È diventata una questione di marketing: senza Milano in bella evidenza nel logo, può saltare tutto. Potrebbe sembrare una questione da poco, invece è maledettamente seria: il miraggio olimpico dell’Italia rischia di infrangersi su un muro richieste e rigidità. Un mese fa le Olimpiadi invernali del 2026 erano appese al volere di Torino, poco disposta a rinunciare alla corsa in solitaria per sposare una candidatura tricolore con Cortina e Milano. Il dissenso è sostanzialmente rientrato: Chiara Appendino non vuole provocare strappi con il governo «amico». Ora a un passo dalla rottura è Milano: il sindaco Giuseppe Sala medita se far saltare il banco o acconciarsi a ratificare un accordo che non digerisce.

Il vertice di ieri a Roma tra governo, Coni e le tre città doveva ricucire, invece ha partorito un rinvio: si deciderà entro martedì prossimo, ultimo giorno utile prima del 19 settembre quando il Comitato olimpico internazionale aspetta una risposta dall’Italia.

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Milano vuole essere capofila, o «architrave» per dirla con il governatore lombardo Attilio Fontana. L’ha ripetuto in ogni sede, l’ultima volta a Palazzo Chigi lunedì sera davanti al sottosegretario Giancarlo Giorgetti, l’uomo nelle cui mani oggi è custodito il destino della candidatura italiana. Il sindaco Sala è disposto a trattare sulle sedi di gara, ma non sulla leadership. Pretende le redini della candidatura, come gli era stato promesso: «Milano e le Alpi» o una variante sul genere. Considera un pasticcio la soluzione «a tre», frutto di un compromesso politico per accontentare le due anime del governo, il veneto leghista e la Torino Cinquestelle. E, in quest’ottica, con un Pd in crisi, si ritaglierebbe un ruolo come oppositore sul campo del governo «carioca».

È una piattaforma inaccettabile per (quasi) tutti gli altri. Solo Cortina potrebbe accettare: il governatore veneto Zaia sa che essere in partita è già un miracolo. Torino no. Chiara Appendino dà battaglia su tutta la linea: «Resto convita che Torino e le sue montagne siano la soluzione più credibile», spiega durante il vertice. «Ora si tratta di capire se il modello a tre sia effettivamente low cost e sostenibile, con ricadute sul territorio. Le garanzie devono arrivare dal governo». Sergio Chiamparino tiene il punto: «Vogliamo che le tre città siano sullo stesso piano senza una capofila, che il governo prenda in mano la candidatura e che ci sia una revisione dell’intero dossier».

La linea di sindaca e presidente passa. Giorgetti si prende una settimana: «Ci sono alcune criticità da superare. Una riguarda certamente il nome e l’assetto della candidatura: per la prima volta si sperimenta un modello diffuso sul territorio e bisogna “incastrare” le varie esigenze». Annuncia pari dignità tra le città e un’analisi sui costi, scelta che fa gioco a Torino, da cui è arrivata la richiesta di rivedere i tre dossier uniformando i criteri in base a cui sono stati realizzati. Non è finita: «Ci sarà un’ultima valutazione collegiale, perché il governo è il garante e il regista di questa candidatura». Non solo, è anche il soggetto che metterà mano al portafogli, quando sarà il momento: il ministro dell’Economia Tria già nella manovra finanziaria di quest’autunno dovrà trovare i primi fondi per sostenere la corsa olimpica. «Non è possibile sbilanciarsi né ignorare le priorità che il Paese ha di fronte», avverte il sottosegretario di sponda grillina Simone Valente.

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L’ultima parola spetta dunque ai leader di Lega e Movimento 5 Stelle. Non a caso il presidente del Coni Giovanni Malagò non si espone. Anche lui è in difficoltà. Qualche giorno fa si è scontrato con Sala. Ieri con Appendino: «Se insiste portiamo in votazione i tre dossier separati». Risposta secca: «Faccia pure. Preferisco prendere tre voti che infilarmi in un pasticcio, se le regole d’ingaggio non sono chiare».

Alla fine il destino delle Olimpiadi si giocherà sul braccio di ferro tra il governo e Milano, l’unica grande città guidata da un uomo del Pd. Giorgetti avverte: «Se Milano non ridimensiona le sue richieste salta tutto». Dall’altra parte dell’Atlantico il sindaco Sala medita se premere il detonatore.

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