo un tentativo di suicidio. Secondo l'accusa, Carlos era stato legato al letto e sedato per due settimane.

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