Le porte girevoli in politica sono infinite. E il tetto del secondo mandato, uno dei pilastri del M5S, tutto sommato è un problema facilmente aggirabile per chi del demone della politica non riesce a fare a meno. Prova ne è Massimo Bugani, per tutti gli amici Max, volto storico del Movimento, in prima fila quando i 5 Stelle erano ancora solo i grillini. Ne ha fatta di carriera dai tempi in cui stava ai gazebo e la gente della sua Bologna - dove si è candidato anche a sindaco - se lo filava a malapena. Consigliere al secondo mandato, Bugani ha ora una stanza tutta per sé a Palazzo Chigi, come vicecapo della segreteria particolare del vicepremier Luigi Di Maio.

Storia nota perlopiù alle pagine delle cronache emiliane che ora arriva alla ribalta nazionale per colpa di una tabella con gli stipendi dello staff di Palazzo Chigi. E così si è venuti a scoprire che l’Associazione Rousseau - anello di congiunzione della Casaleggio Associati e del M5S - ha due dei suoi tre uomini del board dentro al palazzo del governo. Ci fosse anche Davide Casaleggio, ci sarebbero proprio tutti al fianco di Di Maio.

Di Pietro Dettori si sapeva: assunto con l’incarico di «Responsabile della comunicazione, social ed eventi» a oltre 130 mila euro di stipendio (comprese le indennità). L’altro casaleggino è proprio Bugani che porta a casa, tra trattamento economico e indennità, circa 80 mila euro, un po’ meno di Dario De Falco, l’amico di infanzia di Di Maio, che lo ha seguito da Pomigliano a Roma per 100 mila euro lordi l’anno (a proposito di amici, anche il non eletto Bruno Marton ha un ruolo al fianco del sottosegretario e compagno di lunga militanza Vito Crimi, per 73 mila euro). De Falco e Bugani sono entrambi consiglieri comunali nel pieno del loro mandato, un compito sacro per il grillino di una volta, che puntava il dito contro chi invece sommava gli incarichi e usava la politica come un moltiplicatore economico. E infatti la cosa non è passata inosservata.

Mentre le polemiche si concentrano sulla paga di Rocco Casalino, il portavoce che a 180 mila euro è pagato più del premier (114 mila euro), svelando così i limiti del pauperismo anti-Casta un tempo predicato da Grillo, nelle chat dei parlamentari 5 Stelle non si fa altro che parlare di Bugani: «Noi prendiamo 60 mila euro, lui fa il consigliere pagato, il socio di Rousseau e adesso, non contento, prende anche 80 mila euro», è il senso di molti messaggi. «Mentre ti dedichi al mandato elettivo - fanno sapere dal M5S a difesa di Bugani - puoi anche lavorare». Certo, ma se lavori per l’associazione di un’azienda privata e fai il consigliere comunale forse non dovresti finire a Palazzo Chigi. Ma Max sembra che tutto possa. E in fondo fu lui, uomo di massima fiducia di Di Maio, ad anticipare che il capo politico avrebbe rinunciato a diventare premier per sbloccare un’alleanza di governo. Solo che aveva previsto il Pd e non la Lega.

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