Dopo le accuse, la condanna. L’Aula del Parlamento europeo ha chiesto di attivare le procedure che potrebbero portare anche alla sospensione del diritto di voto dell’Ungheria in seno al Consiglio. Gli Che le richieste di intervento avrebbero trovato una maggioranza era nell’aria. Non era chiaro se ci fosse la maggioranza dei due terzi richiesta per approvare il testo portato nell’emiciclo. Invece 448 europarlamentari si sono espressi contro l’esecutivo di Budapest e il suo leader (197 i contrari, 48 le astensioni). Soddisfatta la relatrice del testo, la Verde Juditi Sargentini. «Non ho nulla contro il Paese e il suo popolo, ma c’è un governo che agisce contro i diritti».

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Adesso dovrà essere il consesso degli Stati membri a occuparsi di Viktor Orban delle sue politiche di governo. Il Parlamento è convinto che nel Paese dell’est siano stati violati stato di diritto e diritti fondamentali, il Consiglio dovrà ora valutare come stanno le cose. Difficile immaginare che alla fine l’Ungheria conoscerà sanzioni, la cui attivazione spetta al Consiglio con voto all’unanimità. Ma l’Aula manda un messaggio politico chiaro. Boccia le misure anti-ong di Orban, al pari della stretta sull’università del magnate George Soros, la riduzione dell’indipendenza del potere giudiziari. Boccia un membro del Partito popolare europeo (Ppe), Orban, attorno al quale il gruppo alla fine non ha fatto quadrato come ci si poteva attendere.

Tra le fila del centrodestra europea hanno votato contro le sanzioni i deputati di Forza Italia. Proprio come gli esponenti delle Lega Nord, tornati per un momento alle vecchie coalizioni di un tempo. Con i partner delle attuali coalizioni è invece divisione: il Movimento 5 Stelle ha invece sostenuto la necessità di prendere provvedimenti contro Orban. Le due anime dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte offrono visioni diverse dell’Europa e dei suoi valori. Adesso si pongono due questioni: la prima è capire come Orban, il cui partito è membro del Ppe, risponderà al voto sfavorevole dei suoi alleati. C’è poi l’incognita legata alle conseguenze potenziali della richiesta di attivare il procedimento sanzionatorio. Con le elezioni europee lontane otto mesi e una contrapposizione sempre più netta tra euro-convinti ed euroscettici, il richiamo all’ordine lanciato da Strasburgo verrà certamente usato dai simpatizzanti di Orban.

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